French Connection. Dujardin contro l’eroina

Gli anni Settanta, la droga, la Francia del sud, un commissario e un mafioso

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French Connection
di Cedric Jimenez
con Jean Dujardin, Gilles Lellouche, Céline Sallette, Mélanie Doutey, Benoît Magimel.
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La stranezza del cinema. Suona strano chiamare French Connection un film francese sulla vera “French Connection” (la rete dell’eroina degli anni Settanta tra la malavita del sud della Francia e la mafia americana) 40 e rotti anni dopo Il braccio violento della legge di William Friedkin, che per tutti è (e sarà sempre) French Connection. Questa, che in originale si chiamava La French (e a parte la correttezza storica, ci piaceva di più), è la storia della guerra  tra Stato e mafia  vista dalla prospettiva del magistrato coraggioso Pierre Michel che decise di rendere la vita difficile al padrino Gaëtan Zampa. Storia di piccoli e difficili passi legali e meno, di interventi sempre osteggiati  dall’alto, tra autorità perplesse all’idea di rompere equilibri consolidati mafia/potere, e un’opinione pubblica (pilotata dalle cosche) che si affretta a definire il magistrato “cowboy” per il suo intervenire in prima persona. Ne discendono arresti difficili, stragi, vendette, infiltrazioni pesantissime della malavita nella politica, fino all’Eliseo, fino all’epilogo prevedibile che sembra scritto nell’aria dalle prime scene. L’opera seconda di Cedric Jimenez si spende tantissimo per ricostruire tutta la Marsiglia anni Settanta come una macchina del tempo e incentra il nodo della storia nello scontro tra il magistrato Jean Dujardin e il mafioso Gilles Lellouche. Ma c’è qualcosa nel tutto che, pur essendo impeccabile (auto, vestiti, tagli di capelli, giornali, fumetti, pistole, musiche, arredamenti, colore della pellicola diurna e notturna come nei film di quel tempo) suona come un gelido, ben fatto compito in classe o come un quadro, bello da vedere nell’insieme, ma non appassionante nelle parti, che sembrano sempre citare altro. Forse si spiega alla luce del primo film di Jimenez: Aux Yeux de Tous, diretto in coppia con Arnaud Duprey, e realizzato solo con riprese fatte da videocamere di sorveglianza da un hacker che indaga su un attentato. Forse La French ha il gelo del film citazione. Ma, come ha detto un saggio, averne…

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