Il Cavaliere inesistente si affianca ad una trilogia di figure di antenati dell’uomo contemporaneo, il modo della sua alienazione, le vie di raggiungimento di un’umanità totale. Il romanzo è ambientato nella lontana epoca dei paladini di Carlomagno, animati dal valore, dalla forza e dal coraggio, in un Medioevo fuori d’ogni verosimiglianza storica e geografica propria dei poemi cavallereschi. Esso diviene metafora dell’astratta civiltà di massa, in cui la persona umana appare cancellata dietro lo schermo delle funzioni, di comportamenti prestabiliti. È riflessione sull’essere, sulla presenza dell’ uomo nel mondo. Per quanto riguarda l’illogicità dell’opera, dice l’ autore: “Se scrivo racconti fantastici è perché mi piace mettere nelle mie storie una carica di energia, d’azione, di ottimismo, di cui la realtà contemporanea non mi dà ispirazione”. La storia segue più intrecci, come vuole un romanzo cavalleresco, dunque, il libro va letto prescindendo da tutti i possibili significati, divertendosi con le avventure di Agilulfo, Gurdulù, di Bradamante. Lasciamo, la razionalità alla matematica e alla realtà, e immergiamoci per qualche ora in quel mondo che solo la fantasia può creare!
“L’arte di scriver storie sta nel saper tirar fuori da quel nulla che si è capito della vita tutto il resto; ma finita la pagina si riprende la vita e ci s’accorge che quel che si sapeva è proprio un nulla”. Qui si cantano i cavalieri, le armi e gli amori che palpitano in un alto medioevo di fantasia, dove ogni esigenza di verosimiglianza storica cade di fronte al gusto dell’autore nel narrare una lunga e divertita fiaba. Paladino di Carlomagno, Agilulfo è solo un armatura vuota, benché immacolata nel suo bianco splendente. Per contrastare il suo essere sempre così perfettino, in battaglia e di corvè, il re gli affibbia come scudiero Gurdulù, l’uomo dai mille nomi che è il suo esatto contrario, visto che a una debordante presenza fisica accoppia una totale svagatezza mentale. Alla loro storia, si intrecciano quelle della bella Bradamante, del giovanissimo Rambaldo e del cupo Torrismondo: quando i fili si ingarbugliano, si ritrovano tutti a cavalcare verso i quattro angoli del mondo impegnati in una ricerca che li accompagna sorridendo alla naturale destinazione del lieto fine.
Calvino ha uno stile graffiante, ironico, dissacrante, non risparmia personaggi storici del mondo dei cavalieri come Carlo Magno e i suoi paladini che, invece di essere descritti come guerrieri virtuosi, sono mostrati nel loro aspetto più triviale. E umano.