Il cervello di Alberto Sordi. Tatti Sanguineti dentro il cinema italiano

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Sordi in un disegno di Federico Fellini da Il libro dei sogni

Il cervello di alberto sordiTatti Sanguineti critico cinematografico (autore, attore) che molti ora conosceranno per aver doppiato e caratterizzato ulteriormente il filosofo e tuttologo Slavoj Zizeck, un tempo era famoso per la lussureggiante sequenza di microdefinizioni che rendevano l’idea di un film quasi senza dire della trama. Tatti Sanguineti biografo del cinema sparisce addirittura dietro chi parla e mette insieme schegge e frammenti (di altri e suoi) in apparenza solo riportati e firmati. Ma mentre leggi intuisci e godi un disegno complessivo.
Questa volta ha raccontato Il cervello di Alberto Sordi. Che è un titolo doppio, perché entriamo nel cervello di Sordi (un po’ come si entrava in un cervello in Essere John Malkovich), ma in realtà abbiamo mille testimonianze su e di Rodolfo Sonego. Che fu “il cervello” di Alberto Sordi, nel senso che in un sodalizio durato 46 anni fu soggettista, sceneggiatore e consigliere scelto da Sordi. In questo bel libro non si parla solo di Sordi e non si parla solo di Sonego: si parte da lì per allargarsi a capire cosa era il cinema italiano dell’epoca d’oro della commedia all’italiana, che tipo di cultura (da altissima a bassissima), di fame (proprio fame da guerra e dopoguerra), quanta speranza, quanto cinismo, quanta cosiddetta arte di arrangiarsi (sì, ma anche no) e che tipo di antropologia hanno prodotto quel risultato irripetibile in quel tempo. Quindi si parla di Totò, Fellini, De Filippo, Visconti, Ponti, Mangano, De Laurentiis, Loren, eccetera, ma anche del sottobosco fertile e disperato dei produttori d’avventura e degli sceneggiatori da trattoria a credito. Attenti: non è colore nostalgico. È proprio microstoriografia. Fate conto di mettere insieme pezzi di cinema italiano invece che di medioevo francese delle Annales. Sonego era un ex comandante partigiano di sinistra e Sordi un attore un po’ respinto, del tutto incolto, e diciamo democristiano. Bella coppia. Inesistente nella vita privata, ma sul lavoro ciascuno seppe riconoscere nell’altro la parte mancante. “Ecco io- come uomo- sono l’esatto contrario del personaggio che continuo a raccontare e al quale presto le battute che Sordi pronuncia da vent’anni sullo schermo”. Il ritratto di Sordi fatto da Sonego è uno dei mille del libro, ma è una rivelazione. Non c’è il Sordi che di solito si incensa, confondendo l’uomo coi film, c’è l’uomo la cui vecchia casa odora di sugo e di cera da pavimenti, che odia gradassi e cialtroni, diffidente, impietoso, in difesa da scrocconi, falsi parenti, invadenti. “La realtà un po’ spaventosa di un italiano che non è più né contadino né operaio ed è diventato un mostro”, che non ha mai scritto neanche una cartolina, che affrontava un personaggio come una pantera, “e la pantera non ha bisogno di entrare in biblioteca, e fa dei giochi di equilibrio.. e a modo suo sa essere perfetta”. E sempre identica. E Sordi fu perfetto e identico come un animale. Lavorava d’istinto. “L’istinto che è poi il cervello, è molto più importante per un attore che una scelta di tipo ideologico, culturale, politico”. Sonego definiva Sordi “una civetta”. Animale selvaggio, ci vede nel buio, o aggredisce o è aggredito. Sonego scrisse I mostri, Sordi lo fece.

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