“Di tutti gli shows che abbiamo fatto nel tour, questo in particolare lo ricorderemo a lungo: non è stato solo lo spettacolo finale del tour, ma anche l’ultimo che faremo”. La citazione, tra le più famose della storia del pop e conosciuta a memoria anche dal pappagallo di casa, la lanciò David Bowie dal palco dell’Hammersmith Odeon di Londra il 3 luglio 1973 nell’ultima data dello storico tour di Ziggy Stardust. Ai tempi i fans la presero come l’addio di Bowie al palcoscenico: pianti, incredulità, le grida “Non farlo!!!”, “Torna!!!”. In realtà, rivedendo la scena nel famoso documentario (programmatissimo in questo periodo su Rai5 da Carlo Massarini nei suoi ghiacci bollenti notturni), quello che Bowie intende è chiaro e si capisce molto bene: è la fine del personaggio di Ziggy e dello spettacolo incentrato su di lui, mica dei suoi live in generale. Ah, com’era diverso, quando le popstars erano davvero stars e disponevano dei respiri di miriadi di fans. Diverso al punto di spingerti a fraintendere le parole del tuo idolo e buttarla in melodramma per provare un brivido di tragico glamour.
42 anni dopo è un vecchio fan del Duca a non voler farsi fraintendere. Marc Almond, fresco dell’uscita di The Velvet Trail (bellissimo/consigliatissimo nuovo album che lo rilancia nelle charts UK, progettato da nientepopodimeno che Chris Braide), alla vigilia del tour inglese -che parte questa settimana- ha diffuso un comunicato ufficiale a sorpresa. “Con una punta di tristezza annuncio che il Velvet Trail Tour sarà la mia ultima tournée vera e propria. In futuro farò solo qualche concerto, partecipazioni a festivals e ospitate in tours di altri artisti (…) Niente dura all’infinito, ed è evidente che non c’è più il pubblico per sostenere i costi di un tour all’altezza dei miei standard”.
Traduzione: dopo 30 milioni di dischi venduti in 35 anni di carriera sono stufo di impresari alla Broadway Danny Rose e posti impresentabili davanti a quattro gatti in giro per l’Europa. Ricapitolando: l’ex metà dei Soft Cell, quello di Tainted Love e dei duetti con Gene Pitney, Jimmy Somerville e altri, quello dei dischi in classifica, tours mondiali e spettacoli teatrali, lui, l’icona anni ’80 Marc Almond, subito dopo avere pubblicato probabilmente il suo migliore album (prodotto dal Deus Ex Machina di Beyoncé, Christina Aguilera, Lana Del Rey & co.) chiama a raccolta i suoi fans e saluta a centrocampo. “Per quanto ami esibirmi dal vivo trovo le mie tournée faticose e stressanti”, continua, “e voglio fermarmi prima che non mi diverta più. Ci sono altre questioni che devo prendere in considerazione: quest’anno è suonato un campanello d’allarme”. Altro che sveglia. L’ironia finale è che quello di Marc non è un ritorno dopo un decennio di oblio: in Inghilterra Almond è rimasto nell’occhio pubblico per più di 30 anni con folta discografia, partecipazioni, ospitate, lavori teatrali e passaggi in TV, con in mezzo il non trascurabile incidente motociclistico che nel 2004 sembrava avere messo fine alla sua carriera.
Chissà come andrà a finire, se Marc terrà fede o meno al suo proposito. Ma al contrario del David Bowie/Ziggy Stardust dei dorati anni ‘70, forse Almond non ne può davvero più, e non solo per il suo stato fisico post-incidente, oltretutto nello stato in cui versa il mestiere della musica nel 2015. Non è difficile immaginare tra le “altre questioni” citate nel comunicato il vicolo cieco del produrre musica oggi: la temerarietà di pubblicare un album che raggiunga un pubblico (magari senza neppure la scusa del crowd-funding), il programmare un tour con quattro soldi e senza sponsors, il caro-biglietti, il download pirata, il fiato corto di un’ex industria che tranne qualche eccezione di fatto ha chiuso i battenti da un bel po’. Sicuramente, Marc Almond non considera se stesso un’ eccezione.
Ritiro/non ritiro? Mi torna in mente un pomeriggio trascorso anni fa col mio amico Gian Maria Accusani dei Prozac+, spaparanzati insieme a Eva Poles sulle poltrone di un bar. E’ appena uscito un loro nuovo album, i tempi di Acido Acida sono lontani e non si annuncia un gran successo, ma a Gianmaria non sembra fregare granchè. “Non penso faremo un tour”, mi dice, “Sai perché? Con tutto quello che non succede ogni giorno nella vita di noi tutti, vuoi pure che la gente aspetti il nuovo disco e il nuovo tour dei Prozac+?”. C’entra, eccome.