Ecco la seconda puntata dopo Musicisti “e“ pittori. È vera arte?

Poco tempo fa, su richiesta di un cliente, mi è capitato di dover ripetere poche frasi di fronte a una telecamera – meno di dieci secondi – per un video aziendale. Roba da convention autocelebrativa in cui si augura un radioso futuro di successi. Un vero strazio. Nella maggior parte delle prove parlavo come un ubriaco, o un cyborg da film di serie B, con un sorrisetto che pareva più che altro l’esito di una semiparesi.

Solo allora ho capito quanto possa essere difficile il mestiere di attore, compresi quei poveri cristi che devono apparire estremamente felici per aver risparmiato sull’assicurazione dell’auto o la bolletta del gas.
Questo non significa che quando un attore si cimenta in un’arte che non sia la sua, i risultati debbano essere altrettanto buoni di quando sta davanti a una macchina da presa.
Ecco allora che, dopo la prima parte dedicata alla commistione tra musicisti e arte, andremo a scoprire come si comportano gli attori (e i registi) davanti a una tela bianca.
L’impressione generale che ho ricavato, è che il problema degli attori è quello di sembrare ossessivamente innamorati di sé stessi e, di conseguenza, della propria infinita – presunta – creatività. Vale perciò la stessa risposta che mi ero già dato nella prima parte di questa cavalcata tra celebrità e arte, ovvero che, per alcuni, l’essere artisti a 360° pare una cosa naturale, mentre per altri – la maggior parte – la notorietà non è altro che il mezzo per riproporre all’infinito la propria cieca megalomania.
E allora cominciamo a fare nomi e cognomi.

Viggo Mortensen. Il bel Aragorn del Signore degli anelli ama giocare sul velluto. Dipinge, ma non espone o vende. Preferisce produrre libri – che invece vende – che sono un calderone in cui confluiscono quadri, disegni, poesie e fotografie, pubblicati attraverso una casa editrice indipendente che possiede egli stesso. Ha indubbiamente una buona manualità, ma siamo davanti al solito miscuglio di colori, astrattismo, collage. Niente di così originale insomma. Rimandato a settembre.

Viggo Mortensen

Frank Sinatra. Fortunatamente sembra che Ol’ Blue Eyes non abbia mai preso troppo sul serio la sua passione per i pennelli. Forse, come amano ripetere in tanti, era più una forma di rilassamento per scaricare le tensioni. Se le cose stanno così, bene ha fatto, ma è bocciato con rispetto.

Frank Sinatra

David Lynch. Che sia un visionario con un perverso senso dell’umorismo è innegabile. Regista, pittore, scrittore, fotografo, musicista e compositore, incarna davvero l’artista a tutto tondo rinascimentale, ma calato in un’altra dimensione, un mondo alieno, oscuro, che mette paura. Come le sue opere: inquietanti, angosciose, con una perfida vena ironica e un corretto uso creativo di materiali diversi. Lynch è uno che piace al mondo dell’arte – Philippe Daverio compreso – e se lo merita. Promosso con lode.

David Lynch

James Dean. Pare impossibile che nella sua brevissima vita abbia avuto il tempo di dedicarsi ad altro che correre in Porsche. Infatti i disegni ritrovati fortunosamente negli ultimi anni, sono poco più che scarabocchi adolescenziali che tutti quanti abbiamo fatto durante i momenti di noia. Traspare un certo senso dell’umorismo, ma nulla più. Non classificabile.

James Dean

Lucy Liu. La bella interprete di Charlie Angels, Kill Bill e la serie Elementary attualmente in onda, è davvero una sorpresa. D’accordo, forse appare un tantino presuntuosa, ma almeno si stacca dal solito stile pop-pasticcione della maggior parte dei suoi colleghi. Bella la serie che riprende in chiave moderna la tradizione delle stampe erotiche orientali e interessante l’operazione Seventy Two: 72 dipinti monocromi ispirati al concetto ebraico sui 72 nomi di Dio. Interessanti anche le opere astratte con materiali riciclati. Promossa.

Lucy Liu

Macaulay Culkin. Il tormentato protagonista di Mamma ho perso l’aereo ci prova con il collettivo artistico 3MB, producendo una specie di pop art immatura e infantile. Verrebbe da dire che sarebbe stato meglio se non avesse perso l’aereo da piccolo. Senza dubbio bocciato.

Macaulay Culkin

Peter Falk. Chi avrebbe mai immaginato che lo scalcagnato tenente Colombo, oltre a nascondere la propria moglie, celasse anche una mano così felice per il disegno? Un tratto accademico, ma con spunti grafici interessanti e una vena autoironica davvero piacevole. Non siamo nel campo dell’arte contemporanea, questo è certo, ma credo che la capacità nel disegno sia senz’altro la migliore fra tutti i suoi colleghi. Promosso con grande simpatia.

Peter Falk

James Franco. Ecco il tipico caso di megalomania egocentrica più eclatante nel quale mi sia imbattuto. Dipinge, fotografa, scrive poesie, frequenta svariati corsi universitari, s’infuria quando la critica lo fulmina con recensioni come quella apparsa sul New York Times nella quale lo si definisce un dilettante. Uno che vorrebbe fare tutto e non riesce a fare bene nulla. È come una torta senza ripieno. Tutta crosta. Sono pienamente d’accordo. Bocciato con soddisfazione.

James Franco

Pierce Brosnan. Uno con le carte in regola per dipingere. Diplomato in illustrazione commerciale al Central St. Martins College of Art and Design, in seguito cominciò a lavorare come illustratore. Poi il teatro e il cinema – fortunatamente – gli hanno fatto cambiare strada. ma non abbandona la pittura che dice essergli stata di estrema utilità durante i momenti difficili della sua vita. Ottima terapia, finché rimane tale. Bocciato.

Pierce Brosnan

Sylvester Stallone. Il ladruncolo che rubava il portafoglio a Jack Lemmon in Il Prigioniero della seconda strada (1975), di strada ne ha fatta tanta. Ma, almeno come pittore, è rimasto quel tenero, maldestro e un po’ tonto pugile che ha interpretato così tante volte. I suoi quadri sono degli enormi guazzabugli pieni di colore e anche un tantino di ironia, come nell’opera Gloves: un’enorme guantone rosso sovrastato da una altrettanto enorme firma. Quasi quasi sarei portato a promuoverlo per simpatia, ma è più giusto rimandarlo a settembre. Non si sa mai…

Sylvester Stallone

Tim Burton. Secondo me una di quelle persone che o si amano o si odiano profondamente. Una grande fantasia popolata da incubi infantili incanalata sempre e solo verso un’unica direzione. Un po’ come nel cinema, nel quale non fa che girare sempre lo stesso film con risultati a volte eccellenti e altre meno. C’è di buono che non credo si definisca un’artista nel senso in cui lo intendiamo in questa sfilata di dilettanti fortunati. Un’ottimo illustratore, nulla più. Rimandato a settembre.

Tim Burton

Johnny Deep. Non poteva che venire dopo Tim Burton. Se non altro per esserne il suo alter ego (come Mastroianni per Fellini). Ma purtroppo, a differenza di Burton, non ha la minima idea di cosa stia facendo. Un amatore senza talento che usa la pittura come se stesse disegnando i ritratti dei compagni di scuola. Bocciato senza speranza.

Johnny Deep

Kim Novak. La cito più come curiosità che per meriti intrinseci. Non credo sia nemmeno il caso di dire perché i suoi quadri non mi piacciano. Ho visto di meglio esposto sui lungomare nelle sere d’estate. Bocciata.

Kim Novak

Leonard Nimoy. Compianto signor Spock della serie originale Star Trek, non sapevo nemmeno si dilettasse di fotografia. Che dire, anche fra gli attori c’è di molto meglio (vedi Dennis Hopper). Purtroppo bocciato.

Leonard Nimoy

Jim Carrey. A forza di plasmare quella faccia di gomma, credo che nemmeno lui sappia più chi sia veramente. Una vena artistica c’è, ma non si capisce bene – come diceva Totò – dove vuole arrivare. Siamo sempre lì, dietro il grande paravento della pop art che purtroppo nasconde schiere di incapaci. Non si sa se questo sia anche il caso dell’attore canadese, ma sospetto di sì. Bocciato.

Jim Carrey

Jeff Bridges. Il Drugo de Il Grande Lebowski è in pista da un bel numero di anni. Diverse decine di film, due dischi all’attivo, un sorriso che disarma, anticonformista e sciattone, non potrebbe incarnare meglio l’anima dell’artista. Il problema è che in rete si trova ben poco, se non il suo sito http://www.jeffbridges.com/main.html del quale ha curato tutte le illustrazioni. Non classificabile.

Jeff Bridges

Anthony Hopkins. Troppo facile identificarlo solo con Hannibal Lecter, del quale però nei suoi quadri traspaiono i tratti più angoscianti. Il problema è che a forza di riempirmi gli occhi con l’espressionismo cialtrone di tanti colleghi, fatico a capire quale possa essere il reale valore delle sue opere. Non solo in senso economico – ne ha da poco venduta una per oltre 20.000 dollari – ma in senso artistico. Rimandato a settembre.

Anthony Hopkins

Anthony Quinn. L’indimenticabile Alexis Zorba del film di Michael Cacoyannis Zorba il greco (1964) è uno che nell’essere artista ci ha sempre creduto fermamente fin da giovane. Che poi tra il credere e l’essere ci sia una certa differenza è un altro paio di maniche. Risulta particolarmente apprezzato come scultore – ricorda vagamente Henry Moore – ma non mi sembra altrettanto ferrato come pittore. Insomma, andrebbe promosso per la buona volontà e la passione, ma vista l’impossibilità di recupero – per sopravvenuta mancanza dell’artista – mi vedo costretto a bocciarlo.

Anthony Quinn

Federico Fellini. Fellini è stata una delle persone più intelligentemente semplici e modeste che abbia avuto il mondo del cinema italiano. Cinque Oscar: La strada, Le notti di Cabiria, 8 1/2, Amarcord più uno alla carriera. Probabilmente nessuno dei suoi film avrebbe visto la luce senza i disegni di Fellini. Pazienza se quel perfido di Orson Welles – che peraltro non sapeva disegnare – disse che: “Fellini fa film da ragazzino di quindici anni”, perché probabilmente sta proprio qui la forza di un grande creativo. E proprio perché Fellini non ha mai parlato di sé stesso come di un’artista, lo promuovo con lode.

Federico Fellini

Dennis Hopper. Un’icona del cinema della controcultura, Easy Ryder un film su tutti, non poteva assolutamente deludere. Non tanto per il lavoro come pittore, ma piuttosto per le fotografie ritrovate nel 2010 a casa dell’attore e appena pubblicate nel libro Dennis Hopper Drugstore Camera. Immagini semplici ma forti, scattate con una macchinetta da quattro soldi a riprova che il denaro non serve a niente se non hai il manico. Promosso.

Dennis Hopper

Tony Curtis. Purtroppo il mondo hollywoodiano dev’essere pieno di ossequiosi leccaculo che altro non fanno se non osannare le star per qualsiasi cosa facciano. Altrimenti non si spiegherebbe perché attori come Tony Curtis si convincano di essere anche dei validi pittori. Certe croste, se non portassero firme così celebri, non si venderebbero nemmeno nei mercatini di paese. Qualcuno avrebbe dovuto spiegare al povero Tony che Matisse certe cose le avava già fatte almeno settant’anni prima di lui. In sintesi, la cosa più artistica dei suoi quadri è la firma. Bocciato.

Tony Curtis

Dario Fo. Un mostro del teatro, premio Nobel per la letteratura nel 1997 – e questo è sempre bene non dimenticarlo – studi all’Accademia di Belle Arti di Brera, Fo è un pittore di stampo classico. Ha sempre usato la sua arte al servizio del teatro e dell’impegno politico. Per tutto questo è al di sopra delle parti. Promosso.

Dario Fo

Gina Lollobrigida. Caso particolare in cui dovrei promuoverla come fotografa, ma bocciarla inesorabilmente come scultrice e pittrice. Non classificabile.

Gina Lollobrigida

Vincent Price. impossibile trovare immagini delle sue opere, ma a testimonianza della sua passione, esiste una foto che lo ritrae mentre dipinge. Appassionato d’arte donò centinaia di opere d’arte All’East Los Angeles Community College e oggi Vincent Price Art Museum http://vincentpriceartmuseum.org Promosso per meriti filantropici.

Vincent Price

E ora le note in assoluto più dolenti che, come al solito, riguardano principalmente il panorama italiano. Che dire infatti degli exploit artistici di Alessandro Bergonzoni, Dario Ballantini, Marisa Laurito e Romina Power?
Bergonzoni ci propina la solita arte informale fatta da pezzi riciclati, figure sgocciolanti e simili amenità. Confesso che già come attore l’ho sempre trovato stucchevolmente ridondante, ma come artista forse è anche peggio.

Alessandro Bergonzoni

Dario Ballantini è uno che stroppia in tutti i sensi; troppo di tutto. Troppo colore, troppa materia, troppo casino.

Dario Ballantini

Marisa Laurito dipinge come parla: troppo e male, mentre Romina Power fa venire in mente le brutte cartoline che dipingevano quegli sfortunati privi delle mani.
L’unica speranza è che si annoino presto.

Laurito-Power

Ma non è finita qui. Prossimamente, le commistioni fra arte e scrittura.

2 COMMENTI

  1. Non approvo il giudizio un pò troppo tranchant sulla Lollo. Alcuni dei suoi bozzetti sono semplicemente deliziosi e alcune delle sculture ,come quella del figlioletto ,sono pregevolissime perchè trasmettono l’amore per l’opera che sta creando.

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