Essendo nato l’8 maggio 1911, ora Robert Johnson avrebbe 94 anni, invece morì quando ne aveva appena 27. Eppure, nonostante una brevissima carriera a testimonianza della quale restano soltanto 29 canzoni incise, la sua influenza sulla musica che sarebbe venuta è fortissima: senza le sue straordinarie intuizioni il blues, il soul e persino il rock (che in realtà sarebbe stato “inventato” molto tempo dopo) sarebbero diversi da come li conosciamo. Dice Robert Plant: «Tutti noi in un modo o nell’altro dobbiamo la nostra esistenza a Robert Johnson». E Bob Dylan: «Copiavo i suoi testi su pezzi di carta per esaminarli più da vicino, per cercare di impadronirmi dei suoi sogni, dei suoi pensieri». Ed Eric Clapton: «È il più importante musicista blues mai vissuto. La sua musica rimane il pianto più straziante che penso si possa riscontrare nella vita umana».
A parte la data e il luogo di nascita (Hazlehurst, Mississippi), tutto nella sua vita è incerto e leggendario, tanto da affascinare come un romanzo: non si sa con esattezza nemmeno come morì. La leggenda più nota riguarda il suo presunto patto con il diavolo. Aveva 18 anni e sapeva suonare a malapena la chitarra. Aveva perso tutto: una moglie sposata giovanissimo, il lavoro, la casa. Così accettò di vendere l’anima a Satana: si sedette a un incrocio (quello citato tante volte nelle sue canzoni) e aspettò che arrivasse Papa Legba, la divinità che presiede i crocicchi. Lui si prese l’anima di quel ragazzo e in cambio gli regalò la capacità di suonare la chitarra come nessun altro al mondo.
Una storia sicuramente inventata, ma affascinante… Le sue canzoni sono state riproposte davvero da tutti i più grandi: Led Zeppelin, Clapton, Rolling Stones, Muddy Waters, Cream, Blues Brothers, Red Hot Chili Peppers, Dylan, Beck. Soltanto di Sweet home Chicago (che registrò lunedì 23 novembre 1936 a San Antonio, Texas) ci sono centinaia di versioni…
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