Cannes 2015. Via. Tre italiani in gara e uno in un’altra sezione, secondo molti un’edizione su misura per una Palma francese, ma per il quotidiano Libération, che usa in copertina il titolo ironico C’est Party (suona come È partito in francese, ma party è festa in inglese…) è un evento della globalizzazione del cinema anglofono e hollywoodiano. Il pezzo forte di Libé è un altro gioco di parole: Cannes: la promenade de l’anglais (che fa il verso alla Promenade des Anglais, passeggiata lungomare a Nizza…) che divide i film in francofoni (5), nazionali (5 tra cui Mia madre di Moretti) e anglofoni (tra cui Youth di Sorrentino e Tale of Tales di Garrone) e gioca sulle “deterritorializzazioni” : film norvegesi girati a New York (Louder Than Bombs), greci girati in Irlanda (Lobster) e il caso Garrone (autore romano, storia napoletana, attori americani, messicani, europei che recitano in inglese, produzione francese). E questo in base al principio del pacchetto, per cui ben venga dopo l’Oscar un Sorrentino in inglese: il futuro delle coproduzioni europee sarebbe in inglese. Ma c’è chi dice di no e chi come Christian Jeune, braccio destro della mente di Cannes Thierry Fremaux, parla di ibridazione che non nasce solo dal bisogno di esportare ma anche di sprovincializzare.
Pillole: 19 film in gara, presidenti della giuria del concorso Ethan e Joel Coen, presidente della sezione Un Certain Regard Isabella Rossellini, Ingrid Bergman (la sua mamma) che campeggia nel logo della 68 esima edizione, Palma d’onore a Agnés Varda, frase chiave sul colore locale: Cannes è il momento che amiamo detestare: chi è lì per i film detesta il casino, chi lì per il casino detesta doversi accreditare per tutto, e chi non partecipa alla festa detesta le altre due categorie. Categorie in allarme i commercianti (pochi giorni fa c’è stata una rapina a un gioielliere) e la Sicurezza, per l’effetto Charlie Hebdo. Più bella battuta dell’attesa in un twitter, “Pour l’heure, la palme dort”: suona come la palma d’oro ma la Palma, per ora, dorme. È di Sabrina Champenois una delle inviate di Libé. Da domani battaglia.
Il film che apre il festival fuori concorso è La tête haute di Emmanuelle Bercot (seconda donna nella storia di Cannes ad aprire un festiva) sulla vicenda di Malony (Rod Paradot), ragazzino “delinquente dalla nascita” portato di fronte al giudice dei minori Catherine Deneuve dopo aver rubato un’auto guidata ascoltando il rap Assassin de la police. Ha quattordici anni, un curriculum terribile e a sedici passa direttamente nelle galere per adulti. A meno che l’educatore Benoit Magimel non riesca a entrare nella sua psiche in fuga perenne.