The Lazarus Effect. Un film rianimato male

Poteva essere un horror etico teologico, poi è successo qualcosa...

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The Lazarus Effect
di David Gelb
con Mark Duplass, Olivia Wilde, Sarah Bolger, Evan Peters, Donald Glover
Voto 5

È vera la storia che usiamo solo il 10% del cervello? No. Lo usiamo tutto, solo il 10% alla volta. L’Evoluzione preferisce così. Motivo? Lo staff di genietti guidato dai medici Mark Duplass (Frank) e Olivia Wilde (Zoe: occhio, vuol dire vita) partito dalla pura ricerca, finisce col riportare in vita animali morti con un siero survoltato che accelera l’evoluzione del cervello (traduzione: fanno in laboratorio quel che faceva il dr Frankenstein nel castello con l’elettricità: danno la scossa…). Strappano alla morte un cane, che pure si sveglia guardandoli male. Dubbi religiosi e la dottoressa Zoe che si chiede se il cane è contento di tornare dalla morte. Colpo basso delle multinazionali farmaceutiche che derubano il gruppo di dati e materiali di quattro anni, ultimo esperimento  in cui proprio la dottoressa Zoe muore fulminata e quindi viene fatta risorgere col siero. Fino a qui poca paura e ovvie citazioni di Linea mortale (ma là i giovani ricercatori si portavano spontaneamente ai bordi della morte per capire…). Da qui in poi via con le citazioni da Shining (corridoi e bambine per l’incubo ricorrente di Zoe),  Fury (telepatia e poteri telecinetici sanguinari), Esorcista (smorfie), Blade Runner (crani rotti stringendoli a mani nude) e fate voi: ahimè, una più gettata via dell’altra, compresa l’ipotesi per cui l’Inferno sarebbe il nostro rimorso peggiore moltiplicato per l’eternità (ma anche questo buttato via a tempo di record). Finale pasticciato in cui non è chiaro se la dottoressa Zoe, ora zombie, vuole mettere in piedi un sequel creando zombie.  Il sito web  di The Lazarus Effect definisce Lazzaro “figura biblica che insorge contro la morte” : non è che abbiano tradotto in maniera bellicosa “che risorge dalla morte”? E presenta una serie imbarazzante di casi di sepolti vivi, che quindi avrebbero fatto tutto da soli. Che c’entrano? Il regista David Gelb viene da un curioso documentario sul più stellato ristoratore di sushi di Tokyo (Jiro Dreams of Sushi). Se c’è un nesso ci sfugge, a meno che all’inizio non volesse girare un falso documentario inquietante a basso costo, coinvolgendo anche Duplass (tra i fondatori del movimento “mumblecore”).  Purtroppo, dalla resurrezione di Zoe in poi il film fa fatica a prendere vita. Peccato.

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