Il metal al tempo dei Metallica

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Come ben sanno i fan del metal, il concerto è avvenuto qualche giorno fa. Ma vogliamo raccontarvelo comunque. Perché Metallica, Faith No More e Meshuggah sono tre nomi da far tremare le vene ai polsi alle divinità del metal e dintorni. Tre gruppi che a loro modo hanno fatto la storia del loro specifico genere, tutti riuniti per il Sonisphere 2015 a Milano, dirottati nella non proprio felice location del piazzalone di cemento antistante il Forum di Assago. I problemi logistici, acustici ma soprattutto di afflusso e deflusso del numeroso pubblico non sono stati proprio indifferenti.
Purtroppo i Meshuggah ce li siamo persi, se non intuendo il loro muro sonoro arrivando dalla tangenziale, ma i Faith No More, con un sacco di fan al seguito arrivati da tutta Italia per quest’attesissima reunion, hanno davvero colpito nel segno. Tutti vestiti di un bianco immacolato, con un profluvio di fiori sul palco, hanno attaccato con un’infilata da stendere un toro: “Evidence”, “Be Aggressive”, “Caffeine” e la mitica “Epic” a far capire quanto Mike Patton sia ancora in forma strepitosa. Show nello show la sua loquela infarcita di turpiloquio tra una canzone e l’altra del tipo “cantate coglioni” o il raffinato “merdallari” a introdurre “Digging the Grave” e la cover di “Easy” dei Commodores. Il doppio bis ha le forme di “Sol Invictus”, title-track dell’ultimo album, e “We Care A Lot”, cantata in coro dal pubblico.
Alle 21.40 in punto entrano in scena i Metallica, con un gruppo di fortunati fan a fare loro corona dietro il palco, sulle note della morriconiana “The Ecstasy of Gold”. Si parte subito fortissimo con “Fuel”, “For Whom The Bell Tolls” e la sorprendente “Metal Militia” dall’album di esordio “Kill’em All”, ancora dirompente a trent’anni di distanza. La scaletta non è affatto un greatest hits e James Hetfield annuncia due brani che da tempo la band non suonava come “King Nothing” e “Disposable Heroes”, chiusa da un folgorante assolo di Kirk Hammett. Poi è il tempo della ballatona “The Unforgiven II”, per riprendere subito a pogare vigorosamente con “Cyanide”, “Lords of Summer” e “Sad But True”, che regala la vetrina a uno splendido assolo di basso del gigantesco Robert Trujillo. Il pubblico è ormai in delirio ma il meglio deve ancora venire grazie a una sontuosa versione di “One”, introdotta da raggi laser a illuminare un panorama di tralicci da day after postatomico. E poi in rapida successione “Master Of Puppets”, “Fight Fire With Fire”, un’insperata “Fade To Black”, tratta dal capolavoro “Ride The Ligthning”, prima del gran finale di “Seek & Destroy”. Ma il pubblico milanese ha ancora fame ed ecco il ritorno sul palco di Lars Ulrich e compagni con “Creeping Death”, prima che le note di “Nothing Else Matters” ed “Enter Sandman” segnino il commiato della corazzata californiana. I Metallica restano “The Kings of Metal”, con buona pace dei Manowar e di tutti i gruppi che li hanno presi a modello negli ultimi trent’anni. Hetfield può ancora contare su una grande voce e una presenza scenica incredibile, al pari dei suoi compagni di viaggio. Le chitarre sferzano che è una meraviglia su una sezione ritmica granitica e il repertorio è un autentico forziere di gioielli preziosi. Lunga vita al metal.

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