Jurassic World
un film di Colin Trevorrow
con Chris Pratt, Vincent D’Onofrio, Bryce Dallas Howard, Judy Greer, Nick Robinson.
Voto dal 6 al 7

Su Isla  Nublar, dove clonavano dinosauri per il Jurassic Park, ora c’è il Jurassic World (è il film numero 4), e scappa il solito mostro geneticamente modificato, più forte, più cattivo, più furbo: L’Indominus Rex. Perché? Perché la manager Bryce Dallas Howard è una aziendalista ottusa come il sindaco dello Squalo. Perché l’azionista del parco a tema è un miliardario fesso. Perché il genetista che ha fabbricato il mostro è un Giuda. Perché c’è un’organizzazione capeggiata da Vincent D’Onofrio che vuole prendere il controllo dei Velociraptor per addestrarli alle guerre umane.  Per fortuna c’è il quasi fidanzato di Bryce, cioè Chris Pratt (che si deve guadagnare i gradi come -forse- futuro Indiana Jones nella scuderia Spielberg) che fa il guardaparco e incarna l’eroe ruvido e silente quasi ecologico. Nel mezzo due ragazzini in gita dalla zia manager, mandati dalla solita famiglia disfunzionale prossima al divorzio.  Interessante l’uso dei Velociraptor di cui Pratt sarebbe più che l’addestratore, addirittura l’animale alfa: ovvero gli ubbidiscono, ma fino a una certo punto. Usati contro L’indominus Rex prima seguono l’alfa Pratt (che li guida in battaglia in moto), poi sentono l’affinità genetica con il nuovo mostro, poi cambiano idea. Vogliamo buttarla in politica? Che sia una metafora delle alleanze e delle politiche mediorientali degli Usa, che creano in vitro mostri politico-militari di cui perdono, riprendono e riperdono il controllo? Se l’Indominus Rex è l’ex Al Qaida (ora Isis) e i Velociraptor gli iracheni scissi per sette religiose, allora il Tirannosauro recuperato dalle precedenti puntate è la Russia di Putin e il mostro discreto che mangia squali come sardine è la Cina? Vabbé, scherziamo. Questioni vecchie come i dinosauri. Effetti speciali ovviamente buoni, storia piatta. È un parco a tema per bambini.

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