Il ballo collettivo de Lo Stato Sociale fa anche pensare

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Lo Stato Sociale diverte e si diverte all’Electronic Open Air Festival di Rovereto, la rassegna elettronica che ha visto transitare per la cittadina trentina personaggi del calibro di Leeroy Thornhill, ex leader e fondatore dei Prodigy, e il re della techno tedesca Butch. Il concerto della band bolognese in piazzale Degasperi è stata una grande festa affollata di giovani e giovanissimi, che sanno a memoria i testi del quintetto formato da Lodo Guenzi, Alberto Cazzola, “Bebo” Guidetti, Francesco Draicchio ed Enrico Roberto.
Le canzoni di “Turisti della democrazia” (2012) e “L’Italia peggiore” (2014) hanno già lo status di tormentoni, e i cinque si divertono a proporle nel fortunato tour intitolato “Gran Fenomeni: l’ultimo celeberrimo tour de Lo Stato Sociale”, in cui mescolano i generi musicali, le voci e un’innata attitudine al cazzeggio. I testi sono il vero punto di forza della band, grazie al gusto ironico e stigmatizzante nei confronti delle mode in voga presso le ultime generazioni. “Sono così indie” ne è un perfetto esempio, arricchita di una coda rap che lamenta la soppressione del festival “We Are Next”, in programma proprio a Rovereto in settembre con nomi altisonanti come l’accoppiata Franz Ferdinand-Sparks, Subsonica e Groove Armada.
I bolognesi dimostrano una coscienza sociale degna del loro nome, dopo aver ascoltato e fatto propri nel pomeriggio i racconti degli organizzatori di questo festival: ufficialmente cancellato per mancanza di fondi, ma in realtà dovuto al cambio politico della giunta locale. On stage quattro totem luminosi vengono spostati in continuazione per creare la giusta cornice a ogni canzone, trasformando il palco in una grande discoteca all’aperto sulle note di “C’eravamo tanto sbagliati”, “Ladro di cuori col bruco” e “Mi sono rotto il cazzo”. I cinque dimostrano di saperci fare nel siparietto di “Dozzinale”, in cui tutti cantano di fronte al pubblico e nel simpaticamente goffo ballo collettivo che accompagna “Questo è un grande paese”. Il ritornello è irresistibile con quel “Si mangia bè, si beve bè, si sta yeah yeah”, destinato a diventare l’ennesimo tormentone della band. Tra le canzoni dell’ultimo album spicca il reggae di “La musica non è una cosa seria” che nel testo regala la perla di “portami ovunque ma che sia lontano, lontano da casa mia dove obbedire è lecito, ribellarsi è cortesia”.
Incisive anche “La rivoluzione non passerà in tv”, “Il sulografo e la principessa ballerina” e “Io, te e Carlo Marx”. I ragazzi sul palco sono tutt’uno con il loro pubblico e all’apice del divertimento fanno sedere tutti in attesa di un brano lento, “per la prima volta – dicono – proposto dal vivo!”. A questo punto attaccano l’hit “Abbiamo vinto la guerra” e la platea schizza in piedi a ballare fino al gran finale di “Cromosomi”, punteggiata dall’entrata in scena di un cannone spara coriandoli che manda tutti a casa felici e contenti. Un’ora e tre quarti all’insegna del ballo e del divertimento, ma anche dei testi in controtendenza capaci di offrire diversi spunti di riflessione.

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