Uno dei fenomeni comandanti nelle canzoni di Cesare Cremonini è quello della dicotomia. In filosofia la usavano Zenone e Platone, mentre noi possiamo accostarla al bolognese nel suo significato più crudo: una divisione netta tra due parti del testo.
Ne è una dimostrazione palese lo scritto che accompagna la metrica di 46, uno dei quattro inediti del Più che Logico Live dedicato a Valentino Rossi. La canzone, prima ad uscire dalla tana allora segreta del nuovo album, accompagna i motori dello Sky Racing Team ed ha un chiaro riferimento all’amicizia con il “Dottore” che spesso si fonde in una stima sportiva e umana piuttosto evidente. Stima che tra l’altro dovrebbe evitare – stando alle parole del cantautore – una possibilità di promozione radiofonica al pezzo, pronta a rientrare nei cuori dei fan più fedeli.
La dicotomia, dicevamo. Cesare cuce a mano il tessuto delle sue parole e taglia il testo dove necessario. Sa concedergli i suoi spazi e dividerlo. E se in Lost in the Weekend (CLICCA QUI) la cosa risultava meno evidente all’apparenza, “46” smaschera inequivocabilmente i due tronconi che accompagnano i quattro minuti di canzone.
Un lato analizza la potenza e l’energia dei motori. La tensione della gara.
Senti qua
Come strilla questo motore
Come va
Non lo senti mentre viaggia che musica fa?
L’altro accompagna sprazzi di vita personale. L’amore instancabile si associa alla dimensione privata, ma con un occhio che continua a sbirciare la serratura della pista verso la quale l’affetto sale e non riesce a fermarsi.
Senti qua
come strilla questo motore
come va
non lo senti mentre viaggia
che musica fa
come me non sa frenare l’amore che dà
non è stanco di lottare
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La separazione tra le due parti, poi, diventa quasi ambigua. Ossessiva. Le paure amorose (“io le sento ancora addosso le paure”) si mischiano al pericolo delle moto e agli occhi dei genitori, richiamati a turno nelle due strofe (“gli occhi di mio padre”, gialli e stanchi in PadreMadre dei primi anni 2000). E poi la musica che sale e offre lo slancio per andare via. Partire e ricominciare, che è il piccolo concept poi rinviato in Buon Viaggio, e andare via “per salvare un po’ di me”.
È qui che si consuma il clou del pezzo. Il desiderio prepotente di andar via e proteggere una parte di sé. Spendibile in un viaggio o in una corsa talmente carica di adrenalina da render l’asfalto di plastica. Quasi innocuo di fronte al vigore delle moto, consapevoli però di poter vivere in quell’istante l’ultima fermata della loro corsa.
Vado via per salvare un po’ di me
l’asfalto sembra fatto di plastica
ed ogni corsa è l’ultima
per me
Ma è solo al termine della corsa musicale di Cremonini che motori e vita personale si intrecciano in una frase che fa far loro l’amore. Chiude col lieto fine un lungo gran premio. Fatto di paure ed emozioni forti. Vere.
Quando il mondo corre va più veloce di me
sai che lo sarei andato a riprendere