Tra i sacchi di rifiuti sul lungomare di Formia, è stato visto di primo mattino un uomo trasandato, la barba incolta e il pastrano lurido.

Qualcuno afferma di averlo sentito parlare un italiano perfetto, intriso di accento siciliano. Si dice che abbia capacità matematiche evolute.

Il sole sorge dorando i filari di pini che arredano il largo marciapiedi. Visto da terra, coi suoi raggi sembra spaccare la materia delle staccionate che immettono sul panorama marittimo. Diversi bastimenti solcano di continuo il limite tra cielo e mare.

C’è chi si è fermato ad ascoltarlo blaterare, quell’uomo speciale che vive sotto un cumulo di cartone e rimugina formule non comprensibili.

E qualcuno ha sospettato fosse lui.

Abbandonatosi ad un esilio senza rete, lasciatosi cadere nella vita senza più badare a nulla.

In quella figura diversi hanno creduto di riconoscere il mito di Ettore Majorana. Il ragazzo-genio misteriosamente scomparso nel lontanissimo 1938.

Nella storia della fisica non vi è forse un mistero personale più fitto e insondabile di questo.

Lo è più della danza dei neutrini che pare egli abbia avviato a conoscere, prima di allontanarsi per sempre dal gruppo di studi di fisica. O prima di suicidarsi.

O prima di decidere di non volerne più sapere di nulla, neppure di se stesso.

Dalla primavera di quell’anno in poi, in diverse parti del mondo si sono susseguite segnalazioni che volevano fosse lui l’italiano distinto e strano, come venuto da un altro pianeta, nascosto nella nullità di una vita anonima.

Più volte invece si è detto che si fosse ucciso.

Che fosse depresso, la sua personalità acuta fosse venata di una tristezza incolmabile.

Altrettante volte si è deciso invece che avesse cambiato vita recandosi in Sudamerica.

Sciascia, ad un certo punto della sua prestigiosa carriera, nel 1975 gli dedica un romanzo, “La scomparsa di Majorana”, pervaso dal forte sospetto che quel ragazzo bruno e dall’aria malinconica avesse cercato di espiare la colpa di aver fatto parte del gruppo di ragazzi di via Panisperna, una manciata di fisici dalle altissime capacità che avrebbero avviato la realizzazione del primo reattore nucleare, e dunque in parte colpevoli di aver dato il via alla messa a punto della bomba atomica.

Sciascia se ne era convinto. Innamorato lui pure come tutti del bellissimo scomparire di una mente eccelsa.

Enrico Fermi, sovente in aperto contrasto con Majorana e che lo aveva criticato per la scarsa applicazione che questi dava alla propria potenza intellettiva, avrebbe detto che molti sono matematici o fisici eccellenti, ma pochi sono geni quanto lo era Ettore Majorana.

Il fascino malato del ragazzo con la mente più alta di tutti, sporto sull’abisso interiore della fisica, ha inseguito da subito e per sempre la sua storia di scomparso.

Così tutto può darsi.

Potrebbe essersi davvero trasformato nel senzatetto individuato a Roma, negli anni ottanta, o quello scorto a rovistare tra i rifiuti nel sole di primo mattino a Formia negli anni settanta. 

O potrebbe realmente essere l’individuo ambiguo che negli anni cinquanta manifesta ai vicini di casa altissime competenze scientifiche, sebbene conduca un’esistenza priva di senso.

O ancora, essersi sporto volutamente dal parapetto del traghetto che da Napoli portava a Palermo, una nera notte del 1938, e disciolto per sempre nelle spume generate dal piroscafo in alto mare.

Così, per provare a se stesso che la vita finisce, per finirla prima che sia lei a finire te.

O per protesta verso la vita. Verso la storia. Verso la scienza.

Per malinconia, per eccesso di intelligenza, o per dolore profondo, quello che regalano capacità tanto acute di intendere le cose sin nelle forme infinitesimali della materia.

Per sfuggire a se stesso.

O per dichiarare la propria diversità rispetto a chi crede che si possa capire la vita, il mondo, le cose.

Qualunque cosa abbia pensato Ettore Majorana, dopo che lo si è invano cercato, che lo si è supposto vivente altrove, dopo che si sono intitolati a suo nome istituti scientifici, aperte, chiuse e riaperte inchieste, che lo si è creduto vagabondo, affiliato del nemico, eccentrico, pazzo, suicida, e assodato che tutta la fisica gli tributa meriti inestimabili, non si può negare gli sia comunque riuscita la più sottile e assurda delle imprese:

quella di sfuggire alla certezza della propria fine.

Una perfetta immersione della materia nell’insondabile di se stessa.

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gianCarlo onoratoMusicista, scrittore e pittore fuori dagli schemi, ex leader di Underground Life. Ha pubblicato i dischi: Il velluto interiore (1996), io sono l’angelo (1998), falene (2004), sangue bianco (2010, Premio Giacosa), ExLive (2014) con Cristiano Godano, quantum (2017), “quantum Edizione Extra” (2018), ha curato la co-direzione artistica del Tributo a Luigi Tenco come fiori in mare Vol. I (2001) e Vol. II, in “Sulle labbra di un altro” (2011), ed i libri: Filosofia dell’Aria (1988), L’Officina dei Gemiti (1992), L'ubbidiente giovinezza (1999), Il più dolce delitto (2007), “ex-semi di musica vivifica” (2013), La formazione dello scrittore” (2015). Ideatore del Seminario del Verbo Musicato, ha centinaia di concerti alle spalle e un disco, un tour e un nuovo romanzo nel prossimo futuro. giancarloonorato.it

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