Chiamatemi Francesco – Il Papa della gente
di Daniele Luchetti
con Rodrigo De la Serna, Sergio Hernández, Muriel Santa Ana, José Ángel Egido, Alex Brendemühl.
Voto 6
All’inizio e alla fine c’è un anziano signore vestito da prete (Hernandez, che somiglia poco all’originale) che medita sulla sua vita e guarda il cupolone del Vaticano, poi viene eletto Papa e cambia faccia: cioè subentra l’originale che dice “Buonasera” dal balcone di San Pietro. È lui, il Papa dalla fine del mondo… Nel mezzo, chiusa in questa breve cornice, c’è la storia del giovane Bergoglio (Rodrigo De la Serna, che gli somiglia di più) che lascia la vita mondana e una fidanzata per farsi gesuita nell’Argentina tra Peron e Videla. In piena dittatura sanguinaria dei militari il giovane Bergoglio diventa Provinciale dei gesuiti. Bella responsabilità. E fa resistenza, sia usando il suo collegio teologico per nascondere gli oppositori, sia andando a dir messa direttamente a casa del dittatore Videla per potergli chiedere in faccia la liberazione degli ostaggi. È chiaro in tutto il film che Bergoglio non sta né con la destra né con la sinistra e risponde dei suoi atti molto più in alto del Vaticano stesso, ma al Vaticano deve pur obbedienza. Il film racconta quello che sappiamo (è un Papa simpatico/mediatico…) e suggerisce le origini di quello che sta facendo: aperture a divorziati, coppie di fatto, voglia di pulizia e insomma un gran mediatore tra il mondo e il divino senza troppo insistere sul peccato e con più di un occhio alla speranza. Un santino? Anche, ma neanche tanto. Più che altro la perplessità che suscita l’operazione è sulla tempestività: Bergoglio è in piena azione. Magari tra sei mesi il film è vecchio. Ma in televisione, che sembra il destino suo, andrà bene. L’altra perplessità è sulla necessità di una cornice per “contenere” la storia del giovane prete in battaglia con la dittatura argentina, che sembra un film a sé. Forse per paura di farlo sembrare troppo sovversivo?
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