Il ponte delle spie. Meritatevelo…

L'avvocato che difese la spia russa (e il nostro stile di vita) in piena guerra fredda

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Il ponte delle spie
di Steven Spielberg
con Tom Hanks, Mark Rylance, Amy Ryan, Sebastian Koch, Alan Alda.
Voto 8

Nel 1958 gli americani catturano a New York  il colonnello Abel, spia sovietica in territorio nemico in piena isteria da guerra fredda, e lo processano in un tribunale civile dandogli un  difensore che viene dalle assicurazioni (!) per significare al mondo che il trattamento è equo e non ispirato alla legge di guerra. È sottinteso che la spia russa deve  finire sulla forca. Cosa che stupisce il difensore, l’avvocato Donovan di Tom Hanks, che ritiene, semplicemente, che per la Costituzione la difesa dev’essere una difesa e non una facciata, e perché per lui Abel è un soldato preso in territorio nemico, non un traditore. Infatti, non vuole collaborare col nemico. Insomma, un americano alla Frank Capra, ma senza enfasi.  E poi Donovan è una volpe delle assicurazioni: sussurrando all’orecchio del giudice che una spia giustiziata è inutile, e una spia viva è un’ottima merce di scambio (una polizza) se i russi beccano una spia americana, salva la vita ad Abel e rovina un po’ la sua (per l’opinione pubblica è un difensore di comunisti!). Poco tempo dopo il tenente Powers viene abbattuto sui cieli sovietici al confine con la Turchia (meditate sulla coincidenza col nostro presente) mentre su un aereo-spia U-2 fotografa installazioni nemiche. Scandalo e rischio di guerra atomica. Chi mandano a Berlino Est a mediare lo scambio? L’avvocato Donovan, il difensore di Abel. Ed ecco le piacevolissime (e contemporaneamente inquietanti) avventure di un buon americano in territorio sovietico, che non solo rivuole Powers, ma anche uno studente americano che si è fatto beccare in bicicletta nella zona russa mentre mettevano gli ultimi mattoni al muro di Berlino. Detto questo, godetevi il film, che non è un film di spionaggio più di quanto Schindler List fosse un film “solo” sul Nazismo, Amistad sullo schiavismo, Salvate il soldato Ryan sullo sbarco in Normandia, Prova a prendermi su un falsario, Terminal sulla territorialità degli aeroporti, o Lincoln un santino presidenziale. Se notate, in tutti questi film, che Spielberg ama alternare ai film d’avventura, il tema è quello dei  valori e della difesa giuridica di quei valori attraverso un atto di volontà. L’atto di volontà lo compie un uomo tutto d’un pezzo, anche ricorrendo a furbizie. Diciamo che in Spielberg accanto al cinema d’avventura c’è un cinema etico. Ruffiano? Ma certo: Spielberg non lesina colpi bassi (Il ponte delle spie evoca un luogo comune dell’epica dello spionaggio alla Le Carrè, ma poi lo usa a suo fine…) e in fondo fa sempre lo stesso film sullo stesso personaggio ormai specialità di Tom Hanks: quel misterioso maestro di scuola che comandava la pattuglia di Salvate il soldato Ryan, quello che prima di morire sussurra a Ryan “meritatelo”. Se guardate tra le righe qui, usando la retorica degli anni Sessanta (al solito magnificamente ricostruiti nella loro quotidiana tristezza) si parla al presente di gente che tiene la testa fredda mentre tutti strillano che stanno attentando al loro stile di vita. Appunto. Meritatevelo…

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