Revenant. Il ritorno di Di Caprio

Storia dell'uomo che per vendicarsi sopravvisse a un orso

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Revenant – Redivivo
di Alejandro González Iñárritu
con Leonardo DiCaprio, Tom Hardy, Will Poulter, Domhnall Gleeson, Brad Carter
Voto 8

La storia è vera. Nel nord Dakota gelido dell’inverno 1823, il  trapper Hugh Glass (Di Caprio),  mentre guida in territorio indiano una banda di cacciatori di pellicce, viene assalito da un orso, macellato, rattoppato e infine abbandonato in coma semisepolto dall’uomo che doveva accudirlo, mentre il resto del gruppo cerca di salvarsi e uscire dalla “wilderness”, la natura selvaggia. “Wilderness” è la parola chiave. Qualcuno con quella parola nel  titolo originale (Man in The Wilderness) ricorderà Uomo bianco va col tuo dio, regia di Sarafian (1971), con Richard Harris che si riprendeva dall’attacco di un orso e raggiungeva i cacciatori che l’avevano abbandonato mentre trascinavano sui monti la loro nave come tanti Fitzcarraldo guidati da John Huston. Il film di  Iñárritu si ispira alla stessa storia, ma -parzialmente- nella versione raccontata nel 2003 da Michael Punke nel romanzo Revenant. A Sarafian stava a cuore mostrare Glass (là si chiamava Bass…)  che si autocurava e resisteva a tutto, anche allo scontro frontale con la cultura indiana. Il film di Iñarritu, più torvo, ha due protagonisti: Glass /Di Caprio, il martoriato (che della cultura indiana fa già parte: ha avuto un figlio da una squaw e il fantasma della squaw lo guida nel delirio), e Fitzgerald/Tom Hardy, il traditore, l’uomo che ad ogni passaggio mentale antepone il bisogno (i soldi persi con le pellicce) fino a incarnare una metafisica del denaro come motore maligno della civilizzazione. Quindi è lo scontro tra due metafisiche: Glass uomo del silenzio, della wilderness e delle culture depredate e moribonde, Fitzgerald uomo angosciato della civilizzazione, ovvero l’avidità. È chiaro che a Iñarritu non stava a cuore tanto il western quanto la metafora rappresentata sullo sfondo degli incredibili panorami della wilderness indifferente agli umani che si massacrano  e permea il film di argento e nero in tutte le variazioni del ghiaccio (e della morte) spezzate solo dal rosso del sangue. Revenant, paradossalmente è quasi un film muto, di grugniti umani e ursini, un film materico. Dove però Fitzgerald, infame “innocente” per necessità, ruba anche il film a Glass. La vendetta, poi, è di Dio. E questo segna la ridondanza latina di  Iñárritu.

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