Bruce, il suo profumo buonissimo e la… personificazione della felicità!

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Se la felicità avesse un volto, e un corpo, sarebbero indubbiamente quelli di Amy Lipsky Kaplan, e di tutte le persone che ogni sera Bruce fa salire sul palco per celebrare il rito di “Dancing In The Dark”. Un rito, estremamente laico, che si ripete da più di trent’anni, da quando cioè nel tour di Born In The USA (iniziato il 29 giugno del 1984 da St.Paul, Minnesota) Bruce invitò a salire sul palco una giovanissima Courtney Cox – all’epoca semplice “volto” pubblicitario – regalandole una ribalta mondiale e una carriera in ascesa costante (basti pensare alla fortunatissima serie tv “Friends”). Quella prima chiamata sul palco infatti, venne immortalata nel video ufficiale realizzato da Brian De Palma e ancora oggi è una delle clip più viste del Boss (46.492.708 visualizzazioni su Vevo, nel momento in cui scrivo!). Da allora sul palco si sono succedute migliaia di ragazze, sorelle e madre di Bruce comprese. Nel tour di quest’anno, però, Springsteen ha optato per un deciso ampliamento del numero di fortunati che si uniscono a lui per il gran finale di “Dancing In The Dark“, includendo anche alcuni uomini. Insomma, sul palco c’è un gran caos: a Dallas addirittura sono salite una trentina di ragazzine, probabilmente una scolaresca, che ha costretto Bruce e la band a farsi da parte per lasciare campo – e palco – libero. Ma tra tutte le storie che ho letto sul web nelle ultime settimane, quella che mi ha più colpito di più è senza dubbio quella di Amy Lipsky Kaplan (New York, Madison Square Garden, 28 marzo). Cert, non si può non ricordare la storia di Jeannie Heintz, 91 anni!, invitata lo scorso 29 febbraio da Bruce a St. Paul, Minnesota, dopo che già nel 2009 (all’età di 84 anni) era stata chiamata sul palco. Però la storia di Amy Lipsky Kaplan ha qualcosa in più: la sua faccia E’ il ritratto della felicità. La sua gioia è contagiosa. Il suo sorriso è travolgente. Il suo entusiasmo è incommensurabile. La sua incredulità è commovente!

Amy – come ha scritto lei stessa sulla sua pagina Facebook – era al suo concerto n. 105 (il primo lo ha visto nel 1980 al Nassau Coliseum di Long Island), è una fan vera, una che ha incontrato diverse volte Bruce, che ha gli autografi, le foto con lui, ma non è mai stata fastidiosa. Amy ha un marito (“tolerant Howie”) e una figlia (“sweet and huge fan Elyssa”), sono loro gli artefici dell’evento che ha cambiato la vita di Amy. Sì perché insieme, padre e figlia, realizzano il cartello che vedete qui sotto e che attirerà irrimediabilmente l’attenzione di Bruce.12439412_10205929481666687_3395306526473229039_n

Quando parte “Dancing In The Dark” Amy è ancora lì, nel pit, totalmente inconsapevole dell’eseperienza che vivrà di lì a poco. Quando parte il sax di Jake e Bruce la punta per farla salire sul palco, Amy comincia a ripetere meccanicamente “Oh my God!”, non dice altro, abbraccia Bruce e lo ringrazia poi inizia a pensare “Oh Signore, come profuma! Che buon odore che ha!“. Cominciano a ballare, Bruce le fa i complimenti e a quel punto Amy non resiste, si dichiara: “I love you, I don’t wanna leave”. Bruce ride, la prende per mano e le dice di seguirlo. Amy adesso è al centro del palco, di fronte al microfono, per cantare insieme agli altri due che sono saliti con lei il coro “Hey baby…”. L’emozione prevale e nessuno riesce a imbroccare il tempo giusto. Alla fine, Bruce la invita  a salutare la folla,  Amy fa un giro completo a 360° e saluta la folla del Madison Square Garden: “Una folla di 20.000 persone che si sbracciavano e ballavano. Le urla erano FORTISSIME  e credo di essere stata (lo sono ancora) un livello leggermente sopra il nirvana… Non è affatto un peccato essere felici perché ti senti vivo!“.

Perché mi ha colpito tanto questa storia? Perché Amy è una donna normale, una di noi, una che in 36 anni si è fatta 105 concerti, rimanendo sempre aggrappata al suo sogno. Amy ain’t a beauty but, hey, she’s alright… Non è bellissima ma va bene così: è una persona che ancora si stupisce, che continua ad emozionarsi, che si sente tornare bambina quando sale sul palco del suo eroe e non si vergogna a dirlo! Senza alcun pudore Amy ha raccontato a tutti la sua esperienza favolosa (“La più bella esperienza della mia vita, dopo la prima notte di nozze”) condividendo, anche con un grande sesno di autoironia, ricordi ed emozioni. E la cosa più bella che ha raccontato, forse, è stato il post-concerto, altrettanto surreale (parole sue) in cui tutti la salutavano, si complimentavano e (alcuni, molti) si facevano la foto con lei: “Ho capito – ha scritto ancora Amy – che in quei 2-3 minuti che sono stata sul palco come una pazza stralunata mentre a beccarami tutto quell’amore e quei sorrisi di Bruce, io ERO loro, ero te, i miei amici, i miei fratelli di sangue!“.Perché il rock, la musica, è così: unisce, non divide, crea empatia e amicizia, non invidia e gelosia, genera amore, non odio.

Ecco, se avrete voglia di leggervi tutto il racconto di Amy (lo trovate sulla sua pagina Facebook), capirete cosa significa avere una grande passione, perché ha ragione Amy (e Bruce)… It ain’t no sin to be glad you’re alive!

 

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YouTube / BruceSpringsteenVEVO – via Iframely

La foto in evidenza è di Ken Grille (per gentile concessione)

Patrizia De Rossi è nata a Roma dove vive e lavora come giornalista, autrice e conduttrice di programmi radiofonici. Laureata in Letteratura Nord-Americana con la tesi La Poesia di Bruce Springsteen, nel 2014 ha pubblicato Bruce Springsteen e le donne. She’s the one (Imprimatur Editore), un libro sulle figure femminili nelle canzoni del Boss. Ha lavorato a Rai Stereo Notte, Radio M100, Radio Città Futura, Enel Radio. Tra i libri pubblicati “Ben Harper, Arriverà una luce” (Nuovi Equilibri, 2005, scritto in collaborazione con Ermanno Labianca), ”Gianna Nannini, Fiore di Ninfea” (Arcana), ”Autostop Generation" (Ultra Edizioni) e ben tre su Luciano Ligabue: “Certe notti sogno Elvis” (Giorgio Lucas Editore, 1995), “Quante cose che non sai di me – Le 7 anime di Ligabue” (Arcana, 2011) e il nuovissimo “ReStart” (Diarkos) uscito l’11 maggio 2020 in occasione del trentennale dell’uscita del primo omonimo album di Ligabue e di una carriera assolutamente straordinaria. Dal 2006 è direttore responsabile di Hitmania Magazine, periodico di musica spettacolo e culture giovanili.

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