A dispetto del suo quasi omonimo – che sull’acqua ci camminava da solo – Christo (con l’h) ha deciso che sull’acqua possiamo camminarci tutti quanti, ma solo dal 18 giugno al 3 luglio, ed esclusivamente sull’incantevole lago d’Iseo.
E il miracolo non si limita alla possibilità di andare da Sulzano alla meravigliosa isola privata di San Paolo e poi ancora, come in un nastro di Moebius, a Monteisola e viceversa. Il vero miracolo è che l’opera è stata interamente autofinanziata dall’artista, e che provare il brivido di passeggiare sull’acqua sarà completamente gratuito.
Unica nota dolente, a Sulzano non si potrà parcheggiare. Si dovrà lasciare l’auto nei parcheggi presenti poco fuori dal paese, a prezzi che variano dai 5 ai 20 euro – dipende dalla distanza – e successivamente utilizzare i bus navetta con prezzi dai 10,50 a 2,50 euro – anche in questo caso in funzione della distanza da percorrere.
Considerando che l’affluenza media sarà di circa 40.000 persone al giorno, il business è tutto delle amministrazioni locali che, onestamente, avrebbero potuto trovare altre soluzioni per battere cassa.
Ben poca cosa comunque rispetto al fatto di entrare a far parte integrante di un’installazione (The Floating Piers) del leggendario artista che, per la prima volta, permette di vivere e toccare una delle sue creazioni. Una sensazione davvero incredibile che va ben oltre l’effetto scenografico, per penetrare la sfera sensoriale di chi si troverà in mezzo al lago, con quel senso di “fuori posto” e di sospensione dell’incredulità che permetterà di osservare da un punto di vista unico e irripetibile uno degli scorci fra i più belli del nord Italia.
Questo è ciò che pensavo prima di vedere le immagini e leggere le notizie sui primi due giorni di apertura, il che mi fa riflettere e mi porta ad alcune considerazioni piuttosto pessimistiche.
Primo: sono in parte d’accordo – come lo sono una volta tanto tra di loro – con Philippe Daverio e Vittorio Sgarbi; non sempre ciò che è enorme o inconsueto è arte. Come non è arte buona parte delle installazioni o dei video che, troppo spesso, dobbiamo sorbirci perché questo o l’altro critico attribuiscono loro significati palesemente inesistenti e incomprensibili, oppure banali e infantili.
Secondo: è vero che Christo ripete ormai da moltissimi anni la stessa opera. Impacchettare gli edifici o stendere lenzuoli nel deserto è ciò che gli viene meglio. Alcune volte i risultati sono estremamente impressionanti, altre meno. Ciò che rimane costante è la reazione: equamente divisa tra l’estasiato e lo scettico. Non è mia intenzione decidere se si tratti di “vera arte” o meno, la realtà è che il nome di Christo è e rimarrà nella storia dell’arte contemporanea.
Terzo: ciò che invece mi deprime è il modo in cui il pubblico e le amministrazioni locali affrontano questo genere di occasioni. Dire che sindaci e prefetti siano giunti all’evento impreparati e imbevuti di quel provincialismo incapace di gestire qualcosa più complesso della Sagra della rana fritta è un eufemismo. Bloccare sui treni per oltre due ore i visitatori a causa della imponente affluenza è quanto meno arbitrario. Lucrare in modo così plateale su un evento che, lo stesso artista ha voluto gratuito, è sicuramente immorale.
Quarto: la parte che, almeno per me, è la più desolante, è aver visto una marea umana che si è catapultata contemporaneamente sul lago d’Iseo il giorno dell’apertura. Perché?
Perché ormai tutto “fa evento”, happy hour, selfie da postare sui social network.
Non importa cosa si vada a vedere, non importa comprendere che l’artista ha immaginato un percorso sensoriale che, in questo modo, è impossibile sperimentare. Importa esserci, importa poter dire: «Io ci sono andato». Quanto a capire, è un altro paio di maniche.
Cosa significa sdraiarsi ai bordi del percorso a prendere il sole in bikini? Che senso ha scorrazzare con passeggini e bambini urlanti? Che senso ha vestirsi tutti di bianco e fare il santone indiano che a un’intervistatrice rivela di sentire le vibrazioni della natura?
È la solita storia, è sufficiente esporre un’opera presente in una pinacoteca da tempi immemorabili, ma addobbata con nuove luci, ed ecco che si crea l’evento; una moltitudine di gente farà ore e ore di coda perché è un’occasione da non perdere, qualcosa da raccontare agli amici sui social, dimostrare, selfie alla mano, che si era lì, dove la bella gente e la cultura vibrano insieme alla città.
Non sapendo che la medesima opera era visibile con tutta comodità da ere geologiche.
Non è certamente questo il modo di vivere l’arte.