Oggi tappa relativamente facile che mi porta a Montefiascone: percorso molto più bello rispetto a ieri, in mezzo ai boschi, con quel vento forte e rinfrescante che ormai mi accompagna da tre giorni.
Sto facendo fatica a dormire la notte: ormai conosco tutte le ore a memoria. Certo, recupero qualcosa di giorno quando arrivo in ostello, ma svegliarsi prima del previsto non mi aiuta. Forse domani è la volta buona che mi rassegno e incomincio prima a camminare. Sono sveglio, amen, mettiamoci in cammino.
Stamattina ho conosciuto altri due pellegrini che sono in giro da metà luglio: sono partiti dal San Bernardo e dovrebbero arrivare a Roma per venerdì. Li ho già persi di vista.
Intanto ho ritrovato il Signor R, quel pellegrino australiano che sta facendo tutto il cammino da Canterbury partendo il primo maggio (diciamo che la festa dei lavoratori l’ha presa un po’ lunga). È un personaggio che merita di essere conosciuto, molto particolare e con una storia allucinante alle spalle.
Ha conosciuto un sacco di amici lungo il cammino, tre di loro me li presenta nel monastero dove dormiamo stanotte: con uno di loro ho addirittura una conoscenza in comune. Ci voleva un australiano che ci presentasse!
Siamo usciti a pranzo tutti assieme: mentre aspettiamo che ci diano il tavolo andiamo a visitare una cattedrale. Per fotografare la cupola dall’interno si sdraia in mezzo alla chiesa, prima su una panca e poi sul pavimento. Poi finalmente a tavola ordina uno spritz in bicchiere grande con una bottiglia di frizzante che userà per allungare il cocktail durante il pranzo (fino a qualche ora prima lo chiamava Fritz al posto di Spritz, e di questa lezione ne rivendico la paternità). E poi l’insalatona che si chiama così perché è insalata più tona, quindi insalata con il tonno. E i brindisi dicendo “Dolce vita” a casaccio. E infine l’osservazione quando gli si chiede se ha visitato un certo luogo durante il cammino: “Alla cultura io preferisco le persone, me le ricordo più facilmente”.
E poi la sua storia, un elenco puntato impossibile da mettere in ordine, che potrebbe farvi capire perché si è messo in cammino:
– 74 anni, parla inglese, francese, italiano, forse anche spagnolo
– nato a Betlemme a 300 metri dalla grotta dove è nato Gesù
– nonno originario di Brescia mandato dai carmelitani scalzi a costruire una struttura a Betlemme
– mamma boliviana arrivata a Betlemme perché figlia di una famiglia benestante che l’ha mandata lì a studiare
– i carmelitani scalzi di Betlemme fanno conoscere suo padre e sua madre
– in seguito alla guerra dei tre giorni, il padre decide di trasferire tutta la famiglia in Australia, ma solo dopo aver fatto completare la scuola francese al figlio
– ha il cognome di una nota famiglia mafiosa italiana, e non ha ancora capito se faceva parte di quel giro
– afferma di essere stato per trent’anni un maestro della massoneria
– sua moglie è un architetto e gli ha progettato una casa in stile italiano a Sydney, dove vive da 55 anni, o almeno, quando non è in giro per il mondo a camminare
Ora, io non so quanto di quello che ci ha raccontato sia vero (e l’alcool è arrivato dopo tutta la spiegazione), ma quello che ho visto mi ha colpito: un uomo che cerca di capire quale sia il suo posto nel mondo ancora a 74 anni, quali sono le sue radici, quanti sono ancora i km che ha ancora da percorrere nella sua vita (perché “abbiamo un corpo, se non lo usiamo per vedere il mondo a cosa serve?”).
Gliel’ho detto: sono orgoglioso di te. E dedicargli questo post mi sembrava il minimo.
Si parte per conoscere il mondo / si torna per conoscere se stessi / il confine è così labile / le speranze si assomigliano / non siamo che abitanti solamente.
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