Zucchero batte la pioggia e conquista l’Arena (racconto e scaletta)

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Foto: Andrea Giovannetti

L’attesa è stata lunga, interminabile, di quelle che si riservano alle grandi star internazionali, perchè Zucchero, ormai da diversi anni, questo è: l’artista italiano più conosciuto all’estero e più ricercato per le collaborazioni dal gotha della musica mondiale, da Bono a Brian May, passando per Eric Clapton e Mark Knopfler.
E dall’uscita dei biglietti, nell’ormai lontano 28 aprile 2015, a ieri sera, prima delle undici date record in Arena a Verona, è stata lunga far passare quasi un anno e mezzo.
Il ritorno sulle scene era talmente atteso che ad affollare l’Arena non ci sono solamente fan italiani, ma gente arrivata da mezza Europa: austriaci, belgi, olandesi, tedeschi, a confermare ancora una volta, qualora ce ne fosse bisogno, la popolarità internazionale del cantautore reggiano.

L’anfiteatro veronese si presenta in un’inedita versione multicolor: a causa dell’incessante pioggia che dal pomeriggio cade sulla città scaligera, infatti, tutti gli spettatori, tra mantelle e ombrelli, hanno colorato l’Arena, rendendo il colpo d’occhio ancora più particolare.
Pochi minuti dopo le nove si spengono le luci, e il boato accompagna la poesia d’introduzione al concerto, La solitudine, opera dei primi ’90 di Zucchero, Leo Ferrè e Gino Belli: “Io vengo da un’altra terra, da un altro paese, da un’altra solitudine. Tu non sei di queste parti, non parli agli argini, non parli ai matti e i cani ti abbaiano.”

Partono le prime note di Partigiano Reggiano, e nonostante l’acquazzione tutti scattano in piedi per ballare al tempo di musica e dare di nuovo il benvenuto a Zucchero, che torna a suonare dal vivo in Italia dopo più di tre anni: l’ultima volta, infatti, fu proprio in Arena il 29 luglio 2013 per la data di chiusura del tour de La sesion cubana.
Il palco è imponente e sovrastato dalle due batterie suonate da Adriano Molinari e Queen Cora Dunham. Sul lato destro svetta un “terrazzino” dove trovano posto i fiati: James Thompson (sax tenore, sax baritono, flauto, armonica), Lazaro Amauri Oviedo Dilout (tromba, flicorno, corno francese) e Carlos Minoso (trombone, tuba). A completare la band, mai come quest’anno proveniente da ogni parte del mondo, troviamo Polo Jones (direttore musicale, basso), Kat Dyson (chitarre, dobro, mandolino, bvs), Brian Auger (organo hammond C3),  Doug Pettibone (chitarra pedal steel, dobro, lap steel, banjo, chitarra), Nicola Peruch (tastiere), Mario Schilirò (chitarre), Andrea Whitt (violino, mandolino, chitarra pedal steel), e  Tonya Boyd Cannon (cori).

Il concerto segue lo stesso schema del fortunato tour di Chocabeck, ovvero una dietro l’altra, e (quasi) in rigoroso ordine di tracklist, vengono eseguite tutte le canzoni dell’ultimo disco, Black cat, (qui la nostra recensione track by track), per presentarlo al pubblico nella sua veste live.
Ben 12 pezzi, quindi, partendo appunto da Partigiano Reggiano e arrivando fino a Voci, passando per le splendide perle di quest’album, come Ci si arrende, Ten more days, Hey Lord e Terra incognita.
Nel salutare il pubblico Zucchero si diverte nell’essere quasi sorpreso di trovare lì tutti e 12.000 nonostante il temporale (“pensavo che con questa pioggia, una volta salito sul palco, mi sarei ritrovato da solo”), più volte ripete di essere profondamente dispiaciuto, e cerca di esorcizzare l’acqua che cade dal cielo cercando di fermarla dal basso, dalle viscere dell’inferno con la potenza del suo blues, la cosiddetta “musica del demonio”.

E allora chiuso il capitolo relativo a Black cat, si gira pagina e si aarriva al secondo capitolo del concerto, che si apre con ben 5 brani dal precedente album di inediti, Chocabeck (E’ un peccato morir, Vedo nero, Un soffio caldo, Il suono della domenica e la title track), inframezzati solamente da Baila (sexy thing).
Si continua a tornare indietro nel tempo, con L’urlo (Miserere, 1992) e due brani da Oro, incenso e birra: uno è l’immancabile Il mare impetuoso al tramonto…, mentre l’altro è una vera e propria perla, fantastica e struggente e colpevolmente finita troppo spesso in secondo piano in un album pieno di successi come quello da cui è tratto. Stiamo parlando di Iruben me, condita da due fantastici assoli di Kat Dyson e Mario Schilirò.
Totalmente a sorpresa, e a ben 16 anni dall’ultima volta in cui è stata eseguita live, Sugar decide di regalare al pubblico Eccetera eccetera, dall’album Bluesugar del 1998.
Madre dolcissima ci dà l’occasione di conoscere i membri della numerosa band e scherzando un po’ su con tutti gli artisti che ogni volta incensano i propri musicisti Zucchero sentenzia “probably one of the best band in Europe… che vuol dire tutto e niente”.
Ma lui ha ottimi motivi per poter affermare una cosa del genere, e per dimostrarlo al pubblico lascia il palco e dà l’opportunità alla band di mostrare il proprio valore e così, capitanati dalla “leggenda vivente” Brian Auger (Jimi Hendrix e Led Zeppelin tra le sue collaborazioni, tanto per citarne un paio), parte una serrata jam session fatta di groove e assoli, che va a concludere il secondo capitolo del concerto.

La terza parte è quella delle grandi hit, quelle immancabili in un concerto di Zucchero, e allora è la volta di Overdose (d’amore), Con le mani, Diamante, dedicata alla nonna, Così celeste, con un incredibile vocalizzo finale di Tonya Boyd Cannon, così potente da riuscire a fermare perfino la pioggia per qualche minuto. Per colpa di chi? è riarrangiata con un curioso finale country dominato dal violino di Andrea Whitt, bravissima polistrumentista, mentre Diavolo in me  va a chiudere due ore e quaranta di concerto serratissimo.
La band saluta ed esce dal palco, gli unici due a ritornare dopo la breve pausa sono Zucchero e Nicola Peruch al pianoforte.
La chiusura è affidata ad uno dei brani più d’atmosfera ed intensi della discografia del cantautore reggiano, ovvero Hai scelto me, piccola gemma tratta dall’album Blue’s del 1987.
E, quasi per dispetto, per aver celebrato un lungo rito a metà tra sacro e profano, sulle ultime note del concerto si scatena un altro forte temporale, che costringe il pubblico a tornare rapidamente verso macchine, case e hotel, bagnato ma felice per aver tenuto a battesimo la prima data di quello che sarà un lungo tour mondiale.

Si dice che la pioggia ai matrimoni porti bene, e allora possiamo affermare con certezza che in questo matrimonio di anime tra Zucchero e i 12.000 dell’Arena che imperterriti, per quasi tre ore e 33 brani hanno resisitito sotto l’acqua, cantando e ballando, l’amore è forte, saldo e durerà molto a lungo, e che questo sarà un grande tour.
Debutto bagnato, debutto fortunato.

Questa sera il secondo concerto (sold out), ospite il chitarrista giapponese Tomoyasu Hotei, che ha suonato la chitarra nella versione di Ti voglio sposare inserita nell’edizione nipponica dell’album.

Sono disponibili in prevendita sul circuito TicketOne e nei punti vendita abituali gli ultimi biglietti per assistere agli show del 20, 21, 26, 27 e 28 settembre, mentre sono già sold out le date del 17, 18, 23, 24 e 25 settembre.

Questa la scaletta:

Capitolo uno
1. Partigiano reggiano
2. 13 buone ragioni
3. Ti voglio sposare
4. Ci si arrende
5. Ten more days
6. L’anno dell’amore
7. Hey Lord
8. Fatti di sogni
9. La tortura della Luna
10. Love again
11. Terra incognita
12. Voci

Capitolo due
13. E’ un peccato morir
14. Vedo nero
15. Baila (sexy thing)
16. Un soffio caldo
17. Il suono della domenica
18. Chocabeck
19. L’urlo
20. Il mare impetuoso al tramonto salì sulla Luna e dietro una tendina di stelle…
21. Iruben me
22. Eccetera eccetera
23. Madre dolcissima
24. Band’s jam session

Capitolo tre
25. Overdose (d’amore)
26. Con le mani
27. Solo una sana e consapevole libidine salva il giovane dallo stress e dall’Azione Cattolica
28. Il volo
29. Diamante
30. Così celeste
31. Per colpa di chi?
32. Diavolo in me

Bis
33. Hai scelto me

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