Gabriele Ciampi: il talento italiano che ha conquistato l’America

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Il Maestro Gabriele Ciampi rappresenta pienamente ciò che un tempo veniva definito “il sogno americano”. Perché Gabriele, compositore e maestro d’orchestra, nato a Roma 40 anni fa, non solo ha sfatato il mito che la musica classica possa essere solo per pochi eletti, ma ha portato il suo talento oltre oceano, fino alla Casa Bianca, incantando la famiglia Obama e i Clinton. Un vita iniziata nella musica, lavorando per 10 anni nell’impresa di pianoforti di famiglia, per poi iniziare a comporre studiando al Conservatorio di Santa Cecilia di Roma. Da lì, il suo sogno ha iniziato a prendere forma in modo sempre più chiaro, seguendo il consiglio di una ragazza coreana naturalizzata americana, che poi è diventata sua moglie: andare a studiare in California. Il resto, ormai, è storia: il 23 dicembre 2012, il pianista della Casa Bianca, David Osborne, suona due composizioni di Ciampi, e il suo talento conquista il cuore degli americani. Su invito della First Lady Michelle, un anno fa si è esibito alla Casa Bianca per la famiglia del Presidente Obama – primo compositore italiano a dirigere la propria musica alla “White House” per il “White House for Holidays”.

Il Maestro Ciampi  ha ricevuto grandi consensi anche da Hillary Clinton in una appassionata lettera in piena campagna elettorale per le presidenziali: “Sono stata felice di ricevere il suo lavoro e, particolarmente, lieta di apprendere tutti i successi ottenuti in America. Ha il mio sostegno per continuare su questa strada”.

Lo scorso 28 ottobre è stato pubblicato In dreams Awake, il nuovo lavoro del Maestro, che, racconta,  “rappresenta questa fase della mia vita artistica in cui inizio a toccare con mano sogni in fase di realizzazione”. Un disco armonioso, che si lascia ascoltare creando un grande trasporto emotivo. In occasione di questa nuova pubblicazione e del concerto evento all’Auditorium Parco della Musica di Roma che si terrà a Capodanno, abbiamo scambiato due chiacchiere con il Maestro Ciampi, che ci ha raccontato meglio il suo lavoro e come la musica classica sia davvero un patrimonio di tutti.

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Lei ha dichiarato, in relazione al titolo del disco, In dreams awake”, che “Sveglio nei sogni” rappresenta questa fase della mia vita artistica in  cui inizio a toccare con mano sogni in fase di realizzazione”. Ci spieghi meglio, cosa significa per Lei questa consapevolezza?
Con In Dreams Awake continua e viene sviluppata la mia idea di scrivere musica con l’essenziale, idea che è stata alla base del mio primo progetto discografico The Minimalist Evolution. Scrivere musica con il materiale essenziale e trasmettere un messaggio con poche note è al cosa più difficile per un compositore, ci vuole un istante per scrivere tante note sullo spartito ma ci vogliono giorni, settimane e mesi per decidere quali note eliminare. Questa idea di “Essenziale” viene poi estremizzata con l’Adagio per Clarinetto scritto per uno strumento Solo.
Il titolo dell’album trae ispirazione dai versi del grande scrittore  Henry David Thoreau, che ci ricorda l’importanza per un artista dell’ autenticità, semplicità e disobbedienza alle regole della propria opera.
In Dreams Awake rappresenta anche il sogno che si realizza e invito tutti gli artisti indipendenti a credere nel proprio lavoro, senza scendere a compromessi solo per avere un po’ di visibilità. L’originalità dell’opera è alla base di ogni arte e per essere originali bisogna partire dal passato per costruire il proprio futuro, senza adeguarsi alle esigenze di mercato.
La consapevolezza di aver in parte realizzato il mio sogno l’ho avuta nel momento in cui ho varcato la soglia della Casa Bianca, nel momento in cui ho messo piede nel famoso foyer in cui Ronald Regan danzò con la principessa Diana: dico in parte perché vorrei realizzare il sogno italiano…

Lei è riuscito a sdoganare la musica classica dal tabù che la vede come un genere per pochi. Crede ci sia un nuovo corso per questo genere di musica?
No non credo, forse ci sarà un ritorno al passato in cui la musica classica era la musica per eccellenza e per tutti: questa idea di Elite è totalmente sbagliata basti pensare al fatto che un concerto di Rachmaninoff coinvolge e riesce ad appassionare allo stesso tempo 3 generazioni diverse, quindi i confini li abbiamo messi noi e tutti insieme (specialmente noi artisti legati al classicismo) dobbiamo abbattere questo muro, che vede ancora la musica classica come un genere per pochi.
Allo stesso tempo l’errore da evitare sarebbe sfruttare la musica classica per promuovere e diffondere la propria musica e quindi farsi pubblicità e diventare un fenomeno di marketing: si può avvicinare il pubblico al classicismo anche scrivendo musica originale in età contemporanea, sono fondamentali le idee e i contenuti: per questo motivo sono fortemente critico nei confronti di chi utilizza i grandi nomi di compositori del passato, che oggi fanno parte della storia della musica, per promuovere il proprio progetto artistico…progetto privo di originalità, dalle poche idee e molto confuse.
Fortunatamente ci sono degli ottimi segnali di apertura che arrivano dalle grandi istituzioni classiche italiane e dall’ambiente Accademico: ad esempio l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia ha promosso iniziative musicali presso l’aeroporto di Roma; nel mio caso specifico I pomeriggi Musicali di Milano mi hanno invitato lo scorso anno dandomi l’opportunità di dirigere la mia musica insieme a loro, direi quindi segnali importanti di cambiamento che fanno ben sperare per il futuro.
Lei parte dal classicismo, quindi da un terreno forte e consolidato, per poi personalizzarlo a suo modo. Come ha trovato il suo metodo compositivo?
Non credo alle “musi e ispiratrici”, la genesi di un brano è un processo molto complesso: personalmente attraverso la musica cerco di raccontare qualcosa di me, del mio modo di essere e dello sensazioni che provo in un determinato momento. Il disequilibrio interiore è alla base del processo creativo, vivere in una realtà che non è la mia e lontano dalle mie origini crea una sensazione di disagio costante che però allo stesso tempo facilita la produzione artistica. Ogni singola idea appuntata su uno spartito può essere la scintilla che genera il fuoco…la nascita di un nuovo brano appunto.
Non sono totalmente contrario alla tecnologia a supporto dell’artista, basta saperla dosare e non sostituirla alla mente umana. Insisto con la mia idea che il compositore debba scrivere con carta e matita, le idee devono nascere al pianoforte (che è l’unico strumento che racchiude tutta l’orchestra): poi con il computer si possono trascrivere parti per i musicisti (e questo ha velocizzato notevolmente il nostro lavoro). Ripeto non sono totalmente contrario alla tecnologia sono soltanto convinto che non si possono usare dei suoni elttrronici che riproducono (anche se in maniera non ottimale) l’orchestra e creare una Sonata, un Trio, oppure un brano sinfonico: serve un lavoro su carta e le idee nascono nella testa. Rispetto chi ha una predisposizione per i Virtual Instrument ma parliamo di arrangiatori e orchestratoti, sicuramente non possiamo parlare di compositori contemporanei.
Nel 2011 ha creato un’orchestra (che ha suonato anche i brani del suo ultimo disco), composta da 30 giovani elementi, la CentOrchestra. Cosa significa per Lei lavorare con ragazzi così giovani? Oggi l’orchestra è formata da 40 giovani musicisti, molto motivati e dalle grandi potenzialità. Lavorare con dei giovani crea molto entusiasmo, ovviamente ci sono delle difficoltà da superare (non soltanto tecniche) anche se questi ragazzi dimostrano ogni volta di meritare una carriera artistica lunga e di livello per comportamento e professionalità. L’errore che spesso viene commesso è giudicare i miei musicisti da un punto visto tecnico secondo i ruoli che ricevono da me all’interno dell’orchestra: noi suoniamo esclusivamente musica mia originale quindi non è detto ad esempio che un bravissimo e virtuoso violinista che esegua al meglio un compositore del passato sia poi adatto alla mia musica…la mia ricerca è per l’essenziale e quindi poche note ma d’impatto: questo chiedo ad un musicista, il solo virtuosismo tecnico è poco rilevante per questo tipo di progetto. Sono molto contento di tornare all’Auditorium Parco della Musica di Roma il prossimo 1 gennaio 2017 (per la quarta volta consecutiva) proprio con la mia CentOrchestra, in un momento artisticamente rilevante come la presentazione di questo mio ultimo progetto discografico. Durante il concerto presenteremo un brano che ho dedicato a Papa Francesco e saranno 2 giovani musicisti della mia orchestra ad eseguirlo: sono felice di poter dare loro questa possibilità; personalmente sono molto legato a questo brano.
La difficoltà maggiore a volte è quella di tenere unito un gruppo con poco tempo a disposizione, ci vediamo e proviamo poco…quindi bisogna concentrare al massimo le energie per trasmettere una emozione al pubblico: non abbiamo la possibilità di provare tutti i giorni, prima di un concerto facciamo una prova sola…troppo poco ma fortunatamente ci conosciamo, loro sanno cosa voglio sentire dal podio e come devono preparare un concerto (soprattutto da un punto di vista mentale).

Nel Suo ultimo lavoro c’è una traccia molto speciale, “Michelle”, un omaggio per la first lady americana. Com’è nato questo brano?
Michelle Obama mi ha concesso una grande opportunità invitandomi ad esibirmi per il White House for Holiday lo scorso 8 dicembre. Questa data è una data importante per la Casa Bianca, iniziano le decorazioni natalizie con un grande ricevimento per Ambasciatori, Politici e amici della famiglia Presidenziale. Ho avuto anche la fortuna di essere stato il primo compositore italiano scelto per esibirsi nel foyer della Casa Bianca proponendo un repertorio di musica originale.
Inoltre da First Lady, specialmente in questi ultimi 4 anni, ha dato dato grande risalto alle arti a alla musica, considerandola l’unica arte in grado di unire diverse culture. Una donna straordinaria che, indipendentemente dal risultato elettorale del prossimo 8 novembre, rimarrà per sempre nel cuore degli americani.
Da parte mia era doverosa una risposta e il mio unico linguaggio è la musica, quindi ho deciso di scrivere e dedicare a lei questo brano che è stato eseguito varie volte durante il concerto alla Casa Bianca: ricordo ancora quando lo abbiamo eseguito 2 volte di seguito, finita la prima a esecuzione lo staff presidenziale si è avvicinato al podio e mi ha chiesto di dirigerlo ancora, creando non poco caos nell’orchestra pronta ad eseguire il brano successivo…dopo momenti di “panico” siamo riusciti a capire la volontà della First Lady che in realtà lo voleva ascoltare come bis finale…invece noi abbiamo anticipato il bis!

“Preludio per Two Cellos” è dedicata, invece,  a Papa Francesco. Che rapporto ha con la religione?
Io sono credente ma questo brano va oltre la religione. Papa Francesco ha trasmesso un messaggio di Misericordia e speranza per tutti con la sua personalità, l’essere uomo e non soltanto uomo di chiesa. Il brano dedicato a Papa Francesco , Preludio per due Violoncelli, è in accordo e sintonia con il suo operato. Lui ama l’essenziale e il mio brano si lega molto al messaggio legato a quest’ultimo Giubileo della Misericordia. E’ un dialogo tra i due strumenti che, grazie all’utilizzo dei diversi registri del violoncello, mette in risalto due diverse sonorità: quella più misteriosa del registro grave e quella melodica, dolce e profonda del registro medio-acuto. In un momento storico difficile questo brano vuole essere un messaggio di speranza per il futuro, scritto per lo strumento dalla sonorità dolce e allo stesso tempo potente per eccellenza: il violoncello
Da un punto di vista umano Papa Francesco è molto popolare sia in Europa che in America per la sua grande apertura mentale: un Papa che ha capito per primo che i tempi sono cambiati e che più volte ha invitato i Cristiani a prendere esempio da altre religioni. Un esempio quindi di grande modernità.

L’America Le ha dato molto, in quanto a gratificazioni personali e professionali. C’è qualcosa che Le manca dell’Italia?
Ogni giorno mi mancano tante cose, l’Italia è il mio Paese quindi è giusto che sia così. Come più volte ho detto non mi reputo assolutamente un cervello in fuga, semmai un cervello “in prestito”…spero un giorno di tornare in Italia e poter dare nel mio piccolo un contributo dal punto di visto artistico.
Sicuramente l’Italia da un punto di vista qualitativo offre molto e gli Stati Uniti non hanno nulla in più del nostro Bel Paese da un punto di vista artistico. L’Europa (in particolare l’Italia) ha grandissimi musicisti che studiano nei Conservatori e nelle Accademie per 10 anni, 8-10 ore al giorno e che quindi hanno un solido background. In America si improvvisa di più, si pensa subito alla vita lavorativa e lo studio si riduce al minimo: io sono stato fortunato ad aver avuto l’opportunità di studiare in entrambi i continenti, le 2 scuole (tradizionale italiana e moderna americana) mi hanno arricchito e mi hanno permesso di sperimentare tanto alla ricerca dell’essenziale
Più passano i mesi e più mi rendo conto che noi italiani abbiamo una grande forza, siamo creativi e abbiamo grandi idee da poter realizzare: dobbiamo credere di più in noi stessi, sognare di più per poi realizzare quel sogno.
Dal punto di vista artistico per me il sogno si è realizzato nel momento in cui sono entrato alla Casa Bianca, nel momento in cui è arrivata la lettera di Michelle Obama e nel momento in cui ho toccato la porta dello Studio Ovale: quel momento per un artista è intramontabile, una grande esperienza dopo 4 anni di duro lavoro che mi ha dato la forza di continuare a crederci. Ora vorrei realizzare il sogno italiano, ci credo e sono convinto che si possono avere grandi soddisfazioni nel nostro Paese.

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