Mai come ora siamo invasi dalla musica. Se si fa un parallelo con gli anni 70, 80 e 90 non c’è paragone rispetto alla mole di prodotti musicali che vengono realizzati e pubblicati oggi.
Non si riece neanche concretamente a tenerne il conto, che si tratti di dischi fisici (cd, vinile) o metafisici (mp3). Ironia della sorte, però, tutto questo accade nel momento peggiore per la “discografia”.
Il primo aspetto da chiarire è capire quanta musica viene realizzata e messa in circolo, e quanta realmente arriva alle persone. Per fare questo ragioniamo su quali sono i canali di distribuzione: le case discografiche, che comprendono major e indipendenti, le distribuzioni che si occupano anche di piccole produzioni, e il web.
Un tempo le major assorbivano la percentuale maggiore del mercato e investivano su nuovi artisti, ruolo nel tempo allargato anche a una miriade di etichette indipendenti più o meno grandi.
Fino a che il supporto fisico è stato l’unico veicolo di diffusione della musica, le etichette potevano prosperare insieme ai loro artisti e non temere particolarmente per la propria sopravvivenza, poi l’immissione sul mercato dei masterizzatori ha assestato il primo colpo, perchè la pirateria (sia organizzata che privata) ha messo in crisi il sistema di una corazzata che sembrava invincibile.
Il colpo mortale al settore è però arrivato dal web. L’invenzione dell’mp3 e l’assenza di una regolamentazione che ne impedisse l’uso improprio, ha messo la parola fine a quel mondo, o comunque alle sue certezze.
Oggi, inutile negarlo, siamo tutti un po pirati, e chi ne fa le spese è soprattutto chi crea musica, più che le major, che nel frattempo si sono riconvertite in alter cose (la Virgin Records che fece la propria fortuna con Tubular Bells di Mike Oldfield, oggi è presente anche nei seguenti mercati: Bevande, Compagnie Aeree, Treni, Servizi Finanziari, Giochi per Computer, Internet, TV via cavo, Telefonia mobile).
Ora, si diceva che comunque, mai come oggi si assiste alla pubblicazione una quantità impressionante di album, singoli ed EP sul mercato.
Ma quale mercato?????!!!! E soprattutto oggi “fare il musicista” permette di campare?
Il vero problema in effetti è la tutela dei diritti di chi compone.
Fino a quando la discografia tradizionale ha funzionato, un musicista poteva vivere delle royalties (ovvero delle prcentuali sulle vendite) che gli riconosceva la propria casa discografica, alle quali andavano aggiunti i compensi che arrivavano dalla SIAE (derivati dall’utilizzo della sua musica), diritti riconosciuti sulle pubblicazioni (cd, vinili, etc.) e nel momento in cui il brano veniva eseguito in uno spettacolo o passato per radio e tv; poi c’erano i concerti.
In questo senso esistevano un sistema e una tracciabilità che funzionavano e permettevano a un musicista di vivere del proprio lavoro.
Oggi tutto questo non esiste più, di cd se ne vendono sempre meno, e la musica si scarica puntualmente gratis, per non parlare della difficoltà di proporsi dal vivo. A questo punto è indispensabile fare una distinzione tra chi è artista affermato e consolidato e riempie stadi e rotocalchi, rispetto a chi oggi si mettesse in strada per coronare il proprio sogno pentagrammato.
Innovazioni tecnologiche, miopia strategica, crisi economica, mancanza di una legislazione a tutela della musica, tutti questi sono elementi concreti, che portano a una risposta certa: oggi fare il musicista a tempo pieno è molto difficile!
Però credo sia giusto fare una riflessione anche su quello che rappresentava la musica nei sopracitati 70, 80 e 90 e che posto occupa oggi nella classifica dei “bisogni” della gente.
La musica nel trentennio menzionato, era un ingrediente importante della vita di una persona, esisteva un approccio quasi religioso nei confronti dell’uscita di un disco. Gli si dedicava una parte importante della propria vita, prestando attenzione alla grafica della copertina, ai testi, e ritagliandosi un momento per dedicarsi al suo ascolto, un po’ come si continua a fare per i libri. Esisteva ancora il concetto di “album” che sempre di più sta scomparendo. Sì, la musica era un elemento importante per quelle generazioni, e la si viveva sul campo andando a cercare le cose nuove, e frequentando i luoghi dove si suonava dal vivo anche se non si sapeva niente del musicista in cartellone, una curiosità intellettuale che aveva molto il sapore di cibo per l’anima.
Beh, capisco che i tempi cambino, ma non è detto che sia sempre in meglio, e per questo il mio invito è quello di provare ad “ascoltare” in modo nuovo (e antico), ma ascoltare per davvero, oltre che fare della musica un piacevole sottofondo mentre si fa footing o spesa al supermercato.
“Chi salverà la musica?”: la risposta è che possiamo essere solo noi.
In questo spazio voglio consigliarvi come sempre un disco vecchio e uno nuovo, accompagnato solo dal titolo e dalla data d’uscita, senza nessun tipo di recensione o parere personale, perché come diceva Frank: “Parlare di musica è come danzare di architettura”
https://www.youtube.com/watch?v=09iNZODJEMo
https://www.youtube.com/watch?x-yt-ts=1422503916&x-yt-cl=85027636&v=m5Ov6estbYA#t=29