Il vero volto di Gazzelle

0
Foto di Danilo D'Auria

Prima personalissima esperienza al Monk Club che pian piano sta diventando un’istituzione ricoprendo il ruolo che una volta ricopriva il compianto (ahimè) Circolo Degli Artisti.

Che dire, non male!
Non sono arrivato al concerto con lo spirito leggerissimo: le aspettative altissime dopo il singolo Quella te con cui ancora mi ci flippo sono state deluse da un album senza infamia e senza lode, l’ansia paranoide da aver sbagliato qualcosa nella registrazione al circolo e soprattutto la temutissima presenza di una ragazza facente parte del mio recente passato e sulla quale ancora non son riuscito a passar sopra.
E considerando il “leit motiv” delle canzoni di Gazzelle, non proprio adatte ad una situazione simile le mie aspettative per la serata erano essenzialmente riassumibili in quest’immagine:

Con una birra in pugno osservo da lontano l’apertura di Giuseppe Catanzaro che fa affezionare il pubblico con quattro pezzi forse non interessantissimi ma senza dubbio molto gradevoli e che hanno fatto gridare il pubblico, Dylan Dog probabilmente la migliore ma passerò i prossimi giorni a canticchiare Limonarsi, la mia bocca si spalma sulla tua and so on nel peggiore delirio nostalgico preadolescenziale.

Ma veniamo al pezzo forte.
Sarà che l’anonimato (o quasi) è una mania di questi che si chiamano con nomi di animali (prima Gorillaz e adesso Gazzelle) ma l’alone di mistero intorno al personaggio ha stimolato non poco la curiosità di molti dei presenti, al punto da credere che il tecnico dei microfoni fosse lui sotto mentite spoglie. Ovviamente no.
Ma se il suo volto era più o meno inaspettato beh, sapevo benissimo cosa aspettarmi: taaanto synthpop, canzoni simili tra di loro, drink e divanetto mentre canticchio qualche ritornello e un’atmosfera quantomai soffusa e lounge. Ovviamente no.
Sin dalla prima canzone infatti Flavio decide di stravolgere la concezione e di farci ballare: Balena è un concentrato di energia non indifferente che catalizza subito l’attenzione mentre snocciola il brevissimo repertorio sapientemente non facendo né pesare l’esiguo numero di canzoni, né dando mai l’idea neanche per un istante di stare allungando inverosimilmente il brodo.

Sta sul palco, si diverte, fa divertire, stop.
Questa data zero si è rivelata una festa tra amici, gli amici di Gazzelle che continueranno a seguirlo e gli amici di Flavio tutti sottopalco a sostenere il loro compagno prima dell’imminente tour: tutto perfettamente coerente con lo stile con cui riesce a far breccia, senza artifici, senza complessità, le sue canzoni delicate arrivano direttamente al destinatario cantando come si parlerebbe ad un amico, facilitando l’immedesimazione e annullando la distanza tra il cantante e lo spettatore.
Ed è proprio quest’aria di tranquillità e amicizia che poi dà spago a diversi siparietti interessanti tra sfottò al cantante e reggiseni, perizomi, pellicciotti e fenicotteri lanciati sul palco come se avessimo davanti una rockstar.

https://www.facebook.com/macistedischimusicaforzuta/videos/967921800005611/

A proposito di rockstar, si non ci crederete ma si, si è pogato: DIAMINE SE SI È POGATO.
Il climax si è consumato su Démodé e Meltin pot dove più persone hanno temuto per l’integrità della propria schiena mentre si veniva sballottati contro la “transenna” per poi esser riassorbiti dalla risacca umana, infuocando definitivamente una serata che probabilmente non ha visto nascere la Next Big Thing ma che sicuramente è un ottimo punto di partenza per un ragazzo che ha tutto il tempo per maturare e riuscire a mettere qualcosa di nuovo sul piatto.
Molto carino anche l’encore in cui ha rieseguito Non sei tu accompagnato solo dalla chitarra in una versione molto più fedele all’album per poi concludere replicando il delirio di Meltin pot.
Al ritorno sorrido soddisfatto, la serata ha ribaltato ogni previsione negativa e rende obbligatorio consigliare di andare alle date dell’artista durante il suo tour, ovviamente dopo aver fatto tabula rasa di preconcetti e aspettative: bisogna fidarsi di Flavio e farsi raccontare dell’estate del 2003del suo volersi buttare, di Greta che non si dovrà mai innamorare, delle discoteche che ormai non frequenta più e poi chiedersi se ci si ricorda dello Zucchero filato.

Continuo a sorridere soddisfatto mentre mi faccio strada tra la gente, la vedo lì, la ragazza che citavo prima è lì tra la folla, un cenno al volo, un saluto e siamo di nuovo su binari differenti.
Allora capisco il significato di “quella te che mi sconvolge ancora il sabato mattina”.

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci qui il tuo nome