Lo “straniero” Davide Shorty ci porta nel suo mondo musicale

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Se mi avete un pò seguito nei miei articoli avrete capito che sono il classico rompiscatole musicale, purtroppo tendo a non andare d’accordo con il mainstream, ma non perché ce l’abbia con la radio o la discografia, ma semplicemente perché credo che troppo spesso si tendano a nascondere talenti incredibili che meriterebbero vetrine importantissime. Spesso a questi talenti è proprio la tv a dare un opportunità, e così lo scorso anno, girando i canali mi sono imbattuto nei provini di XFactor, dove, proprio in quell’istante, tale Davide si esibiva per guadagnarsi l’accesso alla fase principale del programma, il mio primo commento in perfetto slang romano fu “hai capito er capellone che voce!” ma non finì di stupirmi perché quando  intervistato al termine della sua esibizione, a chi gli chiedeva come mai fosse emigrato a Londra, lui rispose «perché in Italia, quando rispondi che fai musica per mestiere si mettono a ridere e ti chiedono cosa fai davvero». Bingo! La curiosità a quel punto fu troppa e decisi di vedere cosa sarebbe successo in quel percorso televisivo, se quella grande voce con un flow ed uno stile black inconfondibile sarebbe stata plasmata al volere del grande pubblico o se avrebbe mantenuto quello stile incredibile magari dando un assaggio ai più di quante emozioni questo stile possa dare. Davide andò avanti passo passo nella competizione sostenuto alla grande dal suo giudice (Elio ndr) e mantenendo la sua vena black in ogni esibizione fino ad arrivare alla produzione di un fantastico brano inedito dal titolo Soul Trigger  grazie anche al quale riuscì a classificarsi al terzo posto finale.

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Quello fu il trampolino e Davide Shorty non ha mai perso il suo inconfondibile stile. Una carriera da solista ed un progetto di gruppo importantissimo come quello dei Retrospectcive for Love sono perle importantissime. Il 24 febbraio è uscito Straniero il suo primo album solista che ho avuto il privilegio di ascoltare in anteprima e recensire proprio per voi amici di Spettakolo e sono rimasto davvero colpito per la sonorità e la bellezza di un disco che consiglierei di ascoltare a qualsiasi amante della buona musica. Per questo ho deciso di contattare Shorty, impegnatissimo nella promozione dell’album, e con lui immaginare di essere seduti uno di fronte all’altro con accanto un giradischi… ne è venuta fuori questa bella chiacchierata.

Dai Davide, da ottimo intenditore di musica quale sei ti chiedo; cominciamo questa intervista mettendo virtualmente su un vinile della tua collezione, con che pezzo inizieresti?
Ciao! Direi di iniziare da un classico. Metterei su un pò di buon jazz. Kind of Blue, Miles Davis, quindi opening track, So What.

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Wow, ottima scelta! Parliamo un po’ di te, come si è arrivati allo Shorty di adesso, ovvero, musicalmente cosa ha maggiormente influenzato la tua crescita e formazione artistica?
Sono partito dall’hip hop quand’ero poco più che un adolescente con le sue classiche crisi, non facevo altro che fare freestyle e scrivere rime, ma sicuramente l’aver iniziato a fare i miei beats, quindi la ricerca di musica da campionare, mi ha fatto scoprire tanti dischi e generi, conoscere ed appassionare al funk, al soul e al jazz, ed ultimamente persino all’afrobeat. Sono passato dall’essere un rapper / beatmaker all’esigenza di cantare, e la melodia era diventata proprio un bisogno fisico. Essermi trasferito a Londra 7 anni fa mi ha dato la possibilità di aprire la testa a nuovi mondi musicali, ma soprattutto alla celebrazione delle differenze culturali, in un luogo che difficilmente ti giudica per le tue scelte e per quello che sei, “as long as you’ve got respect”. Ho fatto parte di un collettivo Dubstep, fatto l’MC nei peggiori club e suonato in duo chitarra e voce in hotel a cinque stelle, ho fatto anche un sacco di matrimoni e negli ultimi anni, dopo aver finito l’università ho insegnato musica ai bambini, e quest’ultima esperienza é stata davvero life-changing. Ti rendi conto di quanto la creatività stimoli positivamente gli esseri umani, e di quanto sia insita e fondamentale nel nostro essere. Sono tutti motivi che mi hanno portato ad abbracciare la musica in ogni sua forma, ad esempio ultimamente ho riscoperto i grandi cantautori Italiani che mio papà mi faceva ascoltare da piccolo. Riscoprirli con la consapevolezza di oggi mi ha regalato un bellissimo viaggio e tanta ispirazione da cui é anche nato un album.

Hai partecipato ad un talent come X Factor mantenendo sempre forte la tua identità vocale e sonora, non avevi paura che il mainstream potesse in qualche maniera costringerti a modificare le tue attitudini alla musica?
Quando ho deciso di partecipare l’ho fatto per gioco, e più che coraggio il fatto di non cambiare era una questione di sopravvivenza.  Volevo solo allargare il mio pubblico e poter campare della mia musica; non dico di esserci riuscito, ma in quest’ultimo anno ho visto tanti palchi. Sono molto grato alle persone che mi hanno supportato, la condivisione é fondamentale. Oltretutto la fortuna ci ha messo la sua, perché avere Elio come giudice, è stato preziosissimo; lui è una persona cristallina e mi ha lasciato totalmente libero. L’ambiente che ho trovato li dentro aveva una grande armonia per assurdo, si sono creati davvero tanti legami. Poi certo se mi chiedi se avevessi  paura, ti rispondo che i demoni ce li abbiamo tutti, ma vanno sempre affrontati, altrimenti si rischia di impazzire.

Però, sempre legato al discorso precedente, talvolta le leggi del mercato musicale ci portano in direzioni più adatte al gusto comune piuttosto che a quello che realmente siamo e vorremmo essere, questa sorta di trasformismo è un compromesso accettabile a tuo parere per un artista? (nota a margine per chiarire meglio il mio concetto che è estremamente legato ad un gusto personale che faccio da amante delle “voci black” come può essere un Tiziano Ferro, nato con la cover di Did you ever think di R Kelly riscuotendo un grandissimo successo e con una voce incredibilmente fatta per l’R&B, ma che per volere nazionale canta le solite ballad d’amore strazianti che lasciano a mio parere l’Italia inchiodata sempre allo stesso punto musicale).
Credo la risposta alla tua domanda sia abbastanza ovvia, anche se gli addetti ai lavori, per convenienza, rifiutano di vederla, e si tratta dell’educazione. In Italia la musica é diventata un semplice contorno, deve essere di facile ascolto ed é estremamente legata all’immagine ed al personaggio. La musica è musica! Dietro ci deve essere studio, rispetto e disciplina, per chi la fa e per chi l’ascolta, e tutto ciò andrebbe insegnato.Io credo che nelle scuole non ci sia abbastanza musica, ed arte in generale non ci siano grandi stimoli a creare, anzi addirittura troppo spesso c’è il malcostume che chi crea diventa zimbello per qualche motivo…e questo è assurdo! Come può essere che in Italia siamo fermi ed in Inghilterra ci siano voci e teste come James Blake che scalano le classifiche? Perché il potenziale Italiano viene banalizzato? Per quello che vedo, mi sembra che gli Italiani non solo non siano abbastanza educati musicalmente per poter capire taluni potenziali, ma tristemente non ne hanno proprio più voglia, nella loro maggioranza. Siamo il paese di Tenco, De André, Battisti, Dalla e Pino Daniele e i nostri giovani mitizzano Fabio Rovazzi e Fedez, perché hanno poca alternativa, e quest’alternativa non é abbastanza esposta, non ha abbastanza spazio per poter essere compresa da tutti. D’altro canto, e fortunatamente, a bilanciare ci sono persone come Daniele Silvestri, Niccolò Fabi, Max Gazzé, che hanno evoluto la tradizione per anni, o per citarne qualcuno più giovane Salmo o Levante… che per quanto mi riguarda sono davvero artisti di calibro.

Sono d’accordo anche con le virgole del tuo discorso, la vedo alla tua stessa identica maniera, comunque prima di continuare cambiamo vimile da ascoltare, stavolta l’album lo scelgo io perché so che condividiamo l’amore per questo gioiello ovvero  “The miseducation of Lauryn Hill”  lascio a te la scelta del pezzo…
Certo se mettiamo questo disco bisogna metterlo dall’inizio. Lost Ones baby!

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Great! Davide, tu da X Factor hai tirato fuori un piccolo capolavoro a mio parere, ovvero “My Soul Trigger”, pensi a posteriori che sia stato un azzardo puntare su una sonorità così di nicchia oppure questo singolo ti ha dato il successo che ti aspettavi?
Commercialmente parlando probabilmente é stato un azzardo. Ma visto che non faccio il business man, ma il musicista non mi interessava più di tanto. Il vero successo per me é fare la mia musica. My Soul Trigger forse aveva delle sonorità nuove per un artista italiano, ma paradossalmente le stesse sonorità “nuove” gli italiani le cercano in artisti stranieri. Questo é puro bigottismo a mio parare. Certamente però non mi aspettavo che cambiassero da un giorno all’altro.

 C’è un pezzo della tua storia al quale sei particolarmente legato? e se si perchè?
Dipende da cosa intendi per “pezzo”.

Diamogli un doppio significato allora, intendiamo come parte della tua storia personale e sia sotto un aspetto musicale…
Se si parla di frammento della mia storia, allora ti direi il mio terzo anno a Londra, quando ho iniziato a suonare in giro con i Retrospective For Love. Se parliamo invece di pezzo in quanto canzone o brano, ce ne sono fin troppi. Come mia canzone sono particolarmente legato a Read Into You dei Retrospective For Love, perché ricordo una sensazione di liberazione profonda, provata per la prima volta con quell’intensità dopo che lo finii di scrivere. Tutt’ora é uno dei miei preferiti a cantare. Mentre altrui, A Change Is Gonna Come di Sam Cooke o I Love You More Than You’ll Ever Know di Donny Hathaway. Entrambi mi commuovono immensamente, e li lego a tanti ricordi. Ti dirò… ne aggiungo un altro: Blue In Green di Miles Davis, tratto dal vinile che abbiamo ascoltato all’inizio di quest’intervista. Probabilmente uno dei brani più belli mai stati scritti.

Tutte canzoni di altissimo livello che a mio parere dovrebbe conoscere chiunque dice di amare la buona muscia! Comunque, prima di parlare nello specifico di Straniero il tuo album uscito il 24 febbraio, vorrei partire da una frase che probabilmente si ricollega al titolo del disco (correggimi ovviamente se sbaglio) «Sono andato via dall’Italia perché quando dici che fai il musicista ti chiedono cosa fai davvero», anche se comunque ne hai fatto accenno prima parlandoci della tua esperienza inglese, qual è secondo te  la vera differenza tra fare musica in Italia o all’estero in generale.
Qui rischio di ripetermi. Le differenze sono la consapevolezza, l’educazione, l’intenzione… ovviamente poi dipende dove, all’estero. Tutt’oggi ci sono posti in medio oriente dove rischi la condanna a morte se la tua musica é considerata minacciosa per il governo. Mi sento molto fortunato. Vivo in Inghilterra e sono libero. Ecco, la totale libertà… quella mi mancava tanto in Italia.

Un acquirente che  ascolta per la prima volta il vinile di Straniero cosa deve aspettarsi ad accompagnare il dolce suono della puntina? (Ovviamente straniero non è disponibile solo in vinile ma ho voluto dare un tono romantico a questa domanda da grande amante del giradischi quale sono).
Wow, bella domanda. Sappi che io mi sono divertito tanto a scriverlo e a produrlo, e che i ragazzi che hanno suonato si sono spaccati di lavoro e divertiti tanto quanto me. Gli strumenti li abbiamo registrarti in tre giorni, e le voci in quattro. Spero quindi che la reazione di chi ascolta straniero sia che la tua testa si muova a tempo trascinato dal ritmo e dalle note.

Collaborazioni importanti, a partire da Daniele Silvestri in Fenomeno a Tormento che per molti amanti della musica rap italiana rappresenta una voce storica che troviamo in Fare a Meno, come sono nati questi feat?
Non dimentichiamoci dei miei amici ThrowBack, la grandissima neo soul band Romana da cui ho rubato il bassista, Emanuele Triglia, che oltre a suonare il basso in tutto il disco ha anche prodotto Ci Amo, e del mio concittadino, vero peso massimo dell’hip hop Italiano, il rapper Johnny Marsiglia. Comunque, tutte le collaborazioni sono davvero sentite e nate prima dall’amicizia. Con Torme ne parlavamo da anni, é sempre stato un mio piccolo sogno nel cassetto collaborare con lui. Quando ci siamo conosciuti avevo circa 18 anni e lui suonava a TRL a Palermo. Mi riconobbe e mi disse che il mio disco dell’epoca gli era piaciuto tantissimo, e da li siamo sempre rimasti in contatto. Qualche mese fa l’ho portato nella mia città per un piccolo concerto e dopo averlo fatto mangiare tantissimo l’ho chiuso un pomeriggio in studio con me e Claudio Guarcello (l’uomo che sta dietro l’armonia di quasi metà disco) e ci siamo messi sotto a lavorare, pensa che la sua strofa é stata partorita in neanche mezz’ora! Daniele Silvestri, invece, insieme a Niccolò Fabi é il mio cantautore italiano preferito. Dopo aver ascoltato il suo album Acrobati ero rimasto molto colpito e la mia compagna mi aveva messo una pulce in testa dicendomi che avrei dovuto assolutamente collaborare con lui. La fortuna ed il caso hanno voluto che io  mi sia trovato a Palermo lo stesso giorno del suo concerto, allora grazie a Niccolò, che é un amico di vecchia data, a cui ho aperto un concerto a Palermo quando avevo 17 anni, ho avuto la possibilità di incontrarlo prima e  dopo la sua esibizione. Daniele é una persona di un’umiltà disarmante, l’ho sempre considerato geniale. É stato fantastico vedere la nostra chimica nascere e dare vita non solo ad una collaborazione artistica, ma ad una vera e propria amicizia.

Stai programmando anche un tour per promuovere il tuo Album?
Assolutamente si, la band sarà la stessa che ha registrato il disco, e non vediamo l’ora di farvelo ascoltare dal vivo!

Non si può chiudere senza parlare del progetto dei Retrospective for love che invito tutti i nostri lettori a cercare ed ascoltare…
Aspettavo questa domanda! I Retrospective For Love sono fondamentalmente la mia vita. Ho investito tutto in questo progetto, e sono davvero felice di dove siamo arrivati. Abbiamo visto tanti palchi insieme, ma adesso é finalmente arrivato il momento di tirar fuori il primo album Random Activities of a Heart che uscirà il 10 marzo per l’etichetta Londinese Wormfood Records. Quest’anno avremo tanti concerti, suoneremo il 17 marzo al famosissimo Jazz Café di Londra e persino la possibilità di suonare nello stesso festival con la leggenda del funk George Clinton, la Sugarhill Gang e tanti altri grandi artisti. Retrospective For Love é una vera e propria famiglia, abbiamo tantissima voglia di suonare e condividere, e questo sta alla base di tutto, ognuno di noi ha lo spazio per potersi esprimere come vuole. Siamo già a lavoro su nuova musica, e speriamo di portarla in Italia live al più presto, nel frattempo vi invito a cercare anche il nostro EP su iTunes, Retrospective For Love (lo so, abbiamo avuto tanta fantasia per il titolo!) ed i nostri video su YouTube.

Cosa sarebbero i titoli di coda senza una buona musica, scegli un ultimo vinile per salutare i lettori di spettakolo.it
Abbiamo iniziato con un classico del 1959, ma adesso torniamo ai giorni nostri, vorrei concludere con l’album del 2016 che ho consumato di più durante tutto l’anno: Malibu di Anderson Paak!

Grazie man! Ed in bocca al lupo davvero per un disco che vi posso assicurare è una vera perla!

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Tutti mi chiamano Pillu da pochi giorni dopo la mia nascita, a Roma nel 1980. Musicalmente nasco e cresco nella Black dove mi sono cimentato e mi cimento sia come rapper che come DJ. La musica è una costante nella mia vita e nella mia mente, che fa voli pindarici. Ogni situazione che vivo ha un motivo di sottofondo. Amo ogni genere musicale purchè mi trasmetta qualcosa, che sia Giovanni Allevi o Skrillex, perchè il suono deve colpirmi l'anima ed accompagnarmi nella pellicola che scorre nella mia testa.

1 COMMENTO

  1. grazie mille dell’articolo, è davvero una bella intervista 🙂 ho ascoltato e riascoltato il disco, molto bello e piacevole! scelta musicale che si distingue dal resto qui in Italia, molto particolare

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