Zucchero: «I musicisti vadano a zappare»

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«Il rock? Trovo più rivoluzionari e coraggiosi i testi hip hop che il rock di oggi. Il rock dovrebbe essere contro il sistema, invece il rap dice cose più forti. Ma non è coadiuvato dalla musica. Trovi chi dice delle cose ma la musica è di maniera, è un cliché. I talent? Non ce l’ho con i talent per quello che sono. Ma si è creato un ingranaggio strano e vizioso per cui non si parla più di musica e musicisti. Oggi se uno è bravo a fare comunicazione riempie gli stadi, a volte con cose banali, altre meno, ma la musica è diventata l’ultima cosa. Qui ci vogliono più badili e meno chitarre! Perchè molti che suonano dovrebbero andare a zappare. Quanto ai discografici, bisognerebbe distruggere le multinazionali con le bombe e avere piccole etichette finanziate da qualche mecenate che vada a trovare artisti che hanno qualcosa da dire e dare spazio ai giovani. Quelli dei talent sono stereotipati. Sanno stare già sul palco ma non sanno tenere una chitarra in mano. Invece i giovani che suonano davvero, che hanno le palle, non hanno sbocco».

L’AMERICA E MICK JAGGER

Zucchero chiacchiera a ruota libera dopo un lungo tour americano che ha ora riportato all’Arena di Verona il suo fortunato gatto nero. L’America gli ha regalato molte emozioni e svariate situazioni curiose: «La cosa sorprendente è che tutti quelli che abbiamo incontrato, baristi, tassisti, tutti hanno detto che avevano votato Trump perché gli stava sulle scatole la Clinton, bugiarda, conservatrice, la solita vecchia storia, e ci hanno detto che avevano bisogno di altro. E mi spaventa un po’ perché vuol dire che gli americani hanno bisogno di avere al comando uno con cui non andremmo a cena».
A cena invece ha fatto un incontro inatteso: «A Los Angeles è arrivato al mio tavolo Mick Jagger grazie a un’amica che abbiamo in comune. Era lì con un musicista con cui sta scrivendo canzoni per un suo album. È un tipo simpatico. Abbiamo parlato di musica e gli ho ricordato che il primo concerto a Cuba è stato il mio non il suo!»
Black Cat, ultimo album pubblicato ad aprile anche in versione live, gli sta facendo girare il mondo e l’Arena, dove tra l’anno scorso, le cinque date previste il prossimo settembre e queste cinque aperte ieri e che lo vedranno in scena fino a venerdì 5 maggio, ne avrà inanellate alla fine 21, un record. «Ma non identificatemi con l’Arena come si fa per Ligabue con Campovolo» ammonisce.

IL CONCERTO

In un concerto lungo (quasi tre ore combattendo e vincendo contro pioggia e freddo a 12 gradi), band straordinaria e internazionale, con due batterie, tre fiati, varie chitarre di ogni tipo, e la presenza in questa prima data del chitarrista giapponese Hotei, rocker apprezzatissimo in patria, Zucchero ha fatto smuovere, cantare e ballare un’Arena affollata ed esaurita, promettendo di modificare ogni sera il programma in almeno cinque canzoni: «Suonare con musicisti che sono con me da tanto tempo mi consente di decidere all’ultimo momento cosa fare”, spiega soddisfatto, e così, al trentatreesimo brano e secondo bis, infila a sorpresa un omaggio a Joe Cocker e ai Creedence Clearwater Revival: Long As I can See the Light.
«Ogni sera ci saranno sempre cinque brani che non ho fatto la sera prima nè a settembre, o altri che non sono diventati singoli o che non mi ricordo quasi, come Senza rimorso o I tempi cambieranno o Arcord con la voce di Augusto Daolio dei Nomadi». Rispetto a settembre Black Cat sarà una parte e poi vado ad album a ritroso due o tre brani per album alcuni conosciuti altri mezzo sconosciuti».
Il concerto si apre con l’integrale di Black Cat (meno Love Again) ed è diviso in tre capitoli separati, con una seconda parte trascinante che va da Vedo nero a Miserere (con standing ovation finale di tutto il pubblico dell’Arena per Pavarotti ricordato dal megascreen gigante a forma di sacro cuore con croce fiammeggiante) e una terza sanguigna ed erotica che va da Overdose d’amore a Solo una sana e consapevole libidine e la semidimenticata Orgia di anime perse per attraversare Diamante e il gran finale di Per colpa di chi e Diavolo in me. Prima dei bis.

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MITI E LEGGENDE

Sul palco scorre gran parte della storia di Zucchero, i suoi riferimenti, i suoi miti. La scenografia in stile New Orleans, i fiati cubani, i musicisti americani con dovizia di steel, slide, violino, chitarre, il microfono gigante con la scritta “Respect” in omaggio a Otis Redding, il neon con In blues we trust anche se Zucchero è molto più soul e R&B che blues, diciamolo, il grande Rufus Thomas di Funky Chicken ricordato in video, e non ultimo Brian Auger all’Hammond. Brian è un’icona dell’organo anni ’60. Arrivò in Italia con Julie Driscoll in piena era psichedelica e diventò ospite fisso di una Rai che sapeva guardare avanti verso il nuovo. Lui, Matthew Fisher dei Procol Harum, Booker T.Jones degli MG’s di Memphis, furono i primi alfieri del suono Hammond reso popolare. Ma per Zucchero, inserirlo nella band significa anche fare una scelta controcorrente, perché Auger non è il classico organista Hammond legato al blues, è prevalentemente un jazzista e usa l’organo senza Leslie, con il suono puro. È una deviazione dallo standard Rhythm’n’Blues ed è una scelta efficace e originale in questo poderoso mix di suoni.
«Mi gaso molto a suonare Black Cat dal vivo. Ha una scrittura più libera. Vado dove sento di andare, ed è forse la libertà che puoi assumerti a una certa età. I dischi stanno per finire. Cosa vuol dire fare dischi per strizzare l’occhio a questo o quello? Non è il mio futuro. Se voglio essere coerente devo fare musica come intendo io, a volte una roba semplice a volte una più complessa o egoistica, senza guardare al mercato. Black Cat con questo tour mi sta dicendo che da me la gente si aspetta questo, non effetti speciali o salti pirotecnici. Musica suonata bene e cantata bene».

In questo tour recuperi molti brani dimenticati. Ci sono brani che invece non vorresti più fare ma ti tocca?
«No. Se c’è una canzone che mi sta sulle scatole non la faccio. Non sarei credibile a me stesso. Il grande Baboomba è stato un successo ma non lo faccio. Donne non la la faccio perché mi rompe quel dududu, come dududadada di Trottolino amoroso per Minghi, senza togliere nulla a Minghi. Anche lui ha scritto belle canzoni, Immenso per esempio, mi piacerebbe farla».

GUCCINI E LE RADICI

Da tempo Zucchero si è avvicinato alle sue radici, guardando indietro nel tempo, alla sua gioventù, alla civiltà contadina in cui è cresciuto: «Quando invecchi si dice che torni alle radici, ed è vero. Forse perchè girando il mondo non trovo la tenerezza, la semplicità del piccolo mondo che ho vissuto da ragazzino vicino a Brescello, il piccolo mondo di Guareschi, di Peppone e Don Camillo che continuo a rivedere nei vecchi film. Oggi frequento di più i vecchi amici delle elementari, che parlano in dialetto e sono distanti anni luce da me, ed è la cosa più bella del mondo. Io parlo di quelle cose lì e ci si arrende al fatto che è difficile ritrovare quella bellezza, semplicità, tenerezza di quei tempi. Sto passando serate stupende con Guccini, perché parliamo di quelle cose lì. Parliamo dell’Emilia, della montagna, dei piccoli paesi, mangiamo ridiamo, beviamo. Ha un linguaggio ironico e sarcastico che mi somiglia molto. Poi vien fuori con battute in dialetto che sono fantastiche. È una compagnia interessante. Come fosse un maestro di vita». E rivela: «Vorrei fare delle cover di Guccini. Mi piaceva sin da piccolo. Poi sono stato folgorato da Otis Redding e Ray Charles, ma facevo un sacco di canzoni alla Guccini. Ho un vecchio nastro tutto di cose alla Guccini!».

Potrebbe essere un’idea per un prossimo disco?
«Devo consegnare un album alla Universal, che devo ancora cominciare a scrivere, poi non so cosa farò. Possono succedere tante cose. Un album di cover me lo sentirei bene, non di cose conosciute o famose, ma di canzoni cambiate rispetto all’originale, che mi facciano essere orgoglioso di quello che canto e di come invecchio, perché bisogna invecchiare bene.

E il futuro come lo vedi?
«Una volta da ragazzino avevo mille sogni. Il futuro che immagini oggi non è come quello di una volta. Se mi metto nei panni di un ragazzino di oggi vedo un gran caos. Che dire? Meglio un passato di verdura che un futuro di merda».

Zucchero tornerà a settembre in Italia per sei appuntamenti all’Arena di Verona: il 21, 22, 23, 24, 25 e 26. I biglietti sono disponibili su Ticketone.it.

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Giò Alajmo ha la stessa età del rock'n'roll. Per 40 anni (1975/2015) è stato il giornalista musicale del principale quotidiano del Nordest, oltre a collaborare saltuariamente con Radio Rai, Ciao 2001, radio private e riviste di settore. Musicalmente onnivoro, è stato tra gli ideatori del Premio della Critica al Festival di Sanremo e ha scritto libri, piccole opere teatrali, e qualche migliaio di interviste e recensioni di dischi e concerti.

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