Il Teatro Menotti di Milano ripropone, dopo il grande successo della scorsa stagione, dal 4 al 14 maggio Degni di nota. Tra Gaber e Brassens, spettacolo che vede protagonisti Alberto Patrucco e Andrea Mirò, con la complicità di tre musicisti, diretti da Emilio Russo.
Lo spettacolo riprende un lavoro che Alberto Patrucco aveva ideato nel 2014 in Segni (e) particolari, disco che riprendeva 13 musiche di George Brassens, tradotte dallo stesso Patrucco, inedite fino a quel momento in italiano.
Agli argomenti trattati dall’autore francese, non potevano che unirsi i temi e le musiche di Giorgio Gaber, due artisti unici, in antitesi, ma allo stesso tempo con sinergie in comune.
Ne è scaturito un recital coinvolgente e graffiante, privo di retorica e tormentoni, nel quale ironia, musica e riflessione, per una volta, sono padrone di casa. Un incontro tra canzone d’autore e comicità, senza che una dimensione prevarichi l’altra. Niente celebrazioni brasseniane e gaberiane, bensì l’idea di unire, seppure in epoche storiche diverse, sensibilità tanto affini; punti di vista che coesistono in perfetta armonia, proprio grazie al tessuto connettivo della musica. Uno spettacolo dolce-amaro che lascia spazio a riflessioni profonde sul senso della vita.
«In Degni di nota», dice Patrucco, «due è il numero perfetto. Due, come Georges Brassens e Giorgio Gaber. Due, siamo Andrea Mirò ed io. Due i codici espressivi che incrociano sulle tavole del palcoscenico: la canzone d’autore e la parola, volutamente in bilico tra due – ancora una volta il due! – cifre stilistiche, l’umorismo e la poesia. Degni di nota è tutto questo. È uno spettacolo di Teatro e Canzone che scava nel tempo per brillare di luce propria nella più stretta attualità, dando profondità prospettica, tra le altre, ad alcune tematiche anticipate in anni non sospetti dai due Maestri d’antan. È una fusione di epoche, ieri e oggi; una miscela di stili, l’anarchico “minimalismo” brassensiano e il caustico “massimalismo” gaberiano; un ampio ventaglio di emozioni, dalla risata liberatoria alla struggente malinconia, dall’ironia più sottile al graffio della satira, in un entusiasmante incedere di canzoni, monologhi e sonorità, sapientemente dosati dalla perfetta regia di Emilio Russo e da una band di ispirati musicisti. Uno spettacolo importante, neanche a dirlo, degno di nota, che resta a lungo nella testa e nel cuore. Già, testa e cuore, ancora una volta il due».
