I 10 cantanti dal passato musicale insospettabile

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Cantanti
Luca Carboni

Vi siete mai chiesti cosa hanno in comune Jo Squillo e Raf? Michele Zarrillo e Alan Sorrenti? Sono tutti musicisti o personaggi del panorama musicale italiano, ma questo appellativo è ancora troppo generico. Ciò che li accomuna è un passato musicale decisamente insospettabile, oscuro in alcuni casi, sorprendente in altri. Ecco una lista dei dieci cantanti irriconoscibili ai loro esordi.

MICHELE ZARRILLO
Michele Zarrillo
è uno dei massimi esponenti della musica leggera italiana che conosciamo per le malinconiche melodie non sempre leggerissime sussurrate con trasporto, come L’elefante e la farfalla, Cinque giorni, e Una rosa blu, solo per citarne alcune.
Ma nel ’72, appena quindicenne, ha esordito come chitarrista e cantante prog rock, facendo parte di due gruppi dell’avanguardia musicale italiana. Insieme al fratello suona, canta e compone le musiche nei Semiramis, lasciando ai posteri un unico album, Dedicato a Frazz, vera perla del prog italiano. Suonerà per un breve periodo anche nel gruppo Il Rovescio della Medaglia, dove sostituirà Pino Ballarini per qualche concerto.

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ALAN SORRENTI
Stessi trascorsi anche per Alan Sorrenti, oggi maggiormente noto per il semi-falsetto a servizio della spensierata disco-music all’italiana con Tu sei l’unica donna per me e Figli delle stelle. Agli inizi sembrava destinato a tutt’altri lidi, componendo due pietre miliari del prog e rock sperimentale italiano con gli album Aria e Come un vecchio incensiere all’alba di un villaggio deserto. Quest’utlimocon un titolo alla Lina Wertmüller e un lato B di ben 23.09 minuti, è ben lontano dai ritmi mordi e fuggi degli anni ’80.

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RICCARDO COCCIANTE
Non c’è due senza tre: anche Riccardo Cocciante, ai tempi ancora Richard Cocciante, ci ha deliziati con un esordio prog rock, un tesoro poi sommerso dalla piega più leggera che ha preso la sua carriera. Il primo disco di Cocciante è un concept album del ’72 che si basa sulla leggenda del continente scomparso Mu. La copertina del disco segue fedelmente i dettami dell’onirismo legato alle tematiche filosofico-religiose che tratta in quest’opera. Qui si percepisce sin da subito l’intensità compositiva che caratterizzerà tutta l’eclettica produzione di questo cantautore.

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CAPAREZZA
Caparezza è ormai sinonimo di rap impegnato. Ci ha stesi con Fuori dal tunnel (Del divertimento) nel 2003 e da lì ci ha presi per mano per catapultarci nell’iperuranio delle rime intelligenti. Ma la testa riccia ha esordito senza capelli con il nome di Mikimix sul palco di Sanremo nel ’97, dove rappò in stile minimal-melodico E la notte se ne va, un’ode alla notte e non si sa a cos’altro: «E le porte sono tutte aperte, quante scoperte/Si fanno sotto le coperte/Ed è dolce come panna l’eco della ninna quando vado a nanna». Di sé stesso dirà «Egli fu Mikimix, cantante insignificante, dal cui autodisgusto nacque il sé stesso odierno». Eccone un assaggio.

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FRANCO BATTIATO
Prima dei contrabbandieri macedoni e i gesuiti euclidei, Franco Battiato è stato cantautore di protesta per poi passare ad una breve parentesi romantica nella seconda metà degli anni ’60, con il suo primo brano di successo È l’amore, il cui testo sembra lontano anni luce dalla sublimazione del sentimento in La cura. Per raggiungere un pubblico più vasto, Battiato dimostra se non altro di padroneggiare tutti i registri musicali, dal più alto allo stile sole-cuore-amore: «come son lunghe le sere/d’autunno se non sei con me/forse non so più restare da solo così senza te».

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MINO REITANO
Il 1968 è l’anno in cui Mino Reitano incide Avevo un cuore (che ti amava tanto), brano che entrerà nella hit parade e che segnerà l’intera carriera di Beniamino detto Mino, essendo il suo primo vero successo. Negli anni ’80 torna a Sanremo con Italia e l’amor patrio gli vale milioni di copie vendute. In pochi però sanno che nei primissimi anni ’60 si dedicò al rock and roll con la band Beniamino e i fratelli Reitano, la quale suonò negli stessi locali tedeschi di un certo John Lennon e i Silver Beetles, ai tempi di Stu Sutcliffe durante il loro periodo amburghese. Dirà Reitano: «Lennon, quando mi vedeva, mi chiamava: “Ehi, Benjamin!” E io: “Ehi, John!” Mica sapevo chi era, anzi, chi sarebbe diventato».

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Mino Reitano e i suoi fratelli

ZUCCHERO
Il bluesman italiano affonda le sue radici nel beat, formando nel ’68 la band I Duca e suonando poi con gli Amici del mare, che nel ’71 saranno fra gli esponenti della Messa Beat, filone del beat italiano dedicato a tematiche cristiane. Collabora ad un 45 giri, unica testimonianza del gruppo di Paolo Barbieri e i Piano Verticale e prima registrazione di Fornaciari quando ancora non era Sugar.

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LUCA CARBONI
Torniamo alla culla di tanti insospettabili bravi ragazzi. Anche Luca Carboni, il cantautore dal “fisico bestiale”, si distingue per il proprio passato come compositore e chitarrista di una band dalle sonorità decisamente diverse, i Teobaldi Rock. Fra il ’76 e l’81, fra il prog e il new wave primordiale, fra i banchi delle medie e del liceo, la band di Luca Carboni pubblica un unico 45 giri dopo il quale si scioglie per lasciare posto al Luca che conosciamo oggi, e che evidentemente non è sempre stato “Luca lo stesso”.

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JO SQUILLO
C’era un periodo in cui le gambe di Jo Squillo non erano le uniche, malcapitate protagoniste della sua produzione musicale. In un universo che sembra ormai parallelo, tale Giovanna Coletti era una mosca bianca nel panorama musicale italiano, fondando nel ’79 insieme ad altre tre ragazze le Kandeggina Gang, gruppo punk all’avanguardia caratterizzato da un forte anti-maschilismo e da testi quantomeno sovversivi.

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RAF
Raf ci chiede Cosa resterà degli anni ’80. Sicuramente sono gli anni che hanno consacrato Raffaele Riefoli come musicista di spicco del pop italiano, un mondo a tratti introspettivo e a tratti più superficiale, come dipinge lui stesso nel suo ritratto generazionale. Nessuno si aspetterebbe di sentirlo suonare in una punk band, fondata da lui e Ghigo Renzulli, futuro chitarrista dei Litfiba, ovvero quanto di più lontano ci sia dal Raf di Self Control. Renzulli lascia i Cafè Caracas poco prima della pubblicazione dell’unico 45 giri, la cui esistenza ci stupisce ancora oggi.

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