“Come attore, speri sempre d’ incontrare un regista che tiri fuori il meglio di te. Ho fatto molti film di prima di Blow Up, ma con Antonioni, per la prima volta nella vita, sono stato controllato. Lui è un controllore: è qualcuno che riesce a estrarre il meglio di te, a condizione che tu sia disposto ad assecondarlo, qualsiasi cosa richieda”. Così l’attore David Hemmings ha raccontato in una trasmissione di Rauno del 1995 la sua esperienza con il grande cineasta ferrarese scomparso quasi dieci anni fa, cui lo Spazio Oberdan della Fondazione Cineteca Italiana di Milano dedica dal 5 al 13 giugno un omaggio di cinque film, Deserto rosso, Professione reporter, Zasbriskie Point, Identificazione di una donna, Blow Up, Al di là delle nuvole e due documentari Blow Up di Blow Up di Valeria De Agostinis (in cartellone l’8 giugno alle ore 19,30) e Acqua e zucchero – Carlo Di Palma, i colori della vita, ritratto del grande direttore di fotografia che ha lavorato in molte sue pellicole. In Blow Up del 1966 la Swingin London, all’epoca città per eccellenza della rivoluzione giovanile, della creatività, dei Beatles, delle minigonne di Mary Quant e dei fotografi di moda, è scelta come set ideale per esplorare in chiave di giallo il rapporto tra realtà e finzione. Acuto osservatore della società italiana degli anni Sessanta, a suo giudizio incapace di sentimenti e attraversata da una crisi di valori (l’incomunicabilità), Antonioni con uno stile e un linguaggio davvero innovativi continua a essere uno dei registi italiani più studiati, analizzati e ammirati in tutto il mondo.
Michelangelo Antonioni: professione regista
All’Oberdan di Milano dal 5 al 13 giugno cinque film e due documentari per ricordare il maestro del cinema italiano