Lolli, Riva, Rapallo, Giusti, Bellei, Cassani e gli altri angeli sopra Modena Park

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Massimo Riva e Vasco Rossi

L’altra sera stavo guardando la puntata di Techetecheté dedicata a Vasco. A un certo punto, mentre mandano una registrazione dell’82 di Splendida giornata, ecco che spunta Maurizio Lolli, impegnato “a far finta” di suonare il sax. Capelli ricci, baffo nero, sguardo assassino, il chiodo… Un tuffo al cuore… Si è spalancata la scatola dei ricordi.
Per chi non lo sapesse, Maurizio è stato una figura fondamentale nella storia di Vasco: si erano conosciuti a casa di Elmi, dove ogni tanto facevano jammavano assieme (con Guido aveva fondato una cover band dei King Crimson e dei Pink Floyd). Poi era entrato nello staff di Vasco, prima come autista, poi come personal manager, diventando praticamente il suo “uomo ombra”. Nel periodo più “tosto”, quello del mitico capannone di Casalecchio, era Lolli a fare da trait d’union tra il mondo onirico in cui si era rifugiato Vasco e la realtà. La storia è nota: spesso il Blasco stava sveglio per tre giorni di seguito, poi dormiva per altri tre giorni. Buttava giù pillole e saltava i pasti. Maurizio si prendeva cura di lui come un fratello maggiore, convincendolo a mandare giù qualcosa, magari una tazza di latte con parecchi cucchiai di zucchero. Insomma, era molto più di un manager: ruolo che avrebbe ricoperto fino al 21 agosto 1994, giorno della sua morte, causata da un cancro ai polmoni.
Mentre stava morendo, Vasco scrisse, su una musica di Tullio Ferro, Gli angeli. A mio avviso una delle sue canzoni più belle, con un testo da brividi: «Qui è logico / cambiare mille volte idea / ed è facile / sentirsi da buttare via… / Vivi in bilico / e fumi le tue Lucky Strike / e ti rendi conto / di quanto le maledirai…». Vasco ha più volte raccontato che una volta andò in ospedale e fece ascoltare il provino a Maurizio. Gli si bagnarono gli occhi. E pure io, ancora oggi, ogni volta riascolto quel pezzo non posso fare a meno di commuovermi.
Gli angeli Modena ParkCosì come non posso fare a meno di commuovermi parlando di Massimo Riva. Sembra ieri, invece sono passati 18 anni da quel maledetto 31 maggio 1999, quando è volato in cielo. Io me lo ricordo bene, magro come un chiodo, i capelli lunghi, le magliette strappate, lo sguardo spiritato, quel sorriso beffardo, birra in mano e sigaretta tra le labbra. Massimino era un provocatore nato. E pazienza se ogni tanto ne combinava una un po’ più grossa del solito e Vasco lo licenziava (nel vero senso della parola). Tanto sapeva che per lui era come un figlio e presto o tardi l’avrebbe perdonato. Allora sarebbe tornato sul palco al suo fianco a regalargli tutta la sua energia, il sudore della fronte e quegli incredibili salti che gli valsero il soprannome di “Rana”.
Quando arrivò la notizia della sua morte, di quella morte così stupida, ci rimanemmo tutti di merda. Personalmente lo avevo visto poche settimane prima. Avevamo passato parecchio tempo a parlare dietro le quinte di una manifestazione televisiva. Sapevo che ogni tanto si faceva, ma giuro che se qualcuno mi avesse chiesto come lo avevo trovato, avrei risposto: «Sta bene, è pulito…». Invece c’era ricaduto un’altra volta, l’ultima. Peccato davvero, perché era una persona con una gran voglia di vivere, divertente, curioso e capace di intuizioni fulminanti.
Massimo RivaAltra persona fondamentale, nella storia di Vasco, è stato Mario Rapallo, il discografico che più di chiunque altro ha creduto nel suo talento ed ha investito fior di milioni per fargli avere successo. Si erano conosciuti nel 1978, quando Rapallo dirigeva la Lotus, etichetta del gruppo Saar che avrebbe pubblicato i primi due album del rocker di Zocca. Due anni dopo, quando Rapallo lasciò la Lotus per fondare una sua etichetta, la Targa, lo portò con sé, dandogli carta bianca per incidere due album-capolavoro come Colpa d’Alfredo e Siamo solo noi: per fondare quell’etichetta Mario si era indebitato fino al collo. Una pazzia? Se glielo domandavi, lui rispondeva di no, spiegando che «Vasco i numeri giusti li ha tutti. Si tratta solo di trovare la strada».
Altri due anni e Rapallo, conscio del fatto che con i propri mezzi oltre quel punto non sarebbe potuto andare, fece un accordo con la Carosello, riuscendo a “far esplodere” il suo pupillo grazie a quattro album che sono uno più bello dell’altro: Vado al massimo, Bollicine, Cosa succede in città e C’è chi dice no.

 

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Mario Rapallo con Vasco

Mario Rapallo è il perfetto esempio di come lavoravano i (migliori) discografici di una volta: credeva nel suo “ragazzo” e lo portò avanti per anni, supportandolo in ogni modo, con tutti i mezzi di cui disponeva. Quelli erano gli anni “spericolati” in ogni senso: Vasco spesso aveva bisogno di soldi per saldare qualche “debituccio”, e Mario glieli dava. Certo, era convinto che prima o poi sarebbero rientrati con gli interessi. E così è stato. Ma intanto è grazie a lui se Vasco a un certo punto è “esploso” ed è diventato quel fenomeno che oggi tutti conoscono. La cosa fantastica, oltre tutto, è che non ha mai fatto pressioni indebite sotto l’aspetto artistico. Certo, diceva la sua, dava consigli. Ma alla fine chi decideva sotto l’aspetto artistico era sempre Vasco, coadiuvato da Guido Elmi… Anche Mario non è più tra noi: se ne è andato il 10 ottobre 2003 ad Asti, e riposa nel cimitero della città in cui era venuto al mondo, Pegli (Ge).

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Mario Rapallo con Vasco

Altra persona che è stata molto importante per il Vasco dei primi anni e che sabato guarderà il mega concerto di Modena dal cielo è il fotografo Isaia Cassani, autore della maggior parte delle foto uscite sui giornali nella prima metà degli anni ’80, ma soprattutto un grande amico. Uno che quando avevi bisogno di qualcosa, bastava chiamare. In quel periodo della “combriccola” (sponda milanese, dove Vasco soggiornava spesso, tanto da avere una suite sempre a sua disposizione in un quattro stelle proprio di fronte alla stazione Garibaldi) facevano parte Lia Cochetti (ufficio stampa), Valentino (cantante, di cui Vasco produsse un paio di singoli, inclusa la prima versione di T’immagini), Barbara D’Urso (con la quale ebbe una storia d’amore durata qualche mese) e il sottoscritto.

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Isaia era sempre presente, a Verona («Ragazzi, ho vinto io! Non c’è più religione!»), così come nei due Sanremo, nella villa sulle colline attorno a Riccione (dove Vasco passava l’estate) o a Zocca, quando dettero al nostro le chiavi della città. A un certo punto si eclissò letteralmente. Soltanto diversi anni dopo avrei saputo che anche lui aveva lasciato questo mondo, il 22 aprile 2002, dopo aver patito le pene dell’inferno in seguito a una malattia che colpisce le ossa.
Vasco ha raccontato di aver attraversato un “periodo oscuro” nel 2001, che generò una grande depressione. Era morto Riva, e qualche tempo dopo se ne sarebbe andata anche un’altra persona cara, un amico d’infanzia, Mario Giusti, uno di quelli che fondò con lui Punto Radio. Mario passò un lungo periodo di dipendenza dall’eroina, dall’82 all’86. Dopo due anni di comunità, era uscito completamente trasformato e maturato. Per 12 anni visse una vita normale: lavorava e viveva serenamente quando, a settembre del 2000, scoprì di aver contratto l’epatite C. A gennaio morì. «Questo» ha raccontato Vasco «ha scatenato in me una rabbia e una disperazione enormi per una fine così crudele e ingiusta che, aggiunta alla sensazione di essere un sopravvissuto, di avere raggiunto ogni meta e realizzato ogni sogno al di là di una qualsiasi immaginazione, mi ha gettato in uno stato di tristezza e malinconia tali per cui mi sembrava niente avesse più importanza».

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Lo staff di Punto Radio

Quella purtroppo non sarebbe stata l’ultima volta che ha dovuto fare i conti con la morte di amici o collaboratori. Nei primi mesi del 2017 si è verificata una serie incredibile di eventi luttuosi: il 26 gennaio moriva il sassofonista Alan King, che nei primi anni ’80 aveva suonato spesso con Vasco. Il 18 febbraio se ne è andato in circostanze non del tutto chiare in un albergo di Bogotà il tecnico del suono Alberto Durin, che aveva lavorato a diversi tour del Kom.
Il 31 marzo moriva il sassofonista Rudy Trevisi, altro storico collaboratore (suo, per esempio l’assolo ne La noia). Il 6 maggio sarebbe toccato al chitarrista Romano Trevisani, che aveva suonato negli album Siamo solo noi e Bollicine.
Soltanto 20 giorni prima, il 16 aprile, era morto Riccardo Bellei, che assieme a Vasco aveva fondato Punto Radio ed era uno dei tre “Puntautori” (il terzo era Sergio Silvestri, autore de La strega): nella seconda metà degli anni ’70 si esibivano nei locali dell’Emilia. Bellei aveva collaborato come seconda voce all’incisone dell’album Ma cosa vuoi che sia una canzone. Dopo il distacco da Vasco ha continuato la propria attività cantautoriale, guadagnandosi da vivere come conduttore radiofonico e giornalista. Nel 2008 ha raccontato la sua storia nel libro RadioBellei, la cui prefazione è stata scritta da Antonello Venditti, altro suo amico storico.

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Riccardo Bellei

Ma Riccardo Bellei potrebbe passare alla stoia per un motivo molto più prosaico: in realtà chi sia il mitico “Alfredo” della canzone non è mai stato chiarito. Alcuni lo avrebbero individuato in un certo Alfredino, amico di Massimo Riva, che aveva il dono di intervenire sempre nei momenti più sbagliati. Ma secondo un’altra teoria potrebbe essere proprio Bellei, che era un grande affabulatore, uno preparatissimo che poteva esprimere opinioni su tutto.
In ogni caso «Quell’africano che non parla neanche bene l’italiano» non era affatto nero: si chiamava Santino, era un ragazzo di Zocca con i capelli ricci e la carnagione un po’ scura. L’altro, invece, quello «che con i suoi discorsi seri e inopportuni / mi fa sciupare tutte le occasioni buone» sarebbe potuto essere lui, Riccardo. Che sabato sera si godrà il concerto da lassù. Assieme a Maurizio, Massimino, Mario, Isaia, Marco e a tutti gli altri che sono passati a miglior vita, ma che hanno lasciato segni tangibili e hanno dato, magari senza saperlo all’epoca, un contributo affinché il concerto di sabato diventi qualcosa di memorabile. Naturalmente a Modena… Modena Park.

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3 COMMENTI

  1. io ho conosciutol’Alfredo della canzone durante le prove di Cento e non era ne Alfredino ne Bellei ma un signore piuttosto grosso che con Tania in un video confido’ di esser lui l’Alfredo della canzone perchè per indole faceva sciupare ogni occasione a tutti..

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