VENEZIA 74. Ammore e malavita e Gatta Cenerentola. Camorra movie?

La camorra come brand, utile per il musical come per una fantaNapoli.

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Un boss camorrista ferito al sedere in un agguato tra cosche fa ammazzare un sosia per uscire di scena. Il morto, infelice e innocente, canta la sua tristezza dalla bara. Sfizioso… Un’infermiera vede il vero boss vivo, il boss vuole l’infermiera morta e manda Ciro la Tigre, il killer più fidato, addestrato alle armi e alle arti marziali fin da ragazzino in maniera cinematografica: ma -ahimé- fin da ragazzino Ciro era anche innamorato dell’infermiera. Il Destino! Scatenate l’inferno, cantateci sopra e, se ci riuscite, ballate. I Manetti bros replicano con Ammore e malavita  la formula “cinema di genere+ironia+più musica” e ci danno un camorra-musical zeppo di citazioni tra il neomelodico e il post-tribale. Ogni tanto si sorride per duetti sentimentali tra killer ferocissimi, per lamenti da malavitosi in melodrammi malavitosi, per l’uso della canzone centrale di Flashdance riadattata e per un giro turistico alle Vele di Scampia. Viene da pensare: ma questo, alla fine, non è il solito impianto di film di camorra, sia pure con ironia sul genere, ma obbedendo al genere, a panino tra un’apertura e una chiusura affidate alla commedia? Si dirà: Gomorra è il genere più venduto e fortunato, sia in taglio basso pop che in taglio alto, colto e sociologico. Il sospetto, però, è che il camorra-movie mutuato dai modelli estremo-orientali ibridati con le canzoni di guapparìa alla fine sia la nuova variante di brand: al turista/spettatore si vendono mitragliette e tatuaggi al posto di mandolini e pini di Posillipo.
Sospetto esagerato?
Prendiamo Gatta Cenerentola, film di animazione firmato a otto mani da Alessandro Rak, Ivan Cappiello, Marino Guarnieri e Dario Sansone. Viene da Lo cunto de li cunti di Giambattista Basile e nella sua versione più banale lo conosciamo tutti come la storia della ragazza vessata dalla matrigna e dalle sorellastre, e umiliata come serva,  che viene scelta da un principe per via della scarpetta. Ci sono state tante varianti più o meno filologiche: questa, ambientata in un futuro tecno-pumbleo, si svolge su una nave nel porto di Napoli dove il padre della Gatta Cenerentola, scienziato visionario che aveva inventato una macchina di memoria collettiva a base di ologrammi, mentre stava per risposarsi con una infida signora con tante figlie molto maligne, era stato ucciso dall’amante camorrista della futura sposa che si preparava alla dominazione di Napoli sintetizzando la cocaina in scarpette (apparentemente) di cristallo. L’esito della storia  è legato a un’ex guardia del corpo divenuta infiltrato della polizia (a sua volta corrotta e infiltrata dai camorristi). Il gran finale sta tra il cyberpunk e una resa dei conti hongkonghina. Cioè un camorra-movie sotto la cenere del Vesuvio…

 

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