Non era semplice restituire a chi c’era, o farla immaginare a chi non c’era, la magia di quei due concerti tenuti da David Gilmour il 7 e l’8 luglio dello scorso anno nell’anfiteatro degli scavi di Pompei, ma il lavoro del regista Gavin Elder è stato notevole, e l’anteprima che abbiamo avuto al cinema gli scorsi 13, 14 e 15 settembre (in attesa dell’uscita del dvd il prossimo 29 novembre) ha saputo rendere giustizia a un evento epocale.
Chi vi scrive ha seguito tutto il tour italiano di Gilmour 2015-2016, con anche un paio di puntate a Londra e New York, ma quello di venerdì 8 luglio a Pompei è stato un concerto diverso, speciale, leggermente diverso dagli altri e allestito apposta per l’occasione, e a rivederlo sul grande schermo del cinema sono tornati i brividi che avevo provato quella sera, nonostante gli oltre 30 gradi di temperatura.
Certo, un concerto visto al cinema o in TV non è mai paragonabile all’esserci.
Certo, non era un concerto dei Pink Floyd ma di David Gilmour, e di quello storico live at Pompeii è “sopravvissuta” una sola canzone, One of these days.
Certo, la voce di Gilmour qui ci appare chiara e senza sbavature, al contrario di quanto ascoltato live, ed è palese il lavoro di post-produzione per cancellare gli effetti dell’età sulle corde vocali del chitarrista.
Certo, gli effetti visivi a cui ha assistito il pubblico in quelle calde serate di luglio dell’anno scorso sono impossibili da documentare a pieno, per la magnificenza e la maestosità della produzione.
Però chi c’era sa.
Sa che quella è stata una notte che non dimenticherà mai, perchè il solo fatto di esserci ha reso ogni spettatore parte della storia.
Sa che è valsa la pena arrivare anche dall’altra parte del mondo per assistere a qualcosa di unico e irripetibile (e in tanti sono letteralmente arrivati da ogni angolo del pianeta, dall’Australia fino agli Stati Uniti).
Sa che quei 360 € spesi per poter assistere al concerto li spenderebbe di nuovo domani mattina, perchè sono abbondantemente valsi il prezzo dello spettacolo di cui ha potuto godere.
Sa anche che David Gilmour non è i Pink Floyd, e che molte canzoni da solista non reggono il confronto con quelle del passato, ma quando quelle mani si muovono sulla tastiera della chitarra ti portano in un altro mondo ed in un’altra epoca.
Tornando alla proiezione vista al cinema (del concerto avevamo parlato qui all’epoca): forse il prodotto è un po’ “freddo” e impersonale: il pubblico si sente nel mix (a volte anche troppo, ma forse a causa della mia posizione arretrata all’interno della sala) ma è sempre inquadrato di spalle. Mai un volto, forse proprio a voler focalizzare l’attenzione solo sulla musica e sull’anfiteatro. In questo si potrebbe trovare un punto in comune con live del 1971: lì il pubblico non c’era, qui è come se non ci fosse, è semplicemente di contorno, scenografico, e l’assenza anche solo di un primo piano di un qualsiasi spettatore rende tutta la massa quasi “finta”, spersonalizzandola.
Resta l’imponenza dell’anfiteatro e soprattutto del Vesuvio che si vede alle sue spalle, a ricordarci che siamo in un luogo di spettri (“presenti e passati”, come ha detto lo stesso Gilmour), cornice perfetta per la musica dei Pink Floyd, perfettamente in simbiosi con un allestimento scenico incredibile, che avvolge a 360° lo spettatore e che è stato studiato apposta per l’occasione.
In questo grande merito al regista Gavin Elder per aver saputo rendere giustizia ad ogni parte dell’evento: la spettacolarità di Pompei e del panorama circostante è continuamente sotto i nostri occhi con inquadrature panoramiche, così come i giochi di luce, gli effetti speciali e le proiezioni di Mr. Screen hanno il giusto spazio nei momenti più importanti.
Un grandissimo aiuto alla spettacolarità è dovuto dall’utilizzo di un drone, che dall’alto riesce a restituire a pieno la grandezza dello show.
In definitiva, assolutamente imperdibile per tutti il DVD in uscita il 29 (ovviamente, per godere al meglio della definizione audio-video vi consigliamo il blu-ray).
Sarà utile per chi non c’era per capire cosa si è perso.
Per chi c’era…
Beh, chi c’era sa!