Una famiglia. Carne in vendita

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Una famiglia
di Sebastiano Riso
con Micaela Ramazzotti, Patrick Bruel, Pippo Delbono, Fortunato Cerlino, Marco Leonardi, Ennio Fantastichini
Voto 6+

I mostri fanno i bambini per venderli. Quando Patrick Bruel fa l’amore con Micaela Ramazzotti in Una famiglia di Sebastiano Riso, (passato in concorso a Venezia 74) tremi:  è un orco che ingravida una fattrice, come un animale, in case tristi e in scene umide, con soldi nascosti nei bagni, per avere un figlio da vendere a caro prezzo attraverso mediatrici disgustose e ginecologi criminali a famiglie sterili che aggirano la legge. Uno dei bambini venduti è richiesto da una coppia di omosessuali, attori, benestanti. Purtroppo il mostro crea figli malati e malformati, che durano poco e vengono rigettati dagli acquirenti. La fattrice non ha mai visto i figli che ha fatto, ne ha sfornati fino ad essere a rischio e ne vorrebbe uno suo, da tenere. È alle soglie della follia e forse rischia la vita. L’orco è troppo trucido per non essere anche lui un malato. Siamo alla variante metropolitana dei mostri dei Miserabili di Hugo: vediamo l’orco gestire le la domanda e l’offerta delle gravidanze come un capobanda, e verso la fine circuire come un ragno una nuova vittima designata a partorire. A parte il riferimento al problema sociale delle coppie sterili, è un melodramma gelido, spesso inquietante, con punte rauche, senza musica, solo con urla strazianti o pianti di neonato, che “per natura” devono urtare i nervi (è la richiesta base per restare in vita). Qui tutto sembra costruito per urtare i nervi dello spettatore verso un finale da ultimi giorni dell’umanità fino a dirgli che c’è ancora spazio per l’amore. Magari nel pattume…

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