“Did you have to go”? Buon compleanno, Michael Jackson

Oggi The King of Pop avrebbe compiuto sessant'anni. Noi lo celebriamo con una playlist che raccoglie alcune delle esibizioni più indimenticabili della sua ricchissima carriera.

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Michael Jackson

29 agosto 1958, Gary, Indiana: Michael Joseph Jackson viene alla luce, ottavo di dieci figli di una famiglia afroamericana le cui condizione economiche la costringono in una piccolissima casa con sole due camere da letto. Una famiglia che ama e coltiva la musica da sempre, però, tra un pesante turno in fabbrica e una messa: la mamma di Michael, Katherine, suona il clarinetto e il piano e ha dovuto rinunciare al sogno di diventare cantante country; il padre, Joseph, è operaio in una acciaieria e suona la chitarra in un gruppo r’n’b per racimolare qualche dollaro in più.

Il rapporto che intercorrerà tra Michael e Joseph è decisamente turbolento e segnerà emotivamente l’artista in modo molto profondo: nel documentario del 2003 Living with Michael Jackson, Michael confessa d’esser stato soggetto, da bambino e da adolescente, a punizioni verbali e fisiche molto violente (dagli insulti sul suo aspetto fisico alle frustate) da parte del genitore — maltrattamenti che sia il padre che la madre hanno negato avessero finalità punitive, sostenendo che fossero invece finalizzati a imporre la disciplina necessaria a che MJ eccellesse nella sua carriera fin da piccolo —, violenze che l’hanno costretto a vivere una adolescenza solitaria e malinconica. Aldilà degli intenti professati da Joseph Jackson, in molti reputano che gli squilibri emotivi che hanno caratterizzato la vita dell’artista — a volte traducendosi in scelte e gesti pubblici che l’hanno reso oggetto di critiche estremamente aspre da parte dell’opinione pubblica — non fossero altro che i riverberi inevitabili di quell’amore malato, se di amore s’è mai trattato.

Ma Michael, pur portando sempre marchiate a fuoco sul cuore le cicatrici di un passato non benevolo, studia e suda senza pause né paure e, passo dopo passo, palco dopo palco, si conquista l’ambito e meritatissimo titolo di King of Pop, che gli apparterrà per sempre. Provare a elencare quali e quanti premi abbia ricevuto e quanti record abbia segnato sarebbe un’impresa titanica, ma basti ricordare che Jackson è uno degli artisti con il maggior numero di Guinnes World Records registrati (39, dei quali otto solo nel 2006), viene eletto The Most Successful Entertainer of All Time, porta a casa 13 Grammy Awards oltre al the Grammy Legend Award e il Grammy Lifetime Achievement Award e 26 American Music Awards, (tra i quali quello come Artist of the Century e Artist of the 1980s), il World Music Award come Best-Selling Pop Male Artist of the Millennium, entra due volte nella Rock’n’Roll Hall of Fame  (come componente dei The Jackson Five nel 1980 e come solista nel 1984) e una nella Songwriters Hall of Fame, è l’unico artista a conquistare un posto nella Dance Hall of Fame in qualità di cantautore, è suo l’album più venduto della storia — Thriller, 66 milioni di copie vendute nel mondo —, vanta 13 singoli al primo posto in classifica nella sua carriera da solista (più di ogni altro artista maschile) e si stima abbia venduto più di 350 milioni di copie in tutto il globo. Potrebbe bastare e avanzare… e invece no.

MJ è stato molto di più di un semplice “generatore di record”; con il suo stile e il suo look ha sostanzialmente plasmato ogni genere di moda dei favolosi Eighties, dall’abbigliamento alla danza, introducendo capi e passi che sono ormai incisi così profondamente nella nostra memoria da darci l’impressione d’esser parte della nostra identità non solo culturale: dal borsalino al mocassino accoppiato al calzino bianco, dal celeberrimo moonwalk al robot style a quello che era il suo gesto iconico, il crotch grab, Jackson ha sostanzialmente incarnato lo spirito della prima MTV generation, quella che attraverso la rotazione 24/7 dei primi videoclip ideati e realizzati secondo le tecniche cinematografiche moderne e contemporanee ha trasformato la musica in un barometro con il quale misurare ogni più piccola sfumatura di cambiamento nell’ambito del costume, della politica, del rapporto artisti/fans, ma anche in un paio di lenti — rigorosamente a stelle e strisce — attraverso le quali sognare senza limiti di realismo un mondo di grattacieli, paillettes, piccole e grandi rivoluzioni con una CocaCola in mano e un walkman in tasca.

Insomma, quella del King of Pop è stata una storia straordinaria che parla da sé. Costellata, questo sì, di tante sbeccature più o meno rilevanti sul fronte privato— dalle critiche spietate da parte dei media sui continui interventi estetici e sulle eccentricità delle quali MJ faceva oggetto i suoi figli alle vicissitudini ben più gravi nate dal rapporto anomalo che sembrava intercorrere tra l’artista e i suoi fans più piccoli, vicissitudini che hanno portato alla celebrazione di diversi processi il cui esito sempre negativo non è purtroppo riuscito a fugare del tutto le ombre intorno alla sua figura  —, ma che, al netto di quelle venature di fragilità e imperfezione, ha influenzato e influenzerà l’immaginario collettivo e l’universo musicale per sempre.

Per celebrare quello che sarebbe stato il sessantesimo compleanno di Michael, dunque, oggi proviamo a ricordare con una playlist alcune delle tappe più gloriose e indimenticabili di quella storia straordinaria, augurandoci di riuscire a comporre un ritratto il più possibile completo  di una stella la cui parabola — conclusasi drammaticamente il 25 giugno del 2009 con la morte per arresto cardiaco causato da una overdose accidentale di farmaci somministratigli dal suo medico, Conrad Murray, per combattere l’insonnia cronica dell’artista —  più di tante altre ha riassunto in sé la natura stessa dell’essere uomo, capace di picchi di straordinaria luminosità così come di cadute rovinose, ma comunque in grado di lasciare nel firmamento una traccia destinata a guidare il cammino di tutti coloro che decideranno di lasciarsi ispirare.

1969, The Jackson Five, I want you back

È  il 1964 quando Michael e il fratello Marlon si uniscono al gruppo Jackson Brothers, che il padre ha creato insieme agli altri tre figli Jackie, Tito e Jermaine, nonché a diversi musicisti che accompagnano i solisti con congas e tamburelli. Nel 1965 Michael e Jermaine diventano i solisti ufficiali e il nome del gruppo viene cambiato in The Jackson Five. I JF pubblicano diversi pezzi e viaggiano in tutti gli States per una lunga tourneé, fino a firmare nel 1969 con l’etichetta Motown, celeberrima fino a diventare il nome che identifica una intera corrente musicale: nata nel 1959 a Detroit, La Motown Records ha rappresentato il veicolo attraverso il quale la musica popolare afroamericana ha superato le barriere razziali permettendo a numerosi artisti di colore di raggiungere lo status di star mondiali (Diana Ross, Stevie Wonder, Marvin Gaye tra gli altri). Sotto la sua egida, The Jackson Five raggiungono più volte il top della classifica Billboard e Michael inizia a impressionare notevolmente gli addetti ai lavori: “un prodigio dalle straordinarie doti musicali che è emerso rapidamente come il lead singer e la principale attrattiva del gruppo”, scriverà di lui Rolling Stone. Dopo la pubblicazione di quattro album da solista tra il 1973 e il 1975, Michael interrompe definitivamente il  rapporto con l’etichetta di Detroit.

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1979, Don’t stop ’til you get enough

Nel 1975, The Jackson Five formano con la Epic Records,cambiando il nome in The Jacksons, pubblicando altri sei album tra il 1976 e il 1884. Nel frattempo Michael, che aveva iniziato la sua carriera da solista nel 1972 quando ancora legato alla Motown (4 album dal 1972 al 1975), si trasferisce a New York entrando in contatto con le atmosfere del celebre Studio 54: qui si avvicina all’hip-hop e ai nuovi stili di danza che con esso stanno nascendo. Il 1979 è l’anno del suo quinto album, Off the wall: tra gli autori dei brani compaiono, oltre allo stesso MJ, Paul McCartney e Stevie Wonder. Off the wall vende più di venti milioni di copie nel mondo e porta Michael conquistare tre American Music Awards (Favorite Soul/R&B Album, Favorite Soul/R&B Male Artist, e Favorite Soul/R&B Single), nonché i Billboard Year End Awards come Top Black Artist e Top Black Album, e il Grammy Award come Best Male R&B Vocal Performance per Don’t Stop ‘Til You Get Enough, primo singolo di MJ a raggiungere il primo posto in chart e che viene certificato platino. Il video della canzone, diretto e prodotto da Nick Saxton, è uno dei primi a mostrare tecniche di ripresa e di montaggio di stampo prettamente cinematografico: in una delle scene, per esempio, la figura di Michael appare triplicata, invenzione assolutamente innovativa al tempo.

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1982, Thriller

Ed eccoci arrivati all’album più premiato della storia della musica contemporanea. Nel 1982 viene infatti pubblicato Thriller e l’elenco dei riconoscimenti è praticamente infinito: best-selling album in tutto il mondo nel 1983, il più venduto negli States e, in seguito, il più venduto di tutti i tempi con  66 milioni di copie; primo posto nella Billboard 200 chart  per 37 settimane e nella Top ten per 80; regala a Jackson e a Quincy Jones, co-produttore, il Grammy come Producer of the Year (Non-Classical) nel 1983; il singolo Beat it è Record of the Year e grazie a esso MJ conquista il Best Rock Vocal Performance, Male, Award. Billie Jean porta a Jackson due Grammy Awards, Best R&B Song e Best R&B Vocal Performance, Male. Thriller  vince, ancora, il Grammy per Best Engineered Recording – Non Classical nel 1984. Gli American Music Awards del 1984 vedono l’artista conquistare l’Award of Merit (il più giovane della storia a ricevere questi premio), nonché gli Awards come Favorite Male Artist, Soul/R&B, Favorite Male Artist, Pop/Rock, quello come Favorite Video, Soul/R&B, Favorite Video, Pop/Rock, e Favorite Single, Pop/Rock con Beat it e gli Awards Favorite Album, Soul/R&B, and Favorite Album, Pop/Rock.

Il video del singolo che dà il nome all’album è un minifilm di 14 minuti, diretto da John Landis (allora già resosi immortale con la regia di due film cult, Animal house e The Blues Brothers): prima premiere mondiale per MTV, allora agli albori della sua storia, l’horror-clip è stato più volte considerato dagli addetti ai lavori un vero e proprio spartiacque tanto nel mondo dell’industria musicale quanto in quello della cultura pop per la sua capacità di unire in una narrazione fluida cinematografia, ballo e note, nonché uno stile estetico che è diventato iconico. Il videoclip conquista due Grammy Awards, rispettivamente nel 1984 come Best Video Album (assegnato al documentario sulla produzione e lo shooting del video stesso) e nel 1985 come Best Video, Long Form.

Nel dicembre 2009, la Library of Congress statunitense inserisce il videoclip nel National Film Registry per il suo impatto sulla cultura americana, fino a quell’anno l’unico prodotto cinematografico di carattere musicale a ricevere un così prestigioso riconoscimento.

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1983, Billie Jean at Motown 25

Il 25 marzo del 1983 Michael prende parte alle celebrazioni per i 25 anni dell’etichetta che gli ha aperto la strada verso il successo: lo show, intitolato Motown 25: Yesterday, Today, Forever, viene ripreso dalle telecamere della NBC e mandato in onda il 16 maggio, raccogliendo circa 47 milioni di telespettatori; MJ, giacca con lustrini, calzini bianchi, mocassini e l’altrettanto iconico guanto bianco, per la prima volta si produce nel moonwalk, il passo probabilmente più imitato nella storia del pop moderno. L’esibizione lascia di stucco gli altri artisti presenti in sala ma anche i media: secondo Rolling Stone si tratta di una performance assolutamente straordinaria, il New York Times parla di MJ come di un mimo dalle perfette capacità interpretative e Berry Gordy, produttore e fondatore della Motown, afferma “è stato magico, Michael Jackson è entrato in orbita e non ne è sceso più”.

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1985, We are the world

Impegnato da anni nella promozione di campagne umanitarie, Jackson viene invitato alla White House dall’allora presidente Ronald Reagan il 14 maggio 1984 e premiato con una onorificenza per il suo lavoro in supporto dei giovani che combattono contro la dipendenza da alcool e droghe. Il 28 gennaio 1985 MJ incide We are the world, scritta a quattro mani con Lionel Richie: il singolo, in vendita dal 7 marzo dello stesso anno, è interpretato da un folto gruppo di artisti riuniti sotto il nome di United Support of Artists for Africa e vende più di 20 milioni di copie, vincendo 4 Grammy Awards, risultando il primo singolo nella storia a essere certificato multiplatino (ben 4) e raccogliendo circa 63 milioni di dollari devoluti interamente a progetti destinati a migliorare le condizioni di vita nel continente africano.

L’ensemble riunito in sala d’incisione è di quelli che non si dimenticano: tra gli altri, Lionel Richie, Stevie Wonder, Paul Simon, Diana Ross, Tina Turner, Billy Joel, Bruce Springsteen, Cyndi Lauper, Bob Dylan, Ray Charles, Dionne Warwick. Come scritto in precedenza, il successo commerciale si rivela straordinario — come avrebbe potuto essere altrimenti, considerati i talenti in campo? —  e altrettanto straordinaria è l’impronta che questo progetto lascia nella storia della musica con finalità benefiche: un evento simile, infatti, si ripete ben 25 anni dopo, il primo febbraio 2010, con l’iniziativa We are the world 25 for Haiti, che vede di nuovo un folto cast di artisti incidere la celebre hit, stavolta in aiuto dell’isola messa in ginocchio da un distruttivo terremoto con conseguente tsunami nel gennaio dello stesso anno. Anche gli artisti italiani prendono spunto dalla storica iniziativa del 1985 e si riuniscono il 21 aprile del 2009  per incidere il singolo Domani 21/4 2009, finalizzato alla raccolta di fondi da destinare alla popolazione dell’Abruzzo colpita il 6 aprile dal terribile sisma  con epicentro l’Aquila che causerà più di 300 vittime.

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1988, Man in the mirror e The way you make me feel ai Grammy

Il 31 agosto del 1987, a cinque anni di distanza da Thriller, MJ pubblica Bad e si può ben dire che la lunga attesa non ha certo scalfito la sua popolarità: l’album si stima venda più di 35 milioni di copie e, anche in questo caso, i record non tardano a essere registrati. Bad  vede infatti cinque singoli su sette raggiungere il primo posto nella Billboard Top 100 (mai accaduto in precedenza), e MJ portare a casa l’Award of Achievement agli American Music Awards quando l’album diventa il primo nella storia a piazzare cinque singoli al numero 1 nella chart statunitense, a raggiungere esso stesso il primo posto in 25 altri paesi e a risultare l’album più venduto tanto nel 1987 quanto nel 1988. Bad conquista inoltre due Grammy Awards e proprio in occasione della cerimonia di consegna dei Grammy, MJ porta in scena un’altra performance indimenticabile, tra le più belle della storia secondo diversi addetti ai lavori.

Una curiosità: il video del singolo Bad, della durata di 18 minuti, è stato diretto da Martin Scorsese e vede la partecipazione dell’attore Wesley Snipes, allora praticamente sconosciuto.

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1993, Super Bowl Halftime performance

Continuando con la sua attività in ambito umanitario, Jackson crea la Heal the world Foundation nel 1992, attraverso la quale finanzia progetti destinati ai bambini in difficoltà in ogni angolo del mondo. Inoltre, sempre nel 1992, MJ  si schiera apertamente al fianco del neoeletto presidente Bill Clinton nella sua campagna a favore delle associazioni e degli istituti di ricerca che si occupano dello studio e della prevenzione della sindrome da HIV.

Nel gennaio del 1993 a MJ viene affidata la responsabilità di riempire lo spazio dell’halftime al Super Bowl numero 28 inaugurando la tradizione — che dura ancora oggi — di affiancare all’evento sportivo più seguito dell’anno negli USA la performance live di un grande artista: per la prima volta gli ascolti dell’halftime superano quelli della partita stessa.

A febbraio dello stesso anno, Jackson riceve il Living Legend Award alla 35esima edizione dei Grammy Awards e porta a casa tre American Music Awards: Favorite Pop/Rock Album (Dangerous, pubblicato nel 1991), Favorite Soul/R&B Single (per Remember the time) e l’International Artist Award of Excellence, assegnato per la prima volta nella storia all’artista americano tanto per i suoi successi professionali quanto per l’impegno sociale.

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1997, Smooth Criminal durante l’HIStory World Tour a Monaco

Nel giugno del 1995 MJ pubblica il doppio album HIStory: Past, Present and Future, Book I. il primo cd, HIStory Begins, contiene 15 greatest hits; il secondo, HIStory Continues, contiene 13 tracce originali e due cover. Un altro enorme successo commerciale: con 20 milioni di copie, HIStory diventa il doppio album più venduto della storia. La pubblicazione viene seguita dall’HIStory World Tour, che inizia il 7 settembre del 1996 e termina il 15 ottobre del 1997: 82 concerti in 5 continenti, 35 paesi, 58 città e più di 4 milioni e mezzo di fans, per un incasso totale di 165 milioni di dollari, record mai battuto da nessun’altra serie di concerti dell’artista.

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2009, This is it

Nel marzo del 2009, MJ indice una conferenza stampa all’O2 Arena di Londra annunciando ufficialmente quello che lui stesso definisce il suo ultimo tour, dal titolo This is it, il primo a distanza di ben 12 anni dallo straordinario HIStory World Tour: 10 concerti nella capitale britannica e una serie di altre date a New York, Parigi e Mumbai. Le prevendite — un milione di biglietti in due ore — sono tali da battere ogni record e costringere così gli organizzatori a trasformare le dieci date londinesi in 50.

Jackson muore il 25 giugno, tre settimane prima della prima data, per un arresto cardiaco causato da una overdose di farmaci contro l’insonnia somministratigli dal suo medico di fiducia. La prima canzone a essere pubblicata postuma è proprio quella che ha dato nome allo sfortunato tour mai iniziato, This is it, scritta negli anni ’80 con Paul Anka. Nell’ottobre del 2009 la Sony pubblica il documentario contenente molteplici immagini tratte dalle prove,  Michael Jackson’s This Is It, che diventa, anche sull’onda emotiva generata dalla improvvisa scomparsa dell’artista, il documentario dagli incassi più consistenti della storia: più di 260 milioni di dollari in tutto il mondo. Agli American Music Awards del 2009 MJ viene premiato con 4 Awards postumi.

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Bonus: Living with Michael Jackson, MJ senza maschere

Dal maggio 2002 al gennaio 2003 il giornalista inglese Martin Bashir registra una lunga intervista con l’artista americano, che verte su ogni aspetto della sua vita. Michael si mette letteralmente a nudo, raccontando delle violenze subite dal padre, dei suoi faticosi primi passi in un ambiente decisamente ostile a un bambino sensibile quale lui era, del rapporto con i suoi figli, dell’amore per la musica, dei problemi giudiziari, delle mille polemiche sul suo aspetto e il suo stile di vita. Dopo la messa in onda, è lo stesso MJ  a criticare aspramente il documentario, accusando Bashir di aver tagliato artatamente diversi momenti al fine di dipingere di lui un ritratto tutt’altro che lusinghiero. Così è proprio l’artista a chiedere la messa in onda di una seconda parte del documentario, intitolata Take Two: The Footage You Were Never Meant to See, nella quale vengono intervistati sempre da Bashir diversi amici e persone molto vicine a Jackson, che ne tessono le lodi e smentiscono le voci più diffamatorie sul suo conto.

La prima parte del documentario, in onda sulla ABC, raccoglie davanti allo schermo più di 38 milioni di spettatori.

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Arrivederci, Michael.

Classe ’83, nerd orgogliosa e convinta, sono laureata con lode in ingegneria dei sogni rumorosi ed eccessivi, ma con specializzazione in realismologia e contatto col suolo. Scrivo di spettacolo da sempre, in italiano e in inglese, e da sempre cerco di capirne un po’ di più della vita e i suoi arzigogoli guardandola attraverso il prisma delle creazioni artistiche di chi ha uno straordinario talento nel raccontarla con sincerità, poesia e autentica passione.

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