#MiSiEscludeva: Brunori Sas, chi è davvero l’uomo nero?

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Brunori Sas
©Riccardo Medana

Sin dal giorno dell’uscita di Guardia ’82, il 31 d’agosto è stato considerato il giorno di Brunori Sas, al secolo Dario Brunori, cantautore quarantenne e ideale patron di ogni “storia che nasce ed estate che muore” nell’ultimo giorno del mese più allegro dell’anno.

Storie di falò, chitarre e timidi baci sono raccontate in questa ballad dal sapore agrodolce che è diventata la colonna sonora delle estati di intere generazioni. Un ritmo andante, un motivetto che resta in testa e un amore che nasce al finire dell’estate ci mettono poco a farsi largo nel cuore degli adolescenti. Ma dai tempi di “Guardia” ne è passata di acqua sotto i ponti! Oggi Brunori è riuscito a conquistare il grande pubblico – e soprattutto la critica – per ben altri meriti.

“A casa tutto bene”, ultimo album della Sas, ha fatto incetta di premi. Ha esordito alla terza posizione della classifica Fimi degli album più venduti in Italia, al secondo posto su iTunes e al primo posto su Spotify rendendo Brunori l’artista più ascoltato. Con oltre 50.000 copie vendute è inoltre il primo lavoro brunoriano a essere diventato disco di platino. Il singolo trainante “La verità” invece nel 2017 ha vinto il Premio Pivi Mei come miglior video indipendente dell’anno e l’ambita targa Tenco come miglior brano.

Ma la vera sorpresa è stata “L’uomo nero” uno dei brani di “A casa tutto bene” che il cantautore calabrese ha portato in giro in tutta Italia nei concerti live e nelle repliche del suo spettacolo teatrale. Non una delle canzoni che a primo ascolto colpisce, il disco è così pieno di piccoli capolavori che per scoprirli tutti occorre ripassare e consumare centinaia di volte le stesse note. Un pezzo di denuncia, certo, presentato dallo stesso autore all’uscita come la storia di un fascista dei giorni nostri. Brunori non è nuovo ai brani impegnati socialmente, ma L’Uomo nero ha qualcosa in più, tanto da spingere Amnesty international a premiarlo come miglior brano sui diritti umani nel 2018 con la seguente motivazione:

“I diritti umani sono una questione di comportamenti, di regole, ma anche, e forse ancor prima, di clima. Il clima di oggi è pessimo. Di questo clima parla “L’uomo nero”. Del veleno che contamina la vita pubblica e la convivenza civile. E di un’idea, l’idea aberrante del ‘noi contro gli altri’: contro gli altri che, essendo diversi da noi, fanno paura, sono una minaccia da tenere a distanza, da cui difendersi. “L’uomo nero” parla al cuore e alle emozioni ed è, oltre che una canzone bella, nella prospettiva di Amnesty International anche una canzone utile, uno strumento prezioso per chi vuole creare un clima migliore, nel quale vi siano le condizioni per il rispetto pieno dei diritti umani di tutti.”

L’uomo nero, quello che tutti immaginano vivere solo nei brutti sogni dei bambini, esiste ancora ed è tra noi: è il nostro vicino che parla di famiglia, ma solo quella cristiana e tradizionale; è quell’amico tanto innamorato della casa ma bravo solo a distinguere tra “casa nostra” e “casa loro”, è chiunque alimenti odio e sottolinei in negativo le diversità.

Ma, cosa più importante di tutti, l’uomo nero può trovarsi dentro ognuno di noi. È questo forse il passaggio più significativo della canzone di Brunori, un piccolo inciso che diventa un mea culpa e deve far riflettere tutti.

Sul finale Dario tuona che “l’uomo nero si annida anche nel mio cervello quando piuttosto che aprire la porta la chiudo a chiave col chiavistello”, un verso che diventa un vero e proprio rimprovero per tutti. È la paura ciò che da forza all’uomo nero e ogni volta che iniziamo un discorso con “Non sono razzista ma…” gli permettiamo di farsi largo dentro di noi. Quando ci lasciamo intimorire e iniziamo a vedere nel diverso qualcuno di cui aver paura senza riconoscere invece nelle differenze uno strumento di ricchezza, l’uomo nero ha vinto. Dario ce lo insegna, non glielo permettiamo!

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