Due dischi che che lo vedono coinvolto e che escono in contemporanea. 100 Ghosts è il nuovo album da solista di Patrizio Fariselli, mentre Gli dei se ne vanno gli arrabbiati restano è una riedizione di un capitolo discografico degli Area uscito in origine nel 1978. Lo incontriamo al SeaseRPM di via Fiori chiari in quel di Brera a Milano, un posto inusuale ma particolarmente adatto per mettere a fuoco quello che l’artista ha sviluppato nel corso dell’ultimo anno.
Alcune tracce del suo nuovo capitolo discografico le avevo già ascoltate a Carimate settimane or sono. 100 Ghosts è un album differente rispetto ai lavori solistici precedenti, prodotto nel suo Curved Studio e finalizzato allo Studio ZdB di Sermoneta (LT) nell’arco di un anno speso nella ricerca dei suoni, lo studio dei brani, fino alla registrazione che ha preso almeno un paio di mesi. Brani anche cantati, da Claudia Tellini e Grazia Di Michele, attraverso un repertorio completamente originale che riflette l’interesse per le sonorità arcaiche ed etniche già evidenti nel percorso sonoro degli Area.
Questo è il tuo disco da solista che più si avvicina a quello che hai fatto con gli Area. Sei d’accordo?
Beh, mi stai facendo un complimento che mi lusinga, gli Area erano un progetto molto complesso, il risultato di diversi talenti e menti, mentre questo é un disco che ho progettato e realizzato prevalentemente da solo. In effetti stavolta per qualche brano torna a farsi sentire la voce: con Claudia Tellini che lavora con me nel quartetto Open Project, dove tra l’altro includiamo anche il repertorio storico degli Area, con brani come Cometa rossa e Gioia e rivoluzione. Oltretutto lei canta nella stessa tonalità di Demetrio Stratos, con la stessa estensione. Poi c’è anche il cameo di Grazia di Michele che in Lamento di Tecmessa canta in greco antico, lei che ha fatto il classico conosceva perfettamente la pronuncia.
Entrando nei dettagli dell’album, trovo che hai operato verso la ricerca di usi e costumi che provengono da lontano, creando una costellazione sonora varia e ricca di fascino. Da dove hai cominciato?
Sono andato a scovare queste tracce del passato grazie alle mie letture di antropologia e archeologia, oltre all’astronomia che è una passione di vecchia data. Quando mi imbatto in alcune scoperte di questo passato ancora mi emoziono. In questo disco ho preso cinque brani su dieci da antiche melodie arcaiche. Le rifaccio suonare usando gli strumenti di oggi. Nei confronti del mondo dell’occulto ho sviluppato una specie di antenna che mi aiuta a captare i segnali. E’ difficile individuare in melodie quotidiane alcuni residui fossili di un modo di fare musica arcaico. Per esempio Danza del labirinto è una canzone greca che a Atene conoscono come noi conosciamo Romagna Mia. Al suo interno puoi scorgere un residuo fossile arcaico, precedente al labirinto architettonico di Teseo: si rifà ai riti orgiastici della fertilità e della divinazione. Sono queste le cose mi affascinano, ovvero andare alla ricerca di collegamenti insospettabili. Magari quando fischietti mentre fai la barba alla mattina, stai riprendendo tracce di melodie che arrivano da molto lontano. Ho scoperto che nel canto Jodel dei tirolesi c’è il residuo fossile dei canti dei pigmei dell’Africa equatoriale.
Curiosa la copertina, sembra che tu voglia catturare la luce…
E’ stata ideata da mia figlia Cleo che si occupa della mia immagine da questo album. Lavora nelle arti visive e arte contemporanea, ultimamente si dedica alle sculture e all’attività di performance. A tal proposito facciamo cose insieme, realizziamo delle performance mirate e a inviti.
E’ un album ricco di variazioni stilistiche, fanno tutte parte del tuo mondo?
E’ un disco estremamente complesso, che contiene molto di quello che sono oggi. In certi casi può apparire contraddittorio, ma è legato al mio modo di intendere le cose. Trovi un brano evocativo come Aria, che non è in contraddizione con Der Golem che invece è molto distopico, aggressivo e perfino violento, poi arriva Danza del labirinto che sprizza felicità, per niente in contraddizione con 100 Ghosts che è quasi rock.
Contemporaneamente a questo nuovo album esce Gli dei se ne vanno… degli Area. 40 anni dopo. Che effetto fa ascoltarlo oggi?
E’ l’ultimo album realizzato con in formazione Demetrio Stratos, poi le nostre strade si divideranno, così non si ebbe occasione di presentarlo compiutamente dal vivo. Avevamo cambiato casa discografica e di lì a poco Demetrio si dedicò totalmente alla sua ricerca vocale, ma quelle canzoni sono apprezzabili anche oggi. Ho seguito la ristampa con estremo rispetto dell’originale compensando solo alcune carenze sonore che risultavano evidenti all’ascolto di oggi.