Il Volume 3 di Fabrizio De André: una raccolta di capolavori

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Fabrizio De André Volume 3

Dopo la pubblicazione, pochi mesi prima, di Tutti morimmo a stento, De André si trovava nel bezzo di un, seppur breve, periodo di crisi creativa e prima che il produttore Roberto Dané gli proponesse l’idea di un nuovo concept album (che si concretizzerà poi ne La buona novella), decide di pubblicare una sorta di raccolta formata da 10 brani per la durata di soli 26 minuti, ma contenente alcuni dei più grandi capolavori della discografia di Faber, alcuni dei quali già pubblicati negli anni precedenti sotto forma di 45 giri con l’etichetta Karim.
Anche il titolo, Volume 3, sta proprio a rappresentare come sia un album formato da canzoni “sparse” e finalmente raccolte tutte insieme e non legate da un unico filo conduttore. Se proprio vogliamo trovare un fil rouge che tenga unite quasi tutti i brani di questo album è, come spesso accade nella discografia di Faber, la morte.
Oltre ai sei brani già editi (La canzone di Marinella, La ballata dell’eroe, Amore che vieni amore che vai,  La guerra di Piero, Il testamento, La ballata del Michè) troviamo quattro nuove canzoni: due traduzioni di George Brassens (Il gorilla e Nell’acqua della chiara fontana), un adattamento di S’i’ fosse foco, sonetto di Cecco Angiolieri (unico esempio in tutta la discografia deandreiana di poesia messa in musica) e un brano di musica barocca francese (Il re fa rullare i tamburi), ripreso da un’incisione di Yves Montand del 1963 che, a sua volta, aveva reinterpretato una canzone popolare scritta intorno al 1750.
Come detto, non c’è un vero e proprio filo conduttore lungo tutto il disco ma, come sempre in moltissime delle canzoni di Fabrizio, la morte aleggia sempre intorno a quasi tutte le canzoni dell’album. E’ il caso di Marinella, brano tratto da una storia vera, come racconta lo stesso Faber («É nato da una specie di romanzo familiare applicato ad una ragazza che a 16 anni si era trovata a fare la prostituta ed era stata scaraventata nel Tanaro o nella Bormida da un delinquente. Un fatto di cronaca nera che avevo letto a quindici anni su un giornale di provincia. La storia di quella ragazza mi aveva talmente emozionato che ho cercato di reinventarle una vita e di addolcirle la morte»).
È il caso anche dell’allegra ballata Il gorilla, dal significato politico estremamente forte, come racconta sempre De André: «Brassens la scrisse a ghigliottina funzionante. Cela un significato molto profondo sulla ingiustizia della pena di morte. La sentenza ingiusta, se una persona è in vita, si può sempre modificare, ma se la persona viene punita con la pena di morte, non è più possibile».
La ballata dell’eroe fu una delle prime canzoni scritte in assoluto da De André e pubblicata per la prima volta nel 1961 come lato B del 45 giri de La guerra di Piero, successivamente reincisa da Luigi Tenco nel 1964 e di nuovo da Fabrizio nel 1966, nell’album Tutto Fabrizio De André. E’ uno dei molti brani antimilitaristi che Faber ha scritto nell’arco della sua carriera, che critica fortemente, oltre alla guerra stessa, anche il potere: “E quando gli dissero di andare avanti / troppo lontano si spinse a cercare la verità”. L’inutilità dei conflitti è crudamente raccontata dall’ultima frase: “Ma lei che l’amava aspettava il ritorno di un soldato vivo / di un eroe morto che ne farà?”
Ma il brano antimilitarista per antonomasia della discografia del cantautore genovese e uno dei più famosi inni italiani contro la guerra è certamente La guerra di Piero, che apre la seconda facciata dell’LP. Non c’è nulla che resta da dire di un brano di cui si sa tutto e che tutti conoscono a memoria, entrato a tal punto nell’immaginario collettivo da essere inserito perfino nei libri di scuola.
Altri brani degni di nota sono Il testamento, canzone che scherza sulla morte e sulle ipocrisie da esse derivate, in cui il protagonista, in punto di morte, approfitta della sua situazione per farsi beffe de «gli artefici del girotondo intorno al letto di un moribondo», e Amore che vieni amore che vai, capolavoro che celebra la mutevolezza del sentimento, la sua incertezza e durata effimera. Di questo brano sono state eseguite molte cover d’autore, su tutte quella più celebre di Franco Battiato eseguita a Genova al concerto in ricordo di Faber e quella di Claudio Baglioni contenuta nell’album Quelli degli altri tutti qui.
Un album per fare il punto della situazione sugli anni passati, proprio nel bel mezzo del 1968, da cui sembra distante per il mancato schieramento politico diretto, ma che di politica è intriso fino al midollo, da Il gorilla a La guerra di Piero, passando per La ballata dell’eroe e S’i’ fosse foco.
Una raccolta di brani sparsi che resterà un “unicum” per diversi anni nella discografia di Faber e che aprirà la strada ad un trittico di concept album che resterà nella storia della musica italiana.

Tracklist
1. La canzone di Marinella
2. Il gorilla
3. La ballata dell’eroe
4. S’i’ fosse foco
5. Amore che vieni amore che vai
6. La guerra di Piero
7. Il testamento
8. Nell’acqua della chiara fontana
9. La ballata del Miché
10. Il re fa rullare i tamburi

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