Dire che la sua voce è “identica” a quella di Fabrizio De André magari è eccessivo. Perché il timbro di Faber è assolutamente unico, inimitabile. Però è vero che, quando canta, The André lo ricorda molto. La sua, del resto, non vuole essere una mera imitazione, uno scimmiottamento. Semmai è un gioco, una sorta di omaggio. O perlomeno un esperimento: reinterpretare a modo suo il mondo dell’indie e della trap.
Il gioco consiste in questo: The André prende canzoni note e le “traduce” a modo suo. Non sono cover (eccezion fatta per Habibidi Ghali). Non sono nemmeno traduzioni nel senso letterale del termine (eccezion fatta per Maddalena, del cantautore spagnolo Joaquin Sabina). No, lui prende una canzone e la riscrive, la trasforma, la fa “sua”, anche se il significato e il senso non tradiscono l’originale.
Dopo aver messo svariati pezzi su youtube e realizzato un EP, The André pubblica ora il suo album d’esordio. È importante capire il titolo: Themagogia – Tradurre, tradire, trappare. Prima annotazione: il “the” in inglese si legge “de” (quindi The André diventa De André e “Themagogia” diventa “demagogia”).
«Se la demagogia lusinga le irrealizzabili aspirazioni delle masse», spiega il cantautore, «la Themagogia compie l’identica operazione in terreno musicale accarezzando le fantasie di chi vorrebbe rediviva la nostra tradizione cantautoriale più valida e di chi vuole giustificare la sua indulgenza verso la musica contemporanea. Si dice che tradurre è sempre un po’ tradire. Ogni pezzo tradotto qui è un doppio tradimento: verso chi lo ha scritto e verso chi lo canterebbe».
Tra le canzoni che ha “tradotto”, ci sono No pago afito di Bello Figo (diventata Canzone dell’affitto), Mi sono innamorato di tuo marito di Cristiano Malgioglio (ora è Marito), il superclassico popolare lombardo O mia bela Madunina di Giovanni D’Anzi (Madonnina). Ma anche canzoni di Sfera Ebbasta (Rockstar e Tran tran), della Dark Polo Gang (Cono gelato e SportsWear), Marracash e Gue Pequeno (Scooteroni), Salmo (Perdonami), Capoplaza (Giovane fuoriclasse). Ci sono inoltre due brani inediti: Una canzone indie («L’unica forma d’arte che permette di usare parole trite che nessuno osa») e Originale («Un documento di estetica e insieme un’autobiografia: la prima perché mette in dubbio la concezione stessa di originalità, la seconda perché racconta senza veli – e con la scorta di due mariachi ubriachi – la vita del suo autore») (clicca qui per ascoltare alcune demo).
The André, che si presenta come “cantautore senza volto” (infatti di lui non si sa nulla e non ci sono in giro foto a volto scoperto. L’unica cosa che dice di sé è: «Sono un ragazzo che studia letteratura in università a Milano»), ha iniziato questo progetto quasi per gioco, «per amore di Fabrizio De André. Sono cresciuto ascoltando le sue canzoni. Sono legatissimo alla sua arte e i suoi messaggi mi sono entrati dentro».
All’inizio temeva una reazione avversa di Dori Ghezzi, invece la compagna di Faber ha mostrato apprezzamento per il progetto e gli ha dato la sua benedizione: «Credo abbia colto il lato ironico del mio progetto. Addirittura ha chiesto di conoscermi, ci siamo incontrati nella sede della Fondazione. Poi mi ha chiesto di suonare un paio di canzoni lo scorso novembre a Book City in occasione di una presentazione del suo libro».
L’interesse attorno al suo nome sta crescendo e tra non molto ci sarà anche l’occasione di (ri)vederlo dal vivo: il 26 maggio inizierà un nuovo tour.