Karl Stefanovic è un giornalista australiano, conduttore (fino al 2018) – insieme alla sua collega Lisa Wilkinson – di Today, un programma molto seguito nel quinto continente. Tra il 2014 e il 2015 Karl ha sottoposto il suo pubblico a un esperimento. Per un anno intero è andato in onda con addosso sempre lo stesso abito a cui sostituiva solo camicia e cravatta. Lo scopo era dimostrare il differente trattamento riservato quotidianamente a lui e alla sua collega. Nessuno si è accorto che la giacca di Karl in trasmissione era la stessa per 365 giorni consecutivi, le eventuali critiche arrivate dagli spettatori riguardavano –come sempre – le sue battute, le sue interviste, il suo modo di lavorare. Nessun riferimento ad abiti o capelli.
Lo stesso non può dirsi per Lisa Wilkinson, continuamente sottoposta a pesanti commenti che riguardano il suo modo di vestire, di pettinarsi, di truccarsi, di atteggiarsi. Critiche mascherate da consigli, appunti pungenti sul look, battute su quella gonna troppo corta. E la scollatura? In tv meglio non osare! Vi immaginate cosa sarebbe successo se Lisa Wilkinson avesse provato a indossare lo stesso abito per un anno intero? Si, probabilmente il pubblico da casa avrebbe sentito l’esigenza di dire la sua già dopo 3 giorni.
Perchè spesso e volentieri, inutile negarlo, gli uomini sono giudicati per il loro modo di lavorare, le donne per il loro modo di apparire. E anche questa è discriminazione sessuale.
È la storia di ogni giorno, la storia di tutte noi. Per quanto ci sforziamo di parlare di uguali trattamenti o opportunità, la realtà ci mette di fronte a episodi quotidiani che dimostrano quanto la parità, di fatto, non esista nella nostra mente e nel nostro modo di vedere il mondo. Non ci sono quote rosa o doppie preferenze che tengano, a poco serve il congresso americano che si è riempito di donne e del tutto ignorati sono quegli studi che provano la maggiore attitudine femminile in alcuni campi o materie: nell’immaginario collettivo la donna è sempre un passo indietro.
Chi si complimenta con un uomo lo fa perché intelligente, di successo; chi si complimenta con una donna – nella maggior parte dei casi – lo fa perché è bella, attraente. E lo stesso vale per le offese: un uomo che sbaglia per l’opinione pubblica probabilmente è un cretino, una donna che sbaglia si sente rivolgere per lo più appellativi poco lusinghieri e molto volgari.
Possiamo sperimentarlo noi stesse. I media e ancora di più i social network, sono lo specchio della società e nel nostro Paese se si parla di discriminazione sessuale le cose vanno come in qualsiasi altra parte del mondo. Basta aprire Twitter e commentare lo stato di un esponente politico con cui ci troviamo in disaccordo. Nel giro di pochi minuti qualcuno verrà a controbattere a ciò che abbiamo scritto e difficilmente sarà il contenuto del messaggio a destare l’attenzione del nostro interlocutore. “Peccato che la pensi così, sei anche una bella ragazza” o peggio “Ma ti senti? Con quella bocca faresti meglio a fare altro”. Nessun dibattito su idee e opinioni. È questo il tenore delle risposte che siamo costrette a leggere.
E lo stesso accade per i cosiddetti vip. Se tre parlamentari decidono di salire sulla Sea Watch a incontrare i bambini che non sono liberi di scendere a terra perché bloccati da un decreto ministeriale, due di loro –uomini – al massimo guadagneranno meme ironici e prese in giro nei talk politici in TV per ciò che hanno detto e fatto durante la loro visita. La terza, Stefania Prestigiacomo, si sentirà rivolgere appellativi sessisti talmente offensivi e gravi da destare l’interesse dell’aula parlamentare e da scatenare una spontanea manifestazione di sostegno sul web da parte donne comuni, professioniste, artiste, giovani studentesse, mamme e anche politiche di fazione avversa alla sua.
E così se Claudio Baglioni – alla conferenza stampa che precede l’inizio di Sanremo – esprime una sua idea politica sulla questione migranti, viene zittito e si sente rispondere che il suo mestiere è un altro e che dovrebbe limitarsi a cantare. A Emma Marrone che qualche settimana dopo urlerà da un palco di Eboli di aprire i porti, replicheranno invece che farebbe meglio ad aprire le gambe e farsi pagare per le sue prestazioni sessuali invece di cantare e parlare di cose che non conosce.
Anche questa è l’Italia: Paese di santi, poeti, navigatori…e sessisti.