“La terra sotto i piedi” è il nuovo album di Daniele Silvestri: la recensione track by track

0
Daniele Silvestri

La terra sotto i piedi
Daniele Silvestri
2019
(Columbia)
voto: 7

Sono passati 3 anni esatti dalla pubblicazione di Acrobati, e oggi Daniele Silvestri torna con un nuovo album di inediti dal titolo La terra sotto i piedi, nono album in studio del cantautore romano: ben 14 canzoni per oltre un’ora di musica, anche se in questi mesi abbiamo avuto diverse anticipazioni: ben 6 canzoni, raccolte in 3 “packs” e pubblicate anche in 45 giri. Prima è stata la volta del dance pack, contenente Complimenti ignoranti e Tempi modesti, poi è toccato al rap pack, col brano sanremese Argentovivo e Blitz gerontoiatrico, mentre per ultimo è arrivato il love pack, formato da Prima che e L’ultimo desiderio.

La terra sotto i piedi vede la produzione artistica dello stesso Silvestri e di Daniele “Il Mafio” Tortora, la produzione esecutiva di Francesco Barbaro, è stato registrato quasi completamente nelle sessions tenute all’isola di Favignana, suonato in live session dalla band del cantautore romano, la Magical Mystery Band, composta da Fabio Rondanini alla batteria, Gabriele Lazzarotti al basso, Daniele Fiaschi alla chitarra elettrica, Duilio Galioto alle tastiere e Daniele Silvestri a tastiere e chitarre.
Ci sono anche alcuni ospiti d’eccezione, come il sax di James Senese e la chitarra di Niccolò Fabi in Rame.

Sulla scia dei packs pubblicati come anticipazioni dell’album, le 14 canzoni che lo compongono si possono suddivedere in quattro aree tematico-musicali: il rap, la dance, le canzoni d’amore e quelle più propriamente cantautoriali. E quasi a voler cambiare diametralmente rotta rispetto all’album precedente, Silvestri ci dà l’indirizzo in una strofa di Concime, probabilmente il brano che racchiude il senso dell’intero lavoro: “Servono radici / mi serve gravità / la stessa che negavo fino a ieri / quando predicavo di essere funamboli sospesi / per sentirsi liberi e leggeri”.

Apre l’album Qualcosa cambia, che possiamo ascrivere al lato elettronico dell’album, e che segna subito una chiara tematica che scorre lungo tutto il disco, ovvero il tema del cambiamento, più auspicato che in atto (“Qualcosa cambia / Una musica nuova / una strada pulita / l’Europa sognata / la Siria guarita / un popolo onesto / le navi nei porti / la scuola diffusa / i processi più corti / una generazione che corregga la rotta / la fiducia che torna / la speranza risorta / la lingua dei segni spiegata ai bambini / noi due che riusciamo davvero a restare vicini”).

La staticità, la fredda immobilità di un carcere non fisico ma mentale, in un certo senso sprigionano un urlo che cerca e chiede un cambiamento. Stiamo parlando del rap di Argentovivo, il brano presentato all’ultimo Festival di Sanremo, che vede la partecipazione di Manuel Agnelli e di Rancore: l’affresco dell’adolescenza e dei suoi problemi, della scuola vista come un carcere e di una schiavitù chiamata smartphone, tema che sarà molto ricorrente lungo tutto l’album. (“Ho sedici anni / ma è già da più di dieci che vivo in un carcere / Nessun reato commesso là fuori / fui condannato ben prima di nascere”).

La cosa giusta è la prima canzone d’amore che incontriamo ne La terra sotto i piedi, ma è non è la classica canzone che racconta di un amore felice, bensì uno spaccato di vita quotidiana che tutti hanno vissuto prima o poi all’interno delle proprie relazioni: un’incomprensione, magari una mezza bugia a fin di bene che in quel momento viene considerata la cosa giusta da fare, ma che però mette in crisi il rapporto, portando l’altra persona a soffire in silenzio (“Perché se amarsi è farsi male, tu non devi amarmi più / io scendo, guida tu e basta / Dovevi essere più onesta / dovevi urlarmelo dritto in faccia / io volevo fare la cosa giusta / volevo solamente fare la cosa giusta”).

In Complimenti ignoranti Silvestri si prende gioco del mondo moderno, ormai ossessionato dai social e dalla smania di apparire e tutto quello che ne consegue, fino all’eccessiva invadenza che hanno certi fan nei confronti il proprio idolo, permettendosi di mettere bocca su qualsiasi cosa, pubblica o privata che sia. Il delirio porta addirittura al punto di considerarsi l’unica causa del successo dell’artista, grazie al supporto incondizionato, alle condivisioni, ai tweet, che legittimano quindi la decisione della linea da seguire, per farlo tornare a fare di nuovo musica che abbia successo presso il grande pubblico, visto che le visualizzazioni scarseggiano. Piccola curiosità: Silvestri si auto-cita con le parole Voglia di gridare, L’uomo col megafono, Testardo e Salirò. (“Detto fra noi lascerei stare le opinioni / anzi se puoi concentrati sulle canzoni / che vedi ormai hai poche visualizzazioni / suggerirei sai di ritornare ai pezzi buoni / tipo / “preferirei stare seduto sopra al ciglio di un vulcano” / ti ricordi? salutando con la mano / e noi da sotto rispondiamo / riprendiamo / ri-twittiamo / ri-postiamo / rilanciamo / ti tagghiamo / fino a starci male / vedrai sarà virale / in men che non si dica”).

A questo punto ci troviamo nel bel mezzo della sala di registrazione, con Daniele e la sua band che discutono sulla costruzione armonica dei brani, quali accordi usare, e questo intermezzo dà la cifra del lavoro certosino e di gruppo che sta dietro a La terra sotto i piedi.
Questo mini-backstage fa da intro a Tutti matti, brano che parte con un attacco alla smania social di apparire (“Le case come confetti / il trucco sopra i difetti / e tutto per somigliare, per non sembrare diversi / I telefoni sono specchi, ma solo se sono spenti / per questo ricaricare è fondamentale, non pensi? / Per non rischiare di vedersi tristi”) per poi passare ad una dedica probabilmente al figlio Oliver, avuto nel 2014 dalla moglie, la consulente creativa Lisa Lelli, vergognandosi un po’ di lasciargli in eredità questo mondo in decadenza (“Nemmeno un popolo vigliacco come questo di cui faccio parte anche io / doveva consegnarti un mondo così brutto, amore mio / e mi vergogno di quest’aria che anche tu respirerai”).

Concime è una sorta di brano-manifesto, in stile Radici di Francesco Guccini, dove troviamo il lato più prettamente cantautoriale di Silvestri in quello che è quasi un elogio della lentezza, del ricercare la calma e scegliere adeguatamente le parole da usare, nelle canzoni così come nei rapporti tra persone, in contrapposizione ai ritmi frenetici e alle conversazioni superficiali odierne, per porre più attenzione ai dettagli e alle piccole cose, così come con pazienza si attende il germoglio dopo la semina (“Lo so che è difficile da immaginare ma / c’è stato un tempo in cui comunicare / era molto più scomodo e meno immediato / per questo un discorso era più ragionato / se avere risposte richiede dei mesi / diventa importante non esser fraintesi / e le dichiarazioni di guerra o d’amore / non ammettevano errore”).

Si prosegue con Scusate se non piango, altro spaccato sull’adolescenza, che in questo caso vede un giovane tirato in mezzo dai suoi compagni nelle proteste di piazza, ma sebbene fisicamente partecipi anche lui, con la testa è da tutt’altra parte, perchè sta vivendo uno dei suoi primi amori. Il brano è accompagnato da un video-cortometraggio diretto da Valerio Mastrandrea e Giorgio Testi (“Scusate se non piango / se non mi rendo conto / scusate poi se non partecipo allo sdegno / e neanche mi lamento molto / perché mi sono innamorato, non sono preparato”).

Altra canzone d’amore, contenuta nel love pack, è Prima che: anche qui si parla di una storia già finita o agli sgoccioli, quasi fosse una continuazione ideale de La cosa giusta. Un errore che cambia le carte in tavola, e il pensiero impossibile di tornare al momento prima del disastro, per cercare di capire come sarebbe potuta andare, se poteva essere diverso… oppure no (“Se anche fossimo sicuri che la colpa è stata solo mia / Cambierebbe qualche cosa o resterebbe solo il peso della tua malinconia / Mi cercheresti ancora, ancora / O scapperesti via / Se potessimo tornare al ricordo che hai di me / Alle cose come erano prima che…”).

Blitz gerontoiatrico, a giudizio di chi scrive, è il brano più geniale del disco, quello che rimanda un po’ agli anni ’90, a brani come Sogno-b: un dissing perfetto per stile, metrica e rime, che ricorda molto da vicino il Frankie HiNrg di Quelli che benpensano. In nemmeno due minuti di versi Silvestri inserisce molti più concetti e contenuti di quelli che ce ne sono nell’insieme delle canzoni trap degli “artisti” nostrani, ma dall’alto della sua età ed esperienza non si limita a ridicolizzarli e fare ironia sui loro testi da gansta de noantri e, quasi fosse un fratello maggiore, li sprona ad elevare il livello dei contenuti rispetto al solito trittico donne (anzi, “bitches”), soldi (pardon, “cash”) e droga (chiedo scusa, “ganja”) (“Le rime prevedibili, i concetti discutibili / E la fantasia che vola e che galoppa verso cime irraggiungibili di trash / E poi mi parli del cash… […] Il fatto è che puoi fare molto meglio di così / se alzi il livello del discorso, non del THC”).

E’ dedicata a Francesco Totti la canzone La vita splendida del capitano (non a caso è il brano numero dieci del disco). Silvestri non ha fatto mistero della sua fede giallorossa e ha deciso di scrivere questa canzone, ispirata dal momento in cui Er Pupone ha letto la lettera di ringraziamento ai tifosi nel giorno del suo addio al calcio, il 28 maggio 2017 (Le cose càpitano capitano / Anche se noi ce lo dimentichiamo / Sappiamo fingere di non sentircele / Tutte le bastonate che prendiamo”).

Si prosegue con Rame, altro brano cantautoriale vecchio-stile, che sembra quasi richiamare il tema del finale del film Perfetti sconosciuti, ovvero disinnescare le liti e le situazioni potenzialmente dannose e pericolose. Però qui, a differenza del film, ci si trova a fare questa riflessione  a posteriori dell’evento, a cose già successe. Special guests del brano l’amico di sempre Niccolò Fabi alla chitarra acustica e James Senese, che impreziosisce la canzone con un assolo di sax dal sapore anni ’80 (“E invece pensa se / Tutto il tempo perso per / Rinfacciarsi qualche errore / E discuterne per ore / Fosse stato messo via / Con un po’ di fantasia / Come spiccioli di rame / In un apposito forziere”).

Altro estratto dal dance pack, Tempi modesti, vede la partecipazione di Davide Shorty ed è un feroce attacco, seppur con ironia, al mondo dei social e al loro utilizzo in stile far west, come fosse un posto dove chiunque è libero di dire quello che vuole e sfogare le proprie rabbie e frustrazioni pensando che non ci sia nessun tipo di conseguenza alle proprie azioni e, in un certo senso, all’ingnoranza diffusa e all’analfabetismo funzionale dilagante in Italia. Questo sistema è sfruttato a pieno dai sapienti media manager dei politici (nemmeno troppo velato il riferimento a Salvini), che per fini propagandistici postano qualsiasi genere di contenuto, non importa se vero o falso, tanto la maggior parte delle persone non si preoccuperà nè di leggerlo nè tantomeno di verificarne la veridicità, ma si limiterà a cliccare “mi piace” e a condividere a prescindere (“Quindi finalmente / puoi dire quello che vuoi / E ti consoli pensando che il rischio non c’è / e ti diverti insultando chi è meglio di te / ché se va bene a un ministro figurati a me / e dài facciamoci un selfie col morto al mio tre! […] Quando serve una risposta / ammesso mai che sia richiesta / non serve neanche che sia giusta / come non serve che sia onesta / basta che sia sempre la stessa / e tu ripetila ogni volta / tanto a te cosa interessa / se per la gente che ti ascolta / puoi dire quello che vuoi”).

L’ultimo desiderio più che una canzone vera e propria è una delicata suite musicale per orchestra da camera impreziosita, che dolcemente ci accompagna verso la fine del disco, impreziosita da un breve testo che riprende ancora una volta il tema delle canzoni d’amore precedenti, ovvero il tentare di recuperare un situazione che sembra ormai perduta con un tentativo estremo, un ultimo desiderio per far tornare indietro le lancette, sperando che serva a qualcosa, anche se sarà difficile (“Giurami che niente è perso / giurami che è ancora uguale tutto, anche se è diverso / e giura che mi guarderai lo stesso”).

Chiude l’album Il principe di fango (solo un lieto fine) e, forse un po’ inaspettatamente, la storia d’amore che sembrava disperata giunge, appunto, ad un lieto fine, come a voler dare un senso positivo a tutto l’album e a tutte le brutture e storture del mondo descritte in un’ora di musica. Come detto dallo stesso Silvestri «Possiamo parlare di tutto, dei massimi sistemi, dei temi scomodi, delle derive politiche, culturali, sociali…ma alla fine – come diceva qualcuno – è sempre l’amore il motore di tutto». Ed è proprio l’amore allora che ci spinge a cambiare, a trovare la forza di fare quel passo in più verso il prossimo, per arrivare a quello “splendido finale”. (“Quel buco che hai nel petto / che cerchi di coprire / un giorno ti prometto / mi ci lascerò cadere / e troverò là dentro / se un poco ti conosco / un principe di fango / e un vecchio commosso per te”).

A partire dal titolo è chiara l’intenzione di Silvestri, ovvero lasciare l’aereo da cui ci si guardava da lontano in Acrobati e tornare coi piedi ben saldi a terra, rappresentando i tempi moderni (che purtroppo sono modesti, come raccontato nell’omonimo brano) col suo sguardo attento, a volte cinico e diretto, ma sempre sincero e senza far mancare quel tocco di ironia che lo contraddistingue.
La terra sotto i piedi è un disco disomogeneo ma allo stesso tempo omogeneo e coerente. E non si tratta di un bisticcio di parole, ma del solito stile di Silvestri: un mix di generi musicali, metriche diverse, argomenti diversi e talvolta totalmente disgiunti ma che stanno bene in equilibrio tra loro in un’unità di fondo che è  la cifra stilistica del cantautore romano.
Se dobbiamo scegliere le canzoni più rappresentative di questo album sono sicuramente Argentovivo, Complimenti ignoranti, Tempi modesti e Blitz gerontoiatrico. Un po’ sottotono Scusate se non piango e La vita splendida del capitano.

Per un approfondimento ulteriore su alcune tematiche dell’album vi rimandiamo alla nostra intervista.

Questi i prossimi appuntamenti instore per la presentazione dell’album:
7 maggio – Bari, Feltrinelli via Melo, ore 18:00
9 maggio – Milano, Feltrinelli Piazza Piemonte, ore 18:30
10 maggio – Bologna, Feltrinelli Piazza Ravegnana, ore 18:00
11 maggio – Torino, Feltrinelli Stazione Porta Nuova, ore 17:00
12 maggio – Genova, Feltrinelli Via Ceccardi, ore 17:00

Queste le date del tour autunnale nei Palasport:
25 e 26 ottobre – Roma, Palazzo dello Sport
8 novembre – Padova, Kioene Arena
9 novembre – Rimini, RDS stadium
15 novembre – Bari, PalaFlorio
16 novembre –Napoli, PalaPartenope
22 novembre – Milano, Mediolanum Forum
23 novembre – Torino, Pala Alpitour

Tracklist
1. Qualcosa cambia
2. Argentovivo (feat. Rancore e Manuel Agnelli)
3. La cosa giusta
4. Complimenti ignoranti
5. Tutti matti
6. Concime
7. Scusate se non piango
8. Prima che
9. Blitz gerontoiatrico
10. La vita splendida del capitano
11. Rame
12. Tempi modesti (feat. Davide Shorty)
13. L’ultimo desiderio
14. Il principe di fango (solo un lieto fine)

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci qui il tuo nome