Intervista a Tricarico: «La musica di oggi è inutile e autoreferenziale, abbiamo bisogno di De Gregori»

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Tricarico

Tutto è cominciato qualche mese fa durante il tour “Off the record” di Francesco De Gregori al Teatro Garbatella di Roma: dopo aver sempre avuto nel corso degli anni parole di apprezzamento per Tricarico, il Principe ha deciso di invitarlo sul suo palco durante quella serie molto particolare di concerti davanti ad un pubblico quasi “casalingo”.
Da lì è nata questa collaborazione che ha portato “l’altro” Francesco ad aprire tutti i concerti del nuovo tour De Gregori & Orchestra”, che ha debuttato in questi giorni alle Terme di Caracalla di Roma (qui il racconto della prima sera e l’intervista a De Gregori).
Da qualche settimana inoltre è in radio il suo nuovo singolo, Abbracciami fortissimo, e proprio in occasione dell’apertura del tour a Caracalla abbiamo incontrato Tricarico per una chiacchierata.

De Gregori ha speso parole importanti nei tuoi confronti nell’incontro con la stampa: ti ha definito suo gemello nel tuo essere “sghembo” e ti ha paragonato a Piero Ciampi.
Mi fa piacere questo affetto da parte di un gigante della musica italiana, è un bel riconoscimento e mi dà anche forza, voglia di fare e di scrivere. Sento delle belle energie, dopo tanti anni di carriera è un grandissimo riconoscimento di cui vado fiero e orgoglioso.

Com’è nata questa collaborazione?
Negli anni lui aveva sempre avuto belle parole per me, poi di recente ci siamo sentiti, ho avuto l’opportunità di andare a Garbatella e abbiamo cantato insieme. Siamo stati bene e da lì mi ha chiesto se volevo accompagnarlo in questo bellissimo tour orchestrale: è nato tutto da una bella serata di musica e di sogni, di strane alchimie e strane magie che fortuntamente a volte ancora ancora accadono nella musica e nella vita e danno speranza che l’imprevedibile esista, che non sia tutto previsto. Io non dico nulla, perchè lui dice che non devo ringraziarlo, ma è una grande opportunità per me, per cui sono contento di essere qui e in tutti i luoghi dove andremo.

Negli ultimi mesi hai pubblicato due singoli, prima Generazione e poi Abbracciami fortissimo. Sembra quasi che tu sia tornato a pubblicare un singolo dietro l’altro come ad inizio carriera. C’è un motivo particolare per questa scelta?
Lo scopo è fare quello che si faceva vent’anni fa, ovvero cercare di fare belle canzoni e vedere quello che fanno accadere, poi in base a quello che accade raccoglierle, suonarle e vedere. Ce ne sono altre molto belle e già prodotte, stiamo aspettando di capire come farle uscire.

Quindi non c’è una data per un disco?
C’è un 2019, forse inizio 2020. Per il momento stanno succedendo cose belle. Leggevo che Francesco ha detto che non ha più voglia di fare dischi che non si vendono e che le radio non passano e in un certo senso lo capisco: è un momento strano per la musica, accendo la radio e a volte sono sorpreso, diciamo “sorpreso” e basta, senza dare giudizi. Io sono ancora battagliero, non mi sono rassegnato e penso che nemmeno De Gregori si sia rassegnato, credo che la sua fosse più una provocazione e sono sicuro che farà ancora cose meravigliose, perchè io ne ho bisogno e tutti abbiamo bisogno delle sue canzoni.

Qualche tempo fa mi avevi detto in un’altra intervista che proprio a causa del livello della musica odierna vorresti tornare ai tempi d’oro di Mina.
Erano anche altri tempi storici, si veniva da un dopoguerra, c’era bisogno di stare assieme e c’era un sogno collettivo. Forse adesso manca questo, un’idea comune: è tutto molto diviso, molto solitario, uguale, superficiale e autoreferenziale, come se ci fossero tanti “uno”, tanti replicanti.

C’era anche il fatto che tanti dei grandi cantautori, penso proprio allo stesso De Gregori, a De André, a Guccini avevano nelle canzoni una base culturale molto forte che adesso non si trova più da nessuna parte nei cantanti di oggi.
La mucisa si è spostata, l’hanno spostata, è diventata molto intima, anche inutile per certi aspetti, autoreferenziale e autocompiaciuta. Forse anche io quando ho iniziato con Io sono Francesco ero stato un precursore di questa deriva nell’andare in profondità rispetto a certe cose, credo che forse quella fosse una reazione. Questo nuovo modo di fare musica ha raggiunto un grande traguardo, ovvero quello in cui va bene tutto: l’asfalto è nero, io ci cammino sopra, le tende sono bianche e c’è anche un tombino. Questo è un testo, non c’è più un tendere all’alto.

A proposito di colori… tu usi tantissimo i colori nelle tue canzoni: la neve blu, il drago verdolino, l’aeroplano giallo, l’acquedotto fosforescente, il cielo rosa, ecc… C’è un motivo particolare nel tuo ricorrere spesso ai colori, soprattutto in questo modo non convenzionale? Magari la tua passione per la pittura entra in qualche modo anche nelle canzoni.
Esatto, io dipingo ed ora c’è anche una bella mostra a Milano alla Fabbrica EOS fino al 29 giugno.
I colori sono belli, spesso dicono più delle parole, sono emozioni: il colore di un viso ti può dire tante cose, il colore del mattone di queste terme di 2000 anni fa dice tante cose, per cui sì, il colore dà emozioni ed aiuta a creare delle scene.

Il tuo nuovo singolo, Abbracciami fortissimo, parte da una riflessione in cui dici che “gli uomini dovrebbero stare con gli uomini e le donne con le donne”, anche se poi però l’amore spinge ad andare oltre per superare questa “barriera”, nonostante tutto.
È una canzone che parla dell’amore, di un grande amore e di una separazione, dell’incomprensibilità che c’è a volte tra uomo e donna, che sono due mondi molto diversi e molto affascinanti ma spesso molto lontani e quindi succede che si litiga. Poi è chiaro che scrivendo una canzone non c’è solo quello, però Abbracciami fortissimo parla dell’amore, di un abbraccio fortissimo che riguarda anche l’amore che c’è per i figli durante una separazione: è tutto molto simbolico, ci sono molte cose tolte in quella canzone che lasciano solo dei flash, delle immagini.
Il ponte del mito inventato è un ponte ideale che vuol dire che prima di amare bisogna conoscere la realtà, saper gestire l’amore, saperlo gestire senza aspettative, per cui è una canzone semplice e complessa allo stesso tempo.

Chiudendo come siamo partiti, quest’estate aprirai tutto il tour di De Gregori. Se una sera ti dicesse “Francesco, stasera sali sul palco e canta una canzone con me”, quale sceglieresti?
Alla Garbatella facemmo Santa Lucia, quindi mi piacerebbe cantare ancora quella. In questo tour ci sono delle canzoni meravigliose, ha scelto una scaletta strepitosa, però a Santa Lucia sono affezionato: lo trovo un grande modo di lasciare spazio alla quotidianità e alla poesia tramite questo genere di metafore che ormai non si usano più.

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1 COMMENTO

  1. Tricarico è un artista mai banale, e lo dimostra anche dall’intelligenza delle risposte e delle riflessioni contenute in questa intervista. Davvero interessante, spero che sia di esempio per tanti giovani artisti. Grazie!

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