Federico Buffa porta in scena “Esta noche juega El Trinche”, una storia romantica

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Chi, come me, è cresciuto guardando ore e ore di partite NBA di fine anni ’90/inizio anni 2000, per forza di cose è rimasto ammaliato dal duo (sportivo) più famoso del piccolo schermo: Flavio Tranquillo e Federico Buffa. Si potevano passare ore ad ascoltarli, vuoi perché il basket non sarà lo sport più popolare, ma è il più adrenalinico del mondo (parere personale), vuoi perché ogni loro telecronaca poteva considerarsi un approfondimento culturale ancora prima che sportivo.

Negli anni Federico Buffa è diventato, semplicemente, il più grande storyteller italiano, portando la sua conoscenza, ma soprattutto i suoi racconti, sui teatri di tutta Italia. Ieri sera, in occasione degli eventi organizzati dalla città di Bologna per gli Europei di calcio U21, è andato in scena lo spettacolo “Esta noche juega El Trinche” (regia di Pierluigi Iorio), la storia di Tomas Felipe Carlovich, detto El Trinche, giocatore argentino degli anni ’70 che non ha mai calcato grandi palcoscenici internazionali, ma intorno al quale sono nate leggende di ogni tipo, tanto da far dire a Maradona, in una conferenza stampa, che il più grande giocatore della storia di Rosario non è lui (che ci giocò a fine carriera), ma proprio El Trinche.

È una storia romantica, di quelle storie che possono accadere solo nello sport. Fatta di passione e non di business, di emozioni e non di soldi. Come quel giorno del 1974: la nazionale Argentina si sta preparando ai Mondiali del ’74 e decide di organizzare un’amichevole contro una selezione di giocatori di Rosario. Niente di speciale per una corazzata come la blancoceleste, peccato però che solo il primo tempo finisca 3-0 per la selezione di Rosario. El Trinche ha talmente in mano il gioco che l’allenatore dell’Argentina è costretto a pretendere che venga sostituito dopo i primi 45 minuti di gioco.
I racconti si susseguono, diventa famoso per il “doppio tunnel”, prima con l’interno del piede, per poi aspettare l’avversario e rifarglielo con l’esterno. Altre volte, semplicemente per riposare, vince un contrasto con un tackle per poi sedersi sul pallone. Rosario lo ama. E lui ricambia questo amore con fedeltà.
È inspiegabile come un giocatore simile non abbia mai calcato i palcoscenici che meritava. Ma, come le tutte favole che si rispettino, la risposta è molto semplice: non voleva andar via da Rosario, dalla sua città, dalle sue abitudini, dalla sua gente.

Federico Buffa tiene perfettamente il palco per un’ora e mezza, a volte raccontando la storia in prima persona, altre interpretando lui stesso El Trinche, ben aiutato da Mascia Foschi e Claudia Letizia (con Maurizio Deho al violino, Nadio Marenco alla fisarmonica e Alessandro Nidi al pianoforte). Lo spettacolo corre veloce, ci si emoziona, si rimane aggrappati alla storia, ai tanti passaggi, ai tanti aneddoti. Sembra di ritrovarsi a quei tempi, a quei momenti. Si riesce a capire perfettamente chi è e che cos’è El Trinche. Ma soprattutto, per quanto tutto sia lontano e distante da noi, riesce a essere tremendamente interessante.

Ci vuole coraggio a raccontare la storia di un calciatore argentino degli anni ’70, che ha collezionato a malapena 4 presenze nella massima serie. A meno che tu non sia il più bravo storyteller italiano.

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