Cesare Cremonini: la grande industria del live. Dai mancati sold out dell’estate, alle strutture inadeguate al sud: attenta analisi del cantautore bolognese.

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Cesare Cremonini

L’estate è da sempre la stagione regina della musica dal vivo, complici i tour nei grandi stadi e arene dei cantanti nostrani e non, festival, eventi, e rassegne a tutto spiano.

Nella corsa a fare la conta tra chi ha staccato un biglietto in più o in meno, si stanno versando, da settimane, fiumi d’inchiostro su chi è uscito vittorioso da questa conta (che sembra diventato l’unico metro di giudizio per stabilire se un artista “vale”ancora), registrando incredibili sold out, ma anche chi viene dichiarato perdente, con sold out incredibilmente mancati, spesso apostrofando questi ultimi con un’evidente carenza d’empatia verso l’artista interessato.

Di sold out se n’è parlato talmente tanto, anche e soprattutto di quelli taroccati, raggiunti con biglietti omaggio (o quasi), che a farne le spese sono stati (e sono) anche artisti non coinvolti, che da tempo si vedono sbeffeggiati su quella macchina sputa-veleno che si chiama “social”.

I grandi live (e non solo) vanno poi a braccetto da tempo con il fenomeno del secondary ticketing (il cosiddetto bagarinaggio online), che si prevede di arginare con l’introduzione del biglietto nominale, dal prossimo primo luglio. Contro questa iniziativa, si sono però già schierati Mimmo D’Alessandro (di D’Alessandro e Galli) e Vincenzo Spera (di Assomusica), che temono un sicuro rincaro dei biglietti, che servirà a sostenere i maggiori costi imposti agli organizzatori, unito alla procedura, di certo non semplice, di rivendita del biglietto acquistato in precedenza, nel caso non si possa più assistere all’evento (per qualsiasi motivo).

Su tutto questo, e non solo, Cesare Cremonini ha posto l’attenzione stamattina, con un lungo post su Facebook, addentrandosi in un’esaustiva analisi che riguarda, ovviamente, anche i costi da sostenere per realizzare questo tipo di live, che prevedono anche figure professionali che assicurino una sicurezza ineccepibile (al fine di allontanare lo spettro di tragedie, come quella di Corinaldo).

Cremonini ha chiuso, infine, la sua lunga analisi, con il rammarico di vedere il Sud, ancora una volta, estraniato dalla grande e importante industria della musica dal vivo (che genera un sicuro guadagno alle location ospitanti), per mancanza di strutture idonee. Così, grandi città e regioni, vere e proprie culle della tradizione musicale, come Napoli e Palermo (tanto per citarne due), si trovano incredibilmente tagliate fuori, rinunciando a ricadute positive, non solo culturali, ma anche e soprattutto economiche, sul proprio territorio, tra l’indifferenza di tutti.

“Ci sono un paio di cose che mi piacerebbe aggiungere alle varie considerazioni lette in giro sui mancati, riusciti, presunti soldout di questa estate. È vero che esiste una guerra di comunicazione e una corsa malata ai numeri che, in alcuni casi, appare forzata. Purtroppo è successo persino che qualcuno con molto pelo sullo stomaco, giocasse sporco riempendo le location con migliaia di biglietti omaggio e questo va combattuto con tutte le forze perché crea un inganno nei confronti del pubblico, proponendo falsi miti e bluff che inquinano il lavoro di tanti e saturano il mercato, facendo perdere credibilità a tantissimi che invece lavorano con serietà e onestà. Ma penso sia necessario aggiungere un paio di informazioni in più per avere un quadro completo di come la macchina organizzativa di un evento funzioni.

Innanzitutto un concerto in uno stadio, come in altre grandi o piccole location, prima di rendere, costa. Costa e moltissimo a chi lo organizza. Soprattutto nel caso di tour importanti con numeri che fanno la differenza, di artisti che hanno per questo un compenso adeguato e una produzione competitiva all’altezza dell’entità dell’evento. Chiediamoci cosa accadrebbe se in un tour da 300.000 ipotetici biglietti da vendere, ne restassero invenduti il 10%? Un tour (anche se non sono tutti uguali e non è mai giusto generalizzare) andrebbe probabilmente in perdita. Non diversamente da quanto succederebbe nel locale notturno gestito dal mio amico o nel ristorante dove vado spesso a pranzo. E non solo le società organizzatrici avrebbero perdite economiche ma tutte le attività che contribuiscono alla riuscita di un evento di tali dimensioni. La sicurezza è fortunatamente diventata una priorità assoluta per tutti e si fanno sempre di più sforzi per assicurarla. Oltre a questo che è prioritario, alla produzione e agli affitti delle location, se si organizza uno show, chi lo crea ha la responsabilità di rimettere tutto in ordine a sue spese (nel caso degli stadi il  manto erboso e la struttura intera), organizzare e sostenere economicamente le spese extra di trasporto cittadino, (es. gli orari prolungati dei mezzi pubblici) e via dicendo. Il numero enorme di persone che lavorano ad uno spettacolo dal vivo sia dal punto di vista tecnico che artistico che commerciale è gigantesco e la macchina organizzativa molto più grande di quanto si creda. Se si potesse sapere da quale numero di biglietti venduti esiste un reale guadagno in una data di un tour, anche del mio, non credereste normale che si accetti un rischio d’impresa così alto. Il motivo dei costi è causato da più fattori su cui sarebbe bene riflettere anziché tirare conclusioni affrettate, riducendo il discorso unicamente alle vittoria o la disfatta degli artisti, che al pari delle polemiche politiche non ottengono molto di più che il far discutere al bar i soliti rancorosi perditempo haters con i soliti permalosi fan.

L’industria del live vive un momento molto positivo. Non solo per chi ci lavora direttamente. Quando si parla di stadi o festival si parla di cifre enormi intendendo l’indotto economico che creano sul territorio. Il Firenze Rock appena concluso questa estate, ha portato una ricaduta economica sul territorio di circa 41.000.000€. Le date di Lignano dell’anno passato, tra cui la mia, hanno creato un giro economico al territorio di 19.000.000€. (fonte Camera di Commercio). Quanto avrà portato Vasco in Sardegna quest’anno? Quanto ne porterà Lorenzo questa estate nel suo mega tour nelle spiagge?

Ricaduta economica vuol dire che alberghi, treni, ristoranti, pizzerie, osterie, bar, tabaccai, bed&breakfast e persino le chiese, i musei e i comuni ne giovano enormemente. In cambio lo Stato, che continua a sostenere economicamente e giustamente canti popolari lombardi, feste di piazza o film che non usciranno, non sovvenziona nulla di tutto questo e dal mio punto di vista credo sia molto meglio così.

Il merito di questa forza deve essere tutto nostro, di chi lavora (sono migliaia i posti di lavoro qualificato che la musica live assicura) e del pubblico che ha capito che la musica è una industria dell’umore sì, ma anche dell’economia reale. Sostenerla significa in primo luogo dare valore alle qualifiche e alla professionalità, che sono fondamentali per evitare tragedie come quelle di Corinaldo.

Quel ben regalo che è la legge sul biglietto nominale, invece, (i tour come il mio, aperti nelle settimane scorse, non fanno parte del discorso) siamo sicuri che porti bene al pubblico oltre a molti problemi in più per gli organizzatori dei concerti? Spero di sì. In termini pratici la prima cosa che accadrà sarà un aumento del prezzo dei biglietti perché se, come accade sempre, anziché colpire i colpevoli, (i bagarini divenuti business-man tramite le possibilità della rete) siccome non ci riesci, colpisci le società (di calcio, di produzioni musicali e via dicendo) le società reagiranno ai nuovi costi aggiuntivi (personale in più per i controlli, entrate con nuovi tornelli, strutture aggiuntive ecc..) alzando i costi. (Ricordiamoci quel 10% di differenziale di cui parlavo prima). Ma anche il pubblico verrà presto messo in maggiore difficoltà. Esempio: vuoi comprare un biglietto di un concerto? Dopo che lo hai acquistato cambi idea o ti succede un imprevisto e non puoi più andare? Vuoi regalare il tuo biglietto a qualcuno? È probabile che si paghi per farlo, perché anche se lo Stato a volte se ne dimentica, nessuno al mondo fa nulla gratis. E quando qualcosa costa di più ai privati, perché lo Stato sceglie la strada più comoda, il prezzo, è bene ricordarlo, lo paga sempre il pubblico. (Le tasse servirebbero a evitare questo?).

Per finire, la cosa più importante: sono sicuro che la mancanza di strutture adeguate al sud sia un danno per tutti, qualcosa di cui si dovrebbe parlare molto, al posto di tante sciocchezze da post decadenza televisiva, e sono certo che come Paese, non possiamo permetterci culturalmente ed economicamente di non affrontare questo tema. Il Sud non ha solo il turismo. Ha la musica nel sangue. Città straordinariamente belle e importanti come Napoli, Palermo, Reggio Calabria, regioni abbandonate come la Basilicata e la Sardegna, tutta la Sicilia e la Calabria, non hanno da anni luoghi sicuri in cui creare grandi eventi con un margine di rischio accettabile e nessuno muove un dito. Fare numeri che coprano i costi di produzione nelle strutture del sud è sempre meno scontato e un’Italia a due velocità produce una cautela maggiore su tutti i fronti. In alcuni casi si inizia un anno prima proprio per permettere a TUTTI di godere di un evento straordinario.

Buona estate e buona, grande musica live a tutti”. Cesare Cremonini

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