
Probabilmente ci salverà lo swing. Non le rockstar avanti con gli anni, i rapper italiani vestiti da capo a piedi dagli sponsor, i grungettari col Rolex, gli Iron Maiden, i maledetti hipster, chi canta Carote e ovviamente “fa impazzire il web”, Ariana Grande che imita le nudità di Madonna con trent’anni di ritardo o Tommaso Paradiso in versione solista. Non ci salverà nemmeno il nuovo album dei Tool, ma lo swing, ecco lo swing forse sì. La grande classe canora sciorinata interpretando classici immortali del canzoniere americano scritti anche settanta/ottanta anni fa. L’arte di intrattenere sorridendo e ballando. Raccontando storielle sagaci tra un brano e l’altro. Questa, d’altronde, è la risposta che ci ha dato il Forum di Assago, ieri sera, per la prima delle uniche due date italiane di Michael Bublé (guarda qui la fotogallery). E stasera, 24 settembre, ovviamente si replica a grande richiesta. Stessa location, stesse scarpe lucide. Nere, come da tradizione.

L’atmosfera, come prevedibile, è quella dell’evento speciale che non va in scena a ogni singola occasione: palco su più livelli modello Las Vegas, una trentina di orchestrali in abito da sera, fiati degni della Carnegie Hall, violiniste eccelse, megaschermi per vedere da ogni angolazione, luci calorose ma eleganti. E in mezzo a tutta questa grandeur, lui, la vedette: Michael Bublé, canadese di Vancouver di 44 anni (compiuti lo scorso 9 settembre, tra l’altro), barba curata, giacca di alta sartoria, modi da piacione e, last but not least, voce killer che non stecca praticamente mai. Un mostro di perfezione.
Uno, Bublé, che tra una battuta e l’altra non le manda di certo a dire. Il fatto è che lo fa con gran classe e quindi non ruberà mai nessun titolone al trapper debosciato di turno. Noi, sul taccuino, abbiamo segnato le seguenti in relazione ad argomenti sempre caldi come caro-biglietti, fashion e sesso. «Con quello che avete pagato per assistere al mio show potete sia ballare che starvene comodamente seduti: è un vostro diritto e io mica mi offendo…», oppure: «Siamo nel bel mezzo della settimana della moda (la fatidica e temibile fashion week milanese. NDR) e mi hanno detto che stasera, tra il pubblico, ci sono diversi esponenti delle maggiori griffe. Allora mi spiegate perché vedo tanta gente vestita da pagliaccio? Moda non dovrebbe essere sinonimo di eleganza?». Infine la più riuscita del lotto: «Ci sono dei single in platea? Bene, io canto per le coppie, di qualsiasi estrazione, ma voi cuori solitari potete sempre lanciarvi in un bel menage a trois: tanto quello che succede a Milano, resta a Milano (strizzatina d’occhio)». Hai capito, l’entertainer…

Il concerto, freddure a parte, è una bomba di altri tempi: 15 cover provenienti dal Great American Songbook su 21 brani in scaletta, più qualche pezzo originale tratto dall’ultimo album, Love, del 2018 (un ritorno alla grandissima per lo stesso Bublé), e svariati evergreen che ormai sono patrimonio del crooner tipo Feeling Good di Anthony Newley, Sway di Dean Martin, una sempre seducente My Funny Valentine, per non parlare di una Cry Me a River (quella resa celebre da Julie London) dalle atmosfere palesemente jamesbondiane.
Momenti topici e indimenticabili: una Home cantata in maniera straordinaria sia da Bublé che da uno degli spettatori (tale Paolo di Palermo: forse una gag preparata per tempo oppure il tipo è davvero un talento nascosto dell’adult pop e meriterebbe immediatamente un contratto discografico, magari con la stessa Warner); il palco B, al centro del parterre, dove si scatena la vera festa (una Buona Sera Signorina di Louis Prima talmente swingante da resuscitare il fantasma mai domo di Fred Buscaglione, Just a Gigolo in medley con I Ain’t Nobody, più il twist di You Never Can Tell, visto che questo è pur sempre periodo tarantiniano); un senso di rispetto totale per la sacra arte della Musica. Racconta l’artista: «Stavolta i soldi della produzione non li ho spesi per fuochi d’artificio o coriandoli, ma per mettere su una congrega di orchestrali invidiabili. E voi che siete italiani, che sapete esattamente cosa significhi la parola ‘Arte’, ve ne sarete accorti eccome che razza di big band ha suonato stasera». Applausi tipo 2-0 dell’Inter nel derby.
Basterebbe così, ma Bublé stavolta è logorroico. Canta Nobody But Me (oppure era Love You Anymore o Everything) e poi aggiunge: «Credetemi, non lo faccio per soldi e nemmeno per avere diecimila persone sotto al palco che mi acclamano. Lo faccio per prendermi cura della mia famiglia e per questo devo dire grazie a voi che spendete soldi per me; e, di conseguenza, me lo permettete». Una franchezza molto americana, la sua, e per una volta tanto verosimile viste le recenti disavventure familiari di Michael (la malattia del figlioletto Noah fortunatamente risolta) e sublimata, giusto in conclusione, da una toccante cover di Always On My Mind lanciata da Gwen McCrae, ma resa immortale dal Re.

Il gospel di Elvis Presley si avverte tutto, fino all’ultima goccia, all’interno di una esecuzione semplicemente magnifica e commovente. Fine. Uscendo, notiamo il banco del merchandise, e il tour program autografato da Bublé costa qualcosa come la bellezza di 50 euro, ma non sottilizziamo. Stasera non è stato solo mero showbusiness, ma divertimento, mestiere, pathos e musica sublime. Chi pensa ancora che sia solo swing buono per la novena di Natale, forse dovrebbe ripassarsi con attenzione i grandi del Novecento: Frank Sinatra, Tony Bennet, Dean Martin, Nat King Cole, Bobby Darin, Gene Austin ecc. Tutti gli idoli indiscussi di Bublé. Tutti grandissimi.
La scaletta di Michael Bublé [email protected] Forum, 23 settembre 2019:
1) Feeling Good
2) Haven’t Met You Yet
3) My Funny Valentine
4) I Only Have Eyes for You
5) Sway
6) Such a Night
7) (Up A) Lazy River
8) When You’re Smiling
9) You’re Nobody Till Somebody Loves You
10) When I Fall in Love
11) Love You Anymore
12) Forever Now
13) Home
14) Buona Sera Signorina
15) Just a Gigolo/I Ain’t Got Nobody
16) You Never Can Tell
17) Nobody but Me
18) Cry Me a River
Bis:
19) Where or When
20) Everything
21) Always on My Mind