Grazie a Dio

Preti e pedofilia. La fatica delle vittime per avere ascolto

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Grazie a Dio
di François Ozon
con Melvil Poupaud, Denis Ménochet, Swann Arlaud, Éric Caravaca, Francois Marthouret
Voto: rigoroso

Un padre di famiglia benestante, cattolico, praticante, credente, sposato, cinque figli, scopre che il prete che abusò di lui quando era nei boyscout ha ancora ruoli a contatto coi bambini nella diocesi di Lione. Ne discute con la moglie, scrive al vescovo, inizia una salita nella burocrazia. Vuole un confronto e una presa di posizione da parte della gerarchia ecclesiastica. Il prete pedofilo è un uomo anziano, stanco, ammette le sue colpe, dice di essersi sempre considerato un malato, dice che i superiori hanno sempre saputo. Il vescovo è comprensivo e molto bravo con le parole. I fatti però non seguono mai. Il padre di famiglia comincia a darsi da fare, segue le vie legali, contatta la polizia, i giornali, rintraccia almeno altri due ex bambini abusati, un artigiano ora ateo e un uomo dalla vita complicata dagli abusi: insieme creano un’organizzazione per convincere le altre vittime a unirsi e parlare. Il film di Ozon ricorda per ovvi motivi le tematiche attraversate da Spotlight, il film sullo scandalo dei preti pedofili di Boston, ma non è un’inchiesta giornalistica, è soprattutto un viaggio nei dubbi e nei silenzi delle vittime e delle famiglie e nei silenzi della Chiesa che cerca di evitare il clamore, lo scandalo, e a volte persino la denuncia. La storia è vera e l’uscita del film è stata rinviata su richiesta degli avvocati alla fine del processo. Non è un film anticlericale, né d’azione in qualche modo giustizialista, non è al servizio della vendetta, è attento alle distinzioni tra pedofilia e omosessualità, tra silenzio e pudore, tra fede e istituzione. E l’unica vera gaffe (un vero e proprio lapsus) la fa il vescovo quando usa senza pensarci troppo le parole Grazie a Dio e tira un respiro di sollievo. Non vi diciamo in che occasione.

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