Il blues in Italia ha un nome, ed è quello di Zucchero. Nato a Roncocesi, in provincia di Reggio Emilia, il 25 settembre di 64 anni fa, Adelmo Fornaciari ha avuto un’infanzia semplice, nella campagna emiliana, e il suo particolare nome d’arte deriva dal soprannome della sua maestra delle elementari.
Diplomato come perito elettronico, il nostro Sugar si iscrive alla facoltà di veterinaria ma decide di lasciare gli studi a pochi esami dalla tesi. La musica era già entrata nel suo destino proprio negli anni universitari, grazie a un collega americano che gli insegnò le basi della chitarra. Dopo i primi anni in vari gruppi e la vittoria a Castrocaro nel 1981 con il brano Canto te, nel 1982 inizia un controverso rapporto con il Festival di Sanremo, nel quale non ha mai trionfato e ha sempre avuto esperienze deludenti. La svolta avviene nel 1984, quando il cantautore decide di cambiare la sua carriera andando in California e iniziando a collaborare con Corrado Rustici. In quel momento, dà definitivamente l’impronta internazionale al suo sound che ancora oggi lo contraddistingue.
E questo è ben chiaro nel disco dell’anno dopo, Zucchero & The Randy Jackson Band, con i testi di due autori di eccellenza, Mogol e Alberto Salerno. Da questa collaborazione sono nati brani di enorme successo come Donne, in gara a Sanremo e arrivata penultima, ma premiata dal pubblico.
Già da quegli anni, Zucchero inizia un percorso di collaborazioni instancabile, guadagnandosi una credibilità e una popolarità che lo rendono a tutti gli effetti il bluesman italiano per eccellenza, anche agli occhi degli artisti stranieri. Su tutti, l’amicizia e la stima di Eric Clapton, che va avanti dal 1990, quando slow hand lo volle a supporto del suo tour, fra cui 12 serate alla Royal Albert Hall di Londra. Sting, Bono, Pavarotti, sono solo alcuni degli artisti con cui Sugar può vantarsi di aver collaborato.
I successi del bluesman emiliano non si contano, da X colpa di chi a Così celeste, Miserere, Overdose d’amore e tante, tante altre ancora.
Diretto, alla mano, con un timbro di voce unico e un piglio sul palco da 20enne, Zucchero ha conservato quell’autenticità che fa parte delle sue origini, nonostante i tour mondiali e i milioni di dischi venduti. Uno stile costruito passo dopo passo che in Italia era un’assoluta novità e che ancora adesso lo rende riconoscibile, come un marchio di fabbrica.
Fra pochi giorni uscirà il nuovo album di Zucchero, Doc, anticipato dal particolare singolo Freedom, e il prossimo anno tornerà a suonare in quello che per sua stessa ammissione è il suo posto preferito per i concerti in Italia, l’Arena di Verona.
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