Un omaggio a trent’anni dalla sua scomparsa
Milano è immersa nella nebbia e nel freddo. È il dicembre 1949 e due signori distinti nei loro cappotti eleganti si aggirano nei prati deserti della periferia di Lambrate-Ortica. Sono Vittorio De Sica e Cesare Zavattini, regista e sceneggiatore di I bambini ci guardano, un film del ’43 guardato con sospetto dal regime fascista (raccontava la fine di un matrimonio, mentre la guerra stava mettendo in ginocchio il paese). La coppia si appresta a realizzare una nuova pellicola tratta dal romanzo Totò il buono scritto nel ’43 dallo stesso Zavattini per Bompiani e uscito a puntate sul settimanale Tempo. Lo scrittore, che conosce la città avendoci abitato per diversi anni, guida De Sica in un prato di via Valvassori Peroni posto tra il terrapieno ferroviario e i campi incolti nei quali i ragazzi giocano a calcio, nel quartiere Città Studi, dove sorge un polo universitario edificato negli anni Venti. È in quest’area che si decide di costruire il villaggio immaginario dei barboni dove si svolgerà buona parte della lavorazione di Miracolo a Milano, una favola surreale che parla di poveri emarginati. Nel febbraio del 1950 iniziano le riprese di uno dei capolavori della coppia di intellettuali il cui lungo sodalizio artistico continuerà fino alla morte del regista nel 1974. Per ricordare degnamente Cesare Zavattini, un gigante della cultura italiana (cinema, letteratura, pittura, ecc.), Reggio Emilia gli dedica una grande mostra a cura di Alberto Ferraboschi comprendente materiali documentari e iconografici, carte originali, dattiloscritte, annotazioni autografe, fotografie, video, libri e manifesti insieme a 150 suoi oggetti inseparabili, la macchina da scrivere, il basco, la borsa da viaggio e oltre 150 quadri provenienti dalla Pinacoteca di Brera di Milano, facenti parte della celebre collezione di 8X10 raccolti da Zavattini nel corso degli incontri con alcuni tra i più importanti artisti del Novecento. L’ultima sala del percorso espositivo sarà dedicata agli scatti inediti di uno dei maggiori fotografi italiani, Gianni Berego Gardin, realizzati in occasione del lavoro che ripropone la “Luzzara” di Cesare Zavattini (il suo amato paese di origine) nel libro fotografico Un Paese vent’anni dopo. In chiusura della mostra nell’aula magna dell’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia si terrà un convegno di studi incentrato sulla dimensione internazionale di Zavattini.