Molti di noi (io per prima) fino a qualche giorno fa non sapevamo chi fosse Quincy Mumford, al massimo (io per prima) lo avremmo preso per un nuovo componente dei Mumford & Sons. Invece basta un sound- check nella città più springsteeniana del mondo (Asbury Park), nel club più springsteenianamente iconico (The Stone Pony) ed ecco che ti cambia tutto: la carriera (forse), la vita (roba da raccontare ai nipoti), la popolarità oltreoceano (assolutamente), l’autostima (decisamente!). Invece accade che sabato scorso (7 dicembre) Quincy abbia un concerto con la sua band, The Reason Why, allo Stone Pony, mentre Bruce e Patti stanno in giro per un po’ di shopping natalizio. Quincy Mumford, un chitarrista e songwriter del Jersey Shore, una presenza abituale allo Stone Pony, ha 28 anni, una band e un paio di album all’attivo. Non ha nulla a che fare con Marcus Mumford, che di anni ne ha 32, è inglese e vive a Londra. Solo un cognome in comune.
Quincy, dunque, sta sul palco dello Stone Pony a provare con la band i pezzi per la serata. A un certo punto, mentre canta, da sotto il palco si avvicina un signore settantenne con una vistoso giaccone a quadroni e il cappello in testa, gli stringe la mano, gli fa i complimenti, scambia due chiacchiere con lui, mentre il resto della band continua a suonare. Si avvicina anche una signora con lui. Ovvio che il signore col giaccone a quadri e il berretto in testa sia Bruce, che insieme a Patti si sta godendo una pausa dai giri pomeridiani prima di tornare a casa, due shottini di tequila, un lento tenerissimo sulle note di Quincy e due chiacchiere in tranquillità.

Quincy quasi non ci crede: «Bruce e Patti ballavano mentre noi provavamo sul palco. Ho pensato che fossero una coppia che era entrata nel locale solo per comprare qualche gadget dello Stone Pony — ha scritto sui suoi social — Pensate alla mia reazione quando ho capito che erano loro. Sono venuti sotto il palco per un paio di minuti a parlare della mia musica, della mia voce e dei pedali che usavo quella sera. Mi hanno detto delle cose davvero molto gentili che mi hanno dato una grandissima carica, Patti ha voluto anche un mio demo».

Il video pubblicato dallo stesso Quincy è emozionante, il commento divertente e quasi commovente: Il momento in cui realizzi che Bruce era il tizio col cappotto-plaid che ha seguito il tuo sound check nell’ultima mezzora. Grazie per aver reso orgoglioso un altro ragazzo di Asbury Park.
Ecco, la magia del Natale (visto che ci siamo quasi), dello Stone Pony ma soprattutto di Bruce Springsteen è questa: l’eccezionalità nella normalità. P.S. La foto in evidenza di Quincy Mumford è presa dalla sua pagina personale Facebook