Non è stato un assoluto colpo di fulmine, lo ammetto. Innamorarsi di Cip! richiede il giusto tempo. Un po’, forse, perché – non possiamo negarlo – A casa tutto bene ha scavato un solco così profondo nei nostri cuori che c’è bisogno di abituarsi all’idea che d’ora in poi quello sarà un album “superato”. E si fa quasi fatica a immaginare la voce di Brunori Sas che canta qualcosa che non appartenga a quel disco.
E un po’ perché, a differenza di ciò che si potrebbe pensare per le sonorità forti e trascinanti e per i ritmi insolitamente allegri, è Cip! stesso a non essere un album immediato. È complesso, superbo e arguto nella sua semplicità. Per entrarci davvero dentro e sentirlo appieno serve più di un ascolto.
Una volta iniziato, però, questo nuovo viaggio brunoriano non si ferma più. Gli 11 brani che lo compongono si imprimono con delicatezza nel cuore e nella mente.
Gli ascolti arrivano uno dopo l’altro, senza sosta e senza nemmeno rendersene conto. Uno dei tanti – del tutto casualmente – per me è arrivato, rendendo tutto assai poetico, mentre percorrevo in macchina la strada per arrivare a Cosenza e attraversavo i luoghi di Dario: passavo per Guardia Piemontese, mi imbattevo nell’insegna della Brunori SAS all’altezza di Paola e dalle curve della statale riuscivo a vedere San Fili.
Cip! è fresco, innovativo, poetico, sfrontato. Un disco in cui i temi cari a Brunori si ritrovano tutti ma sono raccontati in maniera diversa e matura. L’ottimismo del cantautore calabrese smette di nascondersi dietro ironia e disincanto e, proprio come il pettirosso stampato in copertina, esce dal nido e si libera in volo una traccia dopo l’altra.
Le parole chiave dell’intero album sembrano essere leggerezza e speranza, raccontate da un magistrale Dario Brunori in un tempo in cui c’è bisogno di entrambe. Lui, si sa, è il cantautore degli opposti, dei contrari e in questo lavoro sembra voler affrontare il dualismo più estremo: quello tra vita e morte. E lo fa, senza drammi e schermi, con serenità e delicata attenzione.
Anche musicalmente l’album è molto complesso e minuziosamente costruito. Si passa dal folk delle percussioni al romantico piano, attraversando i riff di chitarra e gli assoli di sax. Le parti strumentali nelle code sono sempre curate e si impongono decise e potenti sui finali di quasi ogni pezzo. Tante sono anche le voci che appaiono come meteore nel corso dei brani e presentano il nuovo disco brunoriano come un gioco di squadra, quasi un lavoro corale. Come corale vuole essere il significato più recondito ed essenziale dell’album che guarda non al singolo individuo ma all’universo nella sua interezza
Ogni nota, ogni parola e ogni verso di Cip! è intriso di poesia. Il primo album del 2020 è davvero un soffio di primavera nel centro di questo rigido inverno.
Cip! Track by track:
- Il mondo si divide
Se è vero, come è vero, che Brunori Sas è un po’ il cantautore degli opposti, nel brano di apertura del disco, questa sua caratteristica si palesa. Si mettono a confronto due facce della stessa medaglia: le decisioni e le opinioni dettate dall’istinto sono contrapposte a quelle ragionate e ponderate. Il cantautore non si erge al di sopra delle parti, non lo ha mai fatto. Anzi, ammette di avere anche lui giorni in cui si sente “il peggiore dei coglioni”. Non giudica e non dice dove sta la verità perchè, in fondo, c’è un universo solo che unisce il cielo e il mare e il mondo si divide inutilmente. Secondo chi scrive questa recensione, questo è in assoluto il brano meglio riuscito dell’album che nasconde la sua buona dose di positività. D’altronde “con l’acqua fino al collo e gli occhi dritti al cielo” non sta solo chi non vede via d’uscita, ma anche chi – in mare – fa il morto a galla e guarda con rilassata leggerezza il mondo intorno a lui.
- Capita così
La realtà di tutti i giorni che ci mette di fronte all’evidenza: alcune cose sono più grandi di noi, sfuggono al nostro controllo e spesso anche alla nostra comprensione. Semplicemente “capita così”. Una matura presa di coscienza condita da bilanci del passato e possibili visioni del futuro. Quei pensieri che ti fanno sentire piccolo, minuscolo e ridicolo tra sette miliardi di persone. Il leitmotiv è già conosciuto: Dario ce lo aveva già cantato che “miliardi di stelle ti dicono niente? Non dicono forse che il cielo è più grande di te?”. E anche stavolta, sul finale, torna un arrivederci alla tristezza: la felicità è un miracolo che ci meritiamo.
- Mio fratello Alessandro
Forse il pezzo musicalmente meno potente e incisivo dell’album ma che ricorda quanto prendersi cura dei propri cari sia la migliore terapia per curare anche se stessi. Quando Dario canta che “gli uomini smettono di essere buoni solo quando si pensano soli. Quando perdono di vista la luce che sta in tutte le cose” passa poi dalla dimensione familiare a quella universale in un inno contro la solitudine delle anime.
- Anche senza di noi
Il tema che torna è un po’ quello già trattato anche in Capita così: il mondo girerà anche senza di noi, qualsiasi cosa decidiamo di fare, dire o pensare dell’oggi e del domani. La dimensione però è, in questo pezzo, più poetica e spirituale.
- La canzone che hai scritto tu
Il pezzone romantico e scanzonato in pieno stile Brunori. Una canzone d’amore che quasi fa il verso alle canzoni d’amore. Dario si scusa, dicendo “io non so fare davvero di più” ma in realtà scrive un pezzo in cui non c’è posto per fronzoli, paroloni e banalità. Solo un sentimento sincero che arriva a dire addirittura “se le parole che ho scritto non servono più, buttale via e inventale tu”.
- Al di là dell’amore
Di questo brano si è parlato, a giusta causa, in abbondanza. È stato il primo singolo ad anticipare l’album e continua a essere il pezzo portante di Cip! La preghiera laica che piace alle radio e al grande pubblico è un brano sociale e un mix di emozioni: rabbia, calore, nostalgia, spavento. Lo spazientito rammarico nei confronti di “un branco di cani senza padrone” che rischia di sporcare il mondo, si trasforma nel corso delle strofe in attesa e speranza “ma vedrai che andrà bene, andrà tutto bene”.
- Bello appare il mondo
Il brano stilisticamente più vicino ai pezzi di A casa tutto bene di cui sembra riprendere modi e temi, primo fra tutti la bellezza delle cose genuine e semplici. Quelle, ad esempio, che fanno apparire bello il mondo agli occhi dei bambini come Francesco (il suo nipotino già nominato in Lamezia Milano che, in questo pezzo, compare anche come seconda voce sul finale). Tornano quindi a cantare le voci infantili, come era accaduto ne Il costume da torero e le “vecchie versioni di te che non servono più e che non sei neanche tu” ricordano vagamente “quelle quattro o cinque cose a cui non credi neanche più”. In ogni caso un brano gioioso e ironico che ci invita a non prenderci sempre troppo sul serio.
PS: Ascoltandola con me, mentre la sentivo per la prima volta, mia Mamma mi ha detto che si trattava proprio della mia canzone. Non perché io sia sempre incazzata o nervosa, ma perché di tanto in tanto – come succede a molti – mi capita di farmi del male per alcune cose che non posso cambiare. Dovrei ripetermi più spesso “ma lasciaci stare!”
- Benedetto sei tu
Il brano più politico dell’intero album, costruito da un ritmo incalzante e da cori bellissimi che starebbero divinamente in uno stadio (chissà, un giorno…). Ricompare il vecchio Brunori socialmente impegnato, che con fare gucciniano esorta a risvegliare le coscienze e a restare (o tornare) umani. Un pezzo che rintraccia ed esalta la morale e l’etica al di là del credo religioso di ciascuno. “Sia benedetta l’energia delle persone che si abbracciano lo stesso anche senza religione. Quelli che lo sanno ancora cosa è bene cosa è male, senza che ci sia un padrone a doverglielo spiegare”.
- Per due che come noi
Il racconto dell’amore maturo che è riuscito a commuovere l’Italia intera trova il suo spazio ancora più significativo in mezzo alle altre storie cantate in Cip! Su questa ballad romantica c’è davvero poco da dire: si parla di Amore, con la A maiuscola, che diventa adulto e si trasforma. Ma che, soprattutto, resiste al tempo e alle intemperie.
- Fuori dal mondo
Dai tratti disneyani che ricordano lontanamente In fondo al mar della Sirenetta. L’inno dei sognatori, dei “figli dei fiori con gli occhi a colori”. Il fatto che in un’intervista rilasciata a Spettakolo qualche anno fa anche Mirko Onofrio (membro della band) avesse parlato delle partite a Risiko fino al mattino, lascia immaginare che tra quelli che stanno fuori dal mondo ci siano anche i membri della Sas. Nei cori di questo pezzo, lo zampino di Mammarella Sas.
- Quelli che arriveranno
L’hashtag #PiangiConBrunori che circola dall’uscita di Per due che come noi, trova in questo brano la sua apoteosi. Dopo un susseguirsi di ritmi energici e trascinanti, l’album si chiude con un brano struggente scritto a quattro mani con Dimartino. La storia di Achille, un bambino che sa che non diventerà mai adulto e che riesce stranamente a raccontarsi con un accenno di serenità, si incrocia con l’incerta visione del futuro che ciascuno può avere chiedendosi come sarà il mondo di domani.