Sanremo 70. La corsa ad handicap del purosangue Diodato

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Diodato

Questa volta il Festival di Sanremo per Diodato equivale a una corsa al galoppo: deve correre con l’handicap. Già, perché credo che salire su quel palco dopo averci fatto cantare e ballare con un pezzo clamoroso come Che vita meravigliosa (colonna sonora de La dea fortuna, ultimo film di Ferzan Ozpetek) non sia cosa semplice: le aspettative sono altissime.

Ma questo (quasi ex) ragazzo (uno di 38 anni, anche se portati benissimo, cosa è?) nato ad Aosta, cresciuto a Taranto, poi stabilitosi a Roma (dopo un periodo passato in Svezia) mica si preoccupa. Lui è un purosangue, un prodigio della melodia ed ha molte frecce al proprio arco. Infatti per Sanremo ha scritto un brano che forse non avrà l’immediatezza di quello poc’anzi citato, ma che dopo un paio d’ascolti ti s’infila sottopelle rifiutandosi di uscirne.

Si intitola Fai rumore. Antonio (è il suo nome di battesimo) l’ha composto a quattro mani con Edwyn Roberts, che ha un nome da yankee ma in realtà è nato a Cremona da genitori argentini ed ha già scritto per Malika, Giusy Ferreri, Arisa e Laura Pausini. «Eravamo in sala», racconta Diodato, «quando è nato questo giro che mi ha colpito subito allo stomaco. La canzone è un invito a rompere il silenzio, ad abbattere i muri dell’incomunicabilità, a non soffocare nel silenzio delle incomprensioni, del non detto, dove muore ogni umanità. È un atto di ribellione che ha l’amore come finalità, nel senso più ampio possibile».

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Musicalmente, il pezzo parte piano, poi le parole iniziano a fare un soffice “rumore”, come fossero pensieri che cercano espressione. Quindi l’inciso si apre e la voce si fonde con elementi orchestrali mescolati ai synth. Nella seconda strofa decolla la ritmica, e la voce raggiunge il suo apice emotivo, rinforzata da un arrangiamento da “wall of sound” molto evocativo. Dopo il ritornello il brano va verso un progressivo svuotamento e la voce, dialogando col piano, va verso un finale che resta sospeso.

Questa canzone, così come le altre già uscite negli ultimi mesi (Che vita meravigliosa, Non ti amo più, Il commerciante) farà parte di Che vita meravigliosa, il nuovo album di Diodato che sarà pubblicato il 14 febbraio. «Scelta non casuale», chiosa Diodato, «è il giorno di San Valentino, e il fil rouge di questo album è l’idea dell’amore, considerato in tutte le sue sfaccettature».

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Anche se a farla da padrone sono quelle superbe melodie che Diodato riesce a creare, musicalmente è un album piuttosto vario. Per esempio, in Alveari synth elettronici che richiamano gli anni Ottanta fanno da sottofondo a tutto il brano. Ciao, ci vediamo ha un sapore soft-rock. Non ti amo più riecheggia gli anni Sessanta dei Beach Boys. Il commerciante ha un arrangiamento quasi bandistico, mentre E allora faccio così è il brano più rock, sostenuto da chitarre elettriche e con un vocalizzo in loop. Il pezzo di chiusura, Quello che mi manca di te, inizia con lo scricchiolio di una puntina sul vinile. La puntina salta, poi la musica riparte e si viene catapultati in un’altra dimensione, in un racconto fatto di immagini. È come avere davanti agli occhi due amanti che stanno ballando, con i ricordi che restano sospesi nelle note di un’orchestra maestosa che coinvolge l’ascoltatore in un flusso liberatorio.

Come contenuti, la canzone più sorprendente è La lascio a voi questa domenica, che racconta una storia vera vissuta da Diodato. Racchiusa in un up-tempo allegro che trasmette leggerezza, in realtà è la drammatica storia del suicidio di una donna nella stazione di Cattolica avvenuto il 16 settembre 2018. Racconta Diodato: «Ero a bordo di un treno che continuava a fermarsi, poi siamo entrati in stazione, ed ho vissuto una sorta di follia collettiva: la gente era incazzata per i ritardi, i treni cancellati, e ben presto si sviluppò una sorta di isteria collettiva, la notizia che qualcuno si era buttato sotto un treno venne immediatamente messa al margine da un circo disumano incapace di empatia. C’era chi se la prendeva con lo Stato, chi con i politici incapaci, ma anche con i baristi e i gestori telefonici. Insomma, la rappresentanza reale e più squallida del qualunquismo».

Il nuovo album di inediti di Diodato arriva a tre anni di distanza dal precedente, Cosa siamo diventati, e in questo periodo Antonio ha continuato a crescere sia come musicista, sia come uomo. «A Sanremo», dice, «vado per fare bella figura. Non mi fascio la testa con quella che sarà la classifica finale». Nella serata delle cover, il giovedì, canterà 24 mila baci, canzone portata al Festival da Adriano Celentano e Little Tony nel 1961 che si piazzò al secondo posto. Sul palco dell’Ariston al suo fianco ci sarà Nina Zilli.

Dopo Sanremo, ha già fissato due concerti: il 22 aprile all’Alcatraz di Milano e il 29 all’Atlantico di Roma.

Chiudo con la videointervista che ho realizzato qualche giorno fa con Deodato. Parliamo degli argomenti più disparati: ovviamente del brano che porta a Sanremo, del tanti significati racchiusi nella copertina dell’album, di come nascono le sue canzoni, del suo rapporto con il cinema, del suo modo di osservare la realtà, del movimento delle sardine e di altro ancora.

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Massimo Poggini è un giornalista musicale di lungo corso: nella seconda metà degli anni ’70 scriveva su Ciao 2001. Poi, dopo aver collaborato con diversi quotidiani e periodici, ha lavorato per 28 anni a Max, intervistando tutti i più importanti musicisti italiani e numerose star internazionali. Ha scritto i best seller Vasco Rossi, una vita spericolata e Liga. La biografia; oltre a I nostri anni senza fiato (biografia ufficiale dei Pooh), Questa sera rock’n’roll (con Maurizio Solieri), Notti piene di stelle (con Fausto Leali) e Testa di basso (con Saturnino) e "Lorenzo. Il cielo sopra gli stadi", "Massimo Riva vive!", scritto con Claudia Riva, "70 volte Vasco", scritto con Marco Pagliettini, e "Lucio Dalla. Immagini e racconti di una vita profonda come il mare".

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