Memorie di un assassino
di Bong Joon-ho
con Song Kang-ho, Sang-kyung Kim, Roe-ha Kim, Song Jae-ho, Hie-bong Byeon, Seo-hie Ko.
Voto: ormai di culto
Poliziotto di campagna (grossolano, presuntuoso, provinciale, laurea breve) e poliziotto di città (segugio, silenzioso, corretto, laurea lunga) a caccia dell’assassino che uccide le ragazze vestite di rosso tra i campi quando piove e quando sente una certa canzone (“la stessa logica degli inni di calcio»), strangolandole con gli intimi. In apparenza un grottesco, tra il comico e il brutale, ambientato in una Corea rurale e torva, con la polizia locale che si inventa le prove e picchia i sospetti per ignavia e fretta, ma poi, in assenza di indizi corporali, cerca un assassino depilato o un monaco… Un mondo “creaturale e ancora superstizioso. Poi vanno aggiunte le sfumature sull’invidia e il rigetto per quelli che hanno studiato di più e usano metodi “da americani”, e infine sarebbe bene conoscere la storia politica della Corea per situare correttamente le polarità critiche città/campagna, indagine/brutalità, democrazia/dittatura e l’ombra dell’industria in espansione. La storia ambientata nel 1986 a Gyeonggy sarebbe una metafora della condizione politica della Corea del Sud in quel momento storico. Lo spettatore non informato che arriva da Parasite, opera di quindici anni più matura, sofisticata e ironicamente più politica, nonche freschissimo Oscar, potrà comunque godersi l’indagine di quest’opera del 2003, che alla maniera della tragedia classica sembra indagare gli indagatori più che gli indagati. Ma la vera sorpresa è che Bong Joon-ho si sarebbe ispirato a una storia vera e a From Hell il fumetto di Alan Moore su Jack lo Squartatore. Ah, il vero serial killer è stato identificato l’anno scorso…
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